Il vescovo Cancian ricorda il cardinale Martini: “ho avuto la grazia di averlo come docente!”

Il personaggio. Mons. Cancian traccia un ricordo personale del grande Cardinale scomparso

Innumerevoli arrivano i doverosi riconoscimenti da parte della Chiesa e del mondo ad un cardinale il cui carisma e la cui autorevolezza hanno segnato la nostra storia. Scrive Mario Monti: “Una guida intellettuale e spirituale, attraverso la parola, gli scritti, l’esempio. Poche persone hanno influenzato i miei orientamenti come Carlo Maria Martini”. E il giornalista De Bortoli: “Nessuno avrebbe mai immaginato che l’algido rettore gesuita, scelto da Giovanni Paolo II come successore di Sant’Ambrogio, così aristocratico e apparentemente freddo, avrebbe parlato al cuore di tutti, non solo dei fedeli, con tanta concreta semplicità”. Mi è stato chiesto di aggiungere anche la mia testimonianza. La faccio ben volentieri perché ho avuto la grazia di averlo come docente ed anche di aver potuto conversare familiarmente con lui diverse volte.

L’occasione più bella fu a Gerusalemme nell’agosto 2007 quando, per prepararmi all’ordinazione episcopale, chiesi al Card. Martini di potermi guidare, assieme al padre Rossi De Gasperis in un corso di esercizi spirituali. Mi disse di sì e fui accolto nell’Istituto biblico di Gerusalemme dove lui viveva già da qualche anno. Ricordo con molto piacere quegli incontri a tu per tu. Ebbi modo di godere della sua sapienza biblica, pastorale, umana. Si mostrava attento ad ascoltare, a riflettere e poi a dire parole mai banali, profonde e semplici, illuminate sempre dalla Parola di Dio.

Ricordo uno di quegli incontri. Mi disse in termini confidenziali: “Sai, io da quando sono vescovo prego ogni mattina perché il Signore mi dia il buon umore. Perché cosa posso dire o fare di buono se sono triste?” E poi mi parlava delle sue linee pastorali: preghiera e riflessione biblica confrontata con i problemi della Chiesa e del mondo, coraggio profetico, parole misurate, precise, penetranti.

Un altro ricordo. Il 13 giugno 1991 a Collevalenza il Card. Martini presiede la 26ª Giornata di Spiritualità sacerdotale (presenti varie centinaia di vescovi e sacerdoti umbri e di altre regioni). Tema: “Il Vangelo della carità, fonte della spiritualità presbiterale. Lectio su Lc 9,51-62″. Al pomeriggio incontro di preghiera con i giovani dell’Umbria sul tema: “Abbà. Padre. Lectio Mc 14,32-42”. I due interventi, molto apprezzati, furono pubblicati. Ecco alcuni passaggi: “Nella preghiera dell’orto degli ulivi Gesù ci insegna a far silenzio, a buttarci in ginocchio per pregare, guardando in faccia la realtà angosciante della morte, mettendoci nello spirito filiale dinanzi all’Abbà. Con Gesù ci affidiamo all’Amore di quel Padre che ci vuole figli capaci di bere il nostro calice e di portare la nostra croce. In questo modo trova soluzione l’angoscia”.

Ritornò un’altra volta a Collevalenza, il 17 giugno 1999, per commentare la parabola del Padre misericordioso. Fu apprezzata moltissimo l’originalità della riflessione.

Tutti conosciamo i suoi libri, i suoi interventi, i suoi gesti, il suo stile asciutto e profondo, biblico e umano, illuminante. Davvero il card. Martini ha offerto una testimonianza umana e cristiana che ha illuminato la Chiesa postconciliare, prendendo sul serio la Costituzione Dei Verbum . La quale, cinquant’anni fa, affermava a chiare lettere che la Parola di Dio deve essere l’anima della teologia e della vita cristiana.

