Italiani in sofferenza ma vedono positivo

RAPPORTO ISTAT. Allarmanti i livelli di deprivazione materiale e disagio economico di persone e famiglie

poveriNel 2012 il Pil nazionale ha segnato una diminuzione del 2,4%, e il potere d’acquisto delle famiglie è calato del 4,8%. Il 14,3% di queste ultime soffre di grave disagio economico. Due milioni 250 mila giovani tra i 15 e i 29 anni, quasi uno su quattro, non lavorano e non studiano. E’ la fotografia di un’Italia in forte recessione quella scattata dall’Istat (www.istat.it) nel suo Rapporto annuale 2013 – La situazione del Paese, presentato questa mattina a Roma, presso la Camera dei deputati. “Il Rapporto – ha affermato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in un telegramma – può fornire ai decisori politici un importante supporto conoscitivo”. Per Marina Sereni, vicepresidente della Camera, “non c’è vera ripresa senza equità e senza un ripensamento del nostro paradigma di sviluppo”.

Famiglie sempre più povere. Concorda con il capo dello Stato, il direttore generale dell’Istituto, Maria Carone, che ha illustrato il Rapporto: “La conoscenza puntuale e approfondita del presente è la base su cui costruire il Paese che verrà”. Di qui l’annuncio che l’Istat “sta lavorando a modelli di simulazione e strumenti per valutare gli effetti delle politiche pubbliche nel Paese”. “Analizzare le fragilità e le potenzialità del sistema economico è importante”, ma occorre anche “rendere visibili gli invisibili”, ha aggiunto. Per questo “l’Istat ha creato un portale statistico sulla coesione sociale, oltre a quello sulla Pa”. Nel definire “di intensità eccezionale” la caduta del potere d’acquisto delle famiglie, cui hanno contribuito “soprattutto la forte riduzione del reddito da attività imprenditoriale e l’inasprimento del prelievo fiscale”, Carone fa notare che esse hanno ridotto dell’1,6% la spesa corrente per consumi, mentre “è diminuita la propensione al risparmio”. Allarmanti i livelli di deprivazione materiale e disagio economico. Sono infatti il 14,3% del totale (oltre 8 milioni di persone) le famiglie toccate da almeno quattro dei nove “segnali di deprivazione” indicati dall’Istituto; la presenza di tre di questi segnali riguarda invece il 24,8%, pari a circa 15 milioni di persone. In continua crescita il divario fra Mezzogiorno – dove la deprivazione interessa il 40,1% della popolazione – e resto del Paese.

Penalizzati donne e giovani. Male anche il mercato del lavoro: “il tasso di disoccupazione, al 9,6% a gennaio 2012, ha toccato l’11,5% a marzo 2013 – spiega Carone -. Quello giovanile sale al 35,3%”. Particolarmente consistente il calo dell’occupazione nel settore delle costruzioni (-5%). La quota di donne occupate in Italia rimane di gran lunga inferiore a quella dell’Ue (47,1% contro il 58,6%). Il nostro Paese detiene inoltre la quota più alta d’Europa di 15-29enni che non lavorano né frequentano corsi di istruzione o formazione (i cosiddetti Neet, Not in Education, Employment or Training): due milioni 250mila.

Imprese poco competitive. “Oltre il 70% delle imprese italiane – prosegue il direttore Istat – è a conduzione familiare”, mentre “le strategie adottate” negli ultimi anni sono prevalentemente “di tipo difensivo”. Solo il 14% delle microimprese mostra un elevato dinamismo strategico. Per un terzo delle imprese sono “fattori limitativi” la mancanza di risorse finanziarie legata alla difficoltà di accesso al credito (problema che tocca il 40% delle imprese con meno di 50 addetti), gli oneri amministrativi e burocratici, la mancanza/scarsità della domanda e il contesto socio-ambientale. Negli ultimi anni “la domanda estera ha svolto un ruolo fondamentale per sostenere l’attività produttiva”.

Bilancio di vita positivo. Eppure, ha sottolineato Carone, nonostante la recessione i cittadini continuano a tracciare “un bilancio prevalentemente positivo” della propria qualità di vita. In aumento la soddisfazione per le relazioni familiari ed amicali e per la salute. Guardando al futuro, il 24,6% degli italiani pensa che la propria situazione personale migliorerà nei prossimi cinque anni, percentuale di ottimismo che sale al 45% negli under 34. Fiducia nei vigili del fuoco e nelle forze dell’ordine; sfiducia diffusa, invece, verso politica e istituzioni pubbliche. Per quanto riguarda gli immigrati, il 61,4% dei cittadini italiani si dichiara d’accordo con l’affermazione che essi “sono necessari per fare il lavoro che gli italiani non vogliono fare”.