La Chiesa è viva!

Il nuovo Papa si situa saldamente nel solco del Concilio, di Paolo VI e di Giovanni Paolo II, nel cammino irreversibile verso la piena e visibile comunione delle Chiese cristiane

Nell’omelia dell’insediamento (24 aprile), illustrando il simbolo del pescatore, Benedetto XVI ricorda il brano evangelico della rete che pur essendo riempita di 153 grossi pesci, benché fossero tanti, non si strappa (Gv 21,11). Ma il Pontefice, in un moto irrefrenabile del cuore, esclama: “Ahimè, amato Signore, essa ora si è strappata!”. Poi si riprende, quasi avesse detto una cosa inopportuna e rilancia la speranza di un cammino verso l’unità e si aggrappa alla preghiera e chiede: “Aiutaci ad essere servitori dell’unità”.

Il Papa spinge sul registro dell’ottimismo. La Chiesa è giovane, la Chiesa è viva, prendendo motivo dalla fedeltà del Signore alle sue promesse e dalla risposta degli uomini che si sono affollati da ogni angolo della terra testimoniando interesse e coinvolgimento negli eventi della Chiesa, specialmente durante la malattia di Giovanni Paolo II, della sua morte e della elezione del nuovo Papa.

Anche ai rappresentanti delle confessioni cristiane e delle altre religioni offre sprazzi di luce e prospettive per un cammino comune, richiamando la necessità di avere docilità concreta allo Spirito, coraggio, dolcezza, fermezza, speranza, preghiera insistente. Indicazioni che sembrano rivolte a se stesso come propositi prima ancora che agli altri. Il nuovo Papa si situa saldamente nel solco del Concilio, di Paolo VI e di Giovanni Paolo II, nel cammino irreversibile verso la piena e visibile comunione delle Chiese cristiane. Prende atto intanto che si è manifestata una grande comune passione per l’unità, che è “aumentata l’amicizia e attenuata la discordia”, che si è manifestata una più grande attitudine al dialogo.

Questo non comporterà eliminazione dei problemi aperti o offuscamento del patrimonio di fede e non esigerà nulla all’infuori di seguire ciò che lo Spirito dice oggi alle Chiese mettendo insieme i due cardini della vita cristiana che sono la verità e la carità. Il Papa ha detto che la carità senza verità è cieca e la verità senza la carità è come un cembalo squillante. Un piccolo e significativo esempio di questa attenzione, quasi uno scrupolo di precisione terminologica, c’è già nell’indirizzo di saluto, cordiale, pieno di gratitudine e affetto alle Chiese ortodosse e ortodosse orientali e alle Comunità ecclesiali d’Occidente. Chiese, appunto, e Comunità ecclesiali, una distinzione che sembra una sfumatura, ma che sottende un pensiero sottile non rinunciato che, tuttavia, non impedisce a Benedetto XVI di dichiarare che possiamo scambiarci con “fraterna amicizia” i doni ricevuti dallo Spirito e incoraggiarci a vicenda per annunciare al mondo il messaggio evangelico.

D’altra parte già nel primo discorso ai cardinali aveva dichiarato che il successore di Pietro nel suo ministero nella Chiesa di Roma “si assume come impegno primario quello di lavorare senza risparmio di energie alla ricostituzione della piena e visibile unità di tutti i discepoli di Cristo” e per raggiungere questo fine prevede gesti concreti e indica come condizione la “purificazione della memoria”, la conversione interiore e il dialogo teologico.

Un programma a vasto spettro sul quale invoca l’assistenza dello Spirito santo e la preghiera comune. Ai rappresentanti delle differenti tradizioni religiose il Papa non ha mancato di indicare, anche qui sulla scia o nel solco del suo predecessore, il valore della pace come comune obiettivo di una preghiera incessante ricordando il detto di Giovanni Paolo II che il nome di Dio è pace. Da ciò nasce l’imperativo di un impegno per un autentico e sincero dialogo, fondato sul rispetto della dignità di ogni essere umano creato ad immagine di Dio. Una Chiesa dinamica, quindi, quella che Benedetto XVI ha davanti agli occhi ed è pronto a guidarla in questo dinamismo animato dallo Spirito, al fine di proporre con coraggio Cristo luce del mondo.

AUTORE: Elio Bromuri