Nei 22 anni di episcopato a Milano con la sua proverbiale ricerca dell’icona biblica, col suo modo di fare lectio divina rendendola comprensibile, appetibile, esistenziale (con i quattro passaggi: lectio, meditatio, oratio, actio), è stato il vero maestro della Parola. Con grande sensibilità umana e culturale ha saputo spiegare, spezzare, applicare la Parola di Dio, rendendola illuminante, superando moralismo, dogmatismo, biblicismo. In modo incisivo ha scritto: “Questa Parola non è semplicemente qualcosa di estrinseco, di aggiunto all’uomo, qualcosa di cui l’uomo possa fare anche a meno. Terreno e seme sono stati creati l’uno per l’altro. Non ha senso pensare al seme senza una sua relazione con il terreno. E quest’ultimo senza il seme è deserto inabitabile. Fuori della metafora: l’uomo così come noi lo conosciamo, se taglia ogni sua relazione con la Parola, diviene steppa arida, torre di Babele”.

Con lui è nata una nuova generazione di credenti amanti della Parola. Lui è stato il Maestro che ha promosso la “Scuola della Parola”, molto apprezzata dai giovani. È lui che ha scritto delle Lettere pastorali che hanno fatto storia, a partire dalla prima: “In principio la Parola”.

Rileggo spesso le sue riflessioni. Proprio in vista del prossimo anno della fede ho ripreso in mano un suo libro il cui titolo ho voluto riprendere per la nostra Assemblea ecclesiale: “Il caso serio della fede”. Nell’ultima pagina scrive: “Rispetto all’incredulità crescente attorno a noi – ammettiamo con dolore -, la risposta non può essere: miglioriamo la catechesi, organizziamoci meglio, preghiamo di più. Bisogna puntare sul caso serio, aiutare la gente a riconoscere e accogliere un Dio che si esprime nella fragilità e nell’umiltà della carne, nel suo avvicinarsi cortese e delicato alle persone, nella potenza di fronte alle tenebre e nella compassione di fronte alla debolezza umana, un Dio che risplende nell’estrema inermità del Crocifisso”.

Grazie, padre e fratello, Carlo Maria. Contempla e godi, faccia a faccia, il Verbo di Dio che hai scrutato attentamente lungo tutti i tuoi 85 anni nelle Sacre Scritture, proponendoLo con passione e con inimitabile fascino!

AUTORE: † Domenico Cancian fam Vescovo di Città di Castello

1 COMMENT

  1. Caro Direttore,
    la scomparsa del Cardinale Carlo Maria Martini ha suscitato grande emozione, commenti e dichiarazioni tutti concordi nel rimarcare la statura ed il carisma di una figura profetica della chiesa del nostro tempo. E’ morto rinunciando espressamente ad un’alimentazione artificiale che in questo caso si sarebbe configurata come un accanimento terapeutico. E’ rimasto così fedele all’insegnamento dell’etica cattolica, in coerenza con i principi da lui più volte sostenuti. Il suo medico ha sottolineato come egli abbia sempre accettato e seguito con scrupolo le terapie prescritte grazie alle quali ha potuto, sia pure fra sofferenze, mantenere una completa lucidità mentale e continuare, fino alla metà di Agosto, a scrivere libri, dialogare con gli altri e trasmettere in vario modo i suoi preziosi insegnamenti di Pastore del popolo di Dio. Negli ultimi 15 giorni il morbo di Parkinson, di cui soffriva da tempo, ha subito un brusco peggioramento, così da non consentirgli più di parlare, deglutire cibi solidi e liquidi e svolgere altre funzioni: come ha riferito ancora il suo medico, ogni ulteriore intervento a questo punto avrebbe protratto uno stato di sofferenza senza speranze di concreto miglioramento. E’ chiaro che questa situazione è ben diversa da altre in cui l’alimentazione enterale artificiale può rendersi utile per continuare un’esistenza che non è ancora giunta allo stadio finale. La rinuncia del Cardinale Martini ad accettare ulteriori trattamenti e in particolare un’ alimentazione artificiale deve quindi intendersi in questo senso, rifiuto di un accanimento terapeutico. Peccato che alcuni hanno voluto impropriamente prendere lo spunto da questo evento per far riaffiorare polemiche del passato nei confronti dell’insegnamento della chiesa cattolica ed evocare confronti improponibili con casi ben noti. Il Cardinale Martini ha affrontato tante volte con delicatezza, rispetto e comprensione i problemi di fine vita, e sempre in ossequio al Magistero della Chiesa. Le sue scelte di fine vita devono ritenersi esemplari ed una lezione per tutti.
    Cordiali saluti.
    Fausto Santeusanio

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