Immigrati: una questione morale

Chiesa e società. Domenica 13 gennaio si celebra la 9a Giornata mondiale del migrante. Cifre e novità legislative in Italia

“Tutti sappiamo che l’immigrazione non è un problema semplice: è una questione che evoca forti passioni e dibattiti di sicurezza nazionale, economica, legali, sociali; ma coinvolge anche la dignità fondamentale e la vita della persona, creata a immagine e somiglianza di Dio. E a causa di questo è in primo luogo una questione morale che occupa e preoccupa la Chiesa”. Queste le parole di mons. Paolo Schiavon, presidente della Commissione Cei per le migrazioni e della Fondazione Migrantes, intervenuto nei giorni scorsi a Roma alla presentazione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che si celebra domenica 13 gennaio.

650.000 figli “esclusi”. “La qualità della nostra democrazia italiana ed europea – ha detto mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes – passa necessariamente attraverso la qualità delle risposte alle persone e famiglie in cammino e in fuga, non solo in termini di accoglienza e di percorsi d’integrazione, ma anche in termini di cooperazione internazionale che permetta alle persone di vivere nel proprio Paese”. Mons. Perego ha poi ricordato che in Italia per ottenere la cittadinanza occorrono 10 anni, “il limite massimo previsto dalla Convenzione europea sulla cittadinanza”. “Prevedere il ritorno a 5 anni di residenza per ottenere la cittadinanza – ha spiegato – significa adeguarsi agli standard internazionali e favorire partecipazione e inclusione sociale”. In Italia vige infatti il principio dello ius sanguinis per ottenere la cittadinanza: questo comporta “di fatto l’esclusione e la differenziazione sociale di quasi 650 mila minori nati in Italia da genitori immigrati. Sembra dunque il tempo, come del resto hanno scelto di fare la maggior parte degli Stati europei, di ampliare anche in Italia lo ius soli, cioè l’acquisto della cittadinanza italiana per nascita sul territorio. L’accesso alla cittadinanza di chi nasce in Italia – ha proseguito -, come anche la riduzione dei tempi per il riconoscimento della cittadinanza italiana, portano con sé un’immediata o più veloce accessibilità alla partecipazione al voto, allo svolgimento del servizio civile da parte dei giovani tra i 18 e i 28 anni, che sono due strumenti importanti per la crescita della responsabilità e per una completa inclusione nella vita italiana, favorendo la crescita della democrazia e della coesione sociale”. Ha quindi confermato che la cittadinanza “rimane una proposta importante alle forze politiche in vista delle elezioni. Purtroppo, sono state consegnate 23 proposte di modifica della legge, e non c’è ancora unitarietà sul piano politico. Questo rende difficile vedere a breve un cambiamento della legge. Speriamo che anche le forze politiche considerino gli immigrati come una risorsa, visto che il 72% italiani, come risulta da un recente sondaggio, è favorevole alla cittadinanza e il 74% al voto amministrativo. Ciò significa una crescita di attenzione non solo culturale ma anche sul piano politico e sociale”.

Accordo sull’assistenza sanitaria. L’accordo Stato-Regioni in materia sanitaria sugli stranieri, siglato il 27 dicembre, “fornisce un quadro non più discrezionale”, visto che “il superamento della discrezionalità è elemento determinante per le politiche dell’immigrazione”, ha detto ancora mons. Perego, commentando quanto espresso poco prima dal ministro della Sanità Renato Balduzzi, intervenuto alla conferenza stampa. Balduzzi ha ringraziato la Chiesa italiana “per l’attenzione nei confronti del fenomeno migratorio”. Ha anche espresso soddisfazione per il recente accordo (intitolato Indicazioni per la corretta applicazione della normativa per l’assistenza sanitaria alla popolazione straniera da parte delle Regioni e Province autonome italiane), che mette ordine sulle norme in materia di assistenza sanitaria a cittadini stranieri e comunitari, compresi i minori senza titolo di soggiorno. “L’accordo ha richiesto un lavoro di quattro anni”, ha ricordato Balduzzi, auspicando che “al diritto proclamato possa seguire una sua applicazione serena e tranquilla. Sarebbe indegno, per un Paese civile, non mettere a disposizione il proprio sistema sanitario”. Il ministro ha concluso apprezzando “l’interlocuzione tra pubblici poteri e società civile”, tra cui la Caritas di Roma, che ha portato alla stesura dell’accordo.