Il volto dis-umano della tecnica

In corso a Perugia le Giornate della bioetica. Intervista al loro ideatore

Bioetica: gli scienziati si interroganoUn incontro umano tra studiosi, la cui vera destinazione è tutta la popolazione umbra’. Così il prof. Francesco Di Pilla definisce le Giornate della bioetica. Il calendario prevede 6 incontri ai quali parteciperanno studiosi dell’Università di Perugia e di altri atenei, confrontandosi sui maggiori temi della bioetica, quali le cellule staminali, i matrimoni e le convivenze, l’emergenza anziani e molti altri. La seconda parte delle conferenze sarà invece dedicata al dibattito con il pubblico. Sull’attuale riduzione dell’essere umano a ‘oggetto’, a causa della scienza, si sono soffermati vari studiosi presenti all’incontro. Tra questi, il biotecnologo Fabio Veronesi: ‘La scienza deve comunque andare avanti – ha dichiarato – è la sua applicazione che deve essere diversa.’ Così anche il neonatologo Gian Carlo Di Renzo, che ha parlato di ‘delirio riproduttivo’ causato dalle nuove tecnologie, le quali tendono a cancellare l’etica ed a condurre addirittura alla ‘riproduzione senza sesso’. Sui nuovi metodi di ricerca si è espresso anche Fabrizio Fatichenti, docente di Microbiologia applicata presso la facoltà di Agraria dell’Università perugina: ‘La scienza oggi non è trasparente; si pone prima l’obiettivo da raggiungere usando tutte le tecniche, la tecnologia anticipa la scienza’. Ciò che, invece, lo studioso auspica è ‘rientrare in una dimensione umana che conosce i suoi limiti’; acquisendo quindi una ‘umiltà nuova’ – ha concluso Di Pilla – che porterà un ‘arricchimento su tutti i fronti’. Il 3 aprile alle Giornate si è trattato il tema ‘Bioetica e medicina’ (tra gli interventi: B. Dallapiccola, F. Santeusanio, M. Timio, A. Morresi). Il 4 aprile tocca a ‘Etica e biologia’ (tra cui C. Cirotto, F. Grignani). Il 10 aprile si parlerà di ‘Bioetica e filosofia’ (con A. Pieretti, G. Piana, F. Valori, S. C. Sagnotti, L. Conti, G. Pizza, M. Moschini). L’11 aprile, ‘Bioetica e diritto’ (A. Palazzo, F. Cerrone, G. Barberini, A. Bellelli, V. Rizzo, E. Florindi). Le Giornate si chiuderanno con ‘Bioetica e ambiente’ il 17 aprile ed ‘Emergenze, prospettive, speranze’ il 18 aprile. Il Comitato di bioetica perugino è nato nel 1997 ed assolve diversi compiti: il vaglio dei protocolli dei ricercatori perugini, la promozione di informazione e formazione sui temi di bioetica tramite seminari interfacoltà e colloqui con la popolazione. Margherita IdolatriFrancesco Di Pilla è presidente del Comitato universitario di bioetica. Gli abbiamo rivolto alcune domande in occasione delle ‘Giornate della bioetica’ che si tengono a Perugia dal 3 al 18 aprile. Come è nata l’idea delle Giornate della bioetica? ‘Se si guarda allo sviluppo della bioetica negli ultimi trent’anni, si nota che è in atto una progressiva divaricazione tra scienza e valori. Ciò vuol dire che all’enorme sviluppo del versante scientifico non corrisponde un pari approfondimento dei valori umani. La mia idea è che alla base della bioetica deve esserci una concezione tendenzialmente unitaria dei due grandi ambiti, il sapere scientifico e il sapere umanistico, tradizionalmente opposti l’uno all’altro. Il momento è grave, perché c’è stata una graduale riduzione di tutto il vivente a uno statuto di oggetto sperimentabile e consumabile, al punto che ormai perfino l’uomo stesso è una sorta di oggetto bioetico’. A essere in gioco è l”uomo’… ‘Non è un caso che, dopo aver parlato a lungo di moderno e poi post-moderno, si cominci adesso a parlare di post-umano. L’era del post-umano è l’era in cui la finalità della nostra storia non è più l’uomo ma la tecnica; siamo passati da una téchne che si occupava della mera variazione della natura, a una tecnica che invece cerca di creare novità e pezzi della natura che prima non esistevano; insomma la téchne crea la physis, la natura. C’è una sorta di passaggio dall’homo faber all’homo creator, un uomo che, senza limite, crea artificialmente esseri viventi. Un delirio di onnipotenza derivato da quello scientismo che già nell’Ottocento intendeva rimettere in discussione il rapporto tra uomo e mondo sulla base della scienza; con l’aggravante che oggi la tecnica può fare di tutto, e il fatto stesso di poterlo fare ci autorizza a farlo, in nome di una libertà che finisce per schiavizzare l’uomo stesso’. Come si può invertire questa tendenza? ‘Noi siamo il frutto di un crollo dei fondamenti ontologici dell’Occidente, delle fedi religiose, ma anche – questo non si coglie ancora bene – della ragione. La ragione non è più quella onnipotente ragione illuministica che era infondato considerare sana, ma è una ragione in frantumi, è un frammento della speranza illuministica. C’è un pericolo strisciante, che si segnala in varie forme, di un ritorno agli irrazionalismi, a nuovi dogmatismi peggiori di quelli che si intendeva combattere. Dunque è inutile lamentarsi dell’invadenza della tecnica: dobbiamo decidere quale idea di uomo vogliamo salvare e in che modo’. Si tratta quindi di riabilitare la ragione? ‘Credo che dovremmo provvedere ad una robusta rigenerazione della ragione. Di fronte all’eugenetica, che ci prospetta scenari non lontani dalle follie naziste, restiamo quasi inerti, in una condizione di indifferenza e di insensibilità. Noi dovremmo rivalutare la ragione come la facoltà principe dell’uomo: una facoltà che dovremmo considerare nella sua ricchezza immensa, anche nei confronti dell’anelito di eterno e di infinito e di trascendente che è connaturato all’uomo. Secondo Einstein, lo scienziato che non ha la percezione del mistero non è un vero scienziato. In una parola, l’orizzonte di un oltre fa parte integrante della ragione umana. Seguendo la via indicata da Benedetto XVI, dal discorso di Ratisbona in poi, occorre superare l’idiozia secondo cui la scienza sarebbe contro la fede e viceversa: una sciocchezza sostenuta da chi non comprende la possibilità e la necessità di rigenerare la ragione umana, che possiede un senso irriducibile e indomabile e insopprimibile verso un oltre, verso un orizzonte eterno del nostro destino’.

AUTORE: Giulio Lizzi