La fede, la ragione, la gentilezza

Beatificazione del card. John Henry Newman, anglicano diventato cattolico e oratoriano di san Filippo Neri

Domenica 19 settembre, nel corso della celebrazione da lui presieduta nell’arcidiocesi di Birmingham, Benedetto XVI procederà al rito di beatificazione del venerabile card. John Henry Newman (1801-1890). Pastore e teologo anglicano, Newman si convertì al cattolicesimo; nel 1848 venne ordinato sacerdote ed entrò nell’Oratorio di san Filippo Neri, dove visse fino alla morte. Ne abbiamo parlato con padre Edoardo Aldo Cerrato, dal 1994 procuratore generale della Confederazione oratoriana. Quali motivi spinsero il neoconvertito Newman alla scelta oratoriana? “L’istituzione fondata da san Filippo Neri si affacciò al suo orizzonte quando il card. Nicholas Wiseman lo persuase a ricevere l’ordinazione sacerdotale e gli suggerì l’Oratorio come la forma di vita più idonea a lui e ai compagni. Sostenuto dalla convinzione che doveva vivere in una comunità caratterizzata da ‘un acuto senso della cultura e dal gusto innato per l’umanesimo’, giunto a Roma nell’ottobre 1846 per prepararsi all’ordinazione, già nel gennaio 1847 Newman si mise in contatto con l’Oratorio. ‘Abbiamo scoperto – scriveva il 14 febbraio al card. Luigi Fransoni – un cammino intermedio tra la vita religiosa e una vita completamente secolare; il che si adatta perfettamente a ciò di cui sentiamo il bisogno’. Il 21 febbraio giunse l’approvazione di Pio IX al progetto di fondazione oratoriana in Inghilterra. I testi sull’Oratorio mostrano l’importanza che ebbe per Newman la vocazione oratoriana e la profondità con cui la visse. Come dimostrano le scelte quotidiane: quella di chiedere a Leone XIII di poter restare nella sua comunità di Birmingham anche dopo la nomina cardinalizia, e quella di voler essere sepolto nel cimitero dei Padri a Rednal, in una fossa uguale a tutte le altre”. Furono la “gentilezza” e la libertà di spirito di san Filippo Neri ad ispirare tale scelta? “Filippo Neri è colto da Newman nella sua originalità di ‘uomo del tempo antico’, nella cui persona e nella cui proposta rivive la forma primitiva del cristianesimo, la carità vincolo di perfezione. Del fondatore lo affascinò l’elemento della ‘gentilezza’ che mi pare esprimere il mondo interiore del Neri. Una caratteristica che nel santo fu dote temperamentale ma, al tempo stesso, sintesi di alti valori acquisiti in un rapporto forte e dolce con la presenza viva di Cristo: singolare libertà di spirito, amore per una vita autenticamente comunitaria normata da leggi di discrezione, rispetto delle doti di ognuno, sapiente semplicità che fece della gioia di Filippo ‘una gioia pensosa’, come scrisse Goethe nel diario del suo Viaggio in Italia”. Quale spessore spirituale e culturale ebbe il rapporto di Newman con l’Oratorio? “L’Oratorio, affermava il teologo francese Louis Bouyer, nasce dall’incontro, in san Filippo, tra un’anima eccezionalmente interiore e una mente eccezionalmente aperta: è questa la vocazione a cui Newman si sentì chiamato e alla quale rispose con dedizione generosa e fedeltà creativa. La “mortificazione della ragione’ – tanto insistentemente proposta dal Neri – non è rifiuto della coltivazione dell’intelligenza, che può estendersi a tutti gli ambiti del sapere, né degli affetti umani, dal momento che è indispensabile l’amicizia tra i membri della Casa, e neppure dei beni temporali: è rinuncia all’orgoglio”. Il Padre “assente” del Concilio Vaticano II: così lo ha definito Paolo VI, mentre Giovanni Paolo II ha parlato del “genio di Newman”. Che cosa dice ancora oggi la sua figura? ”Provo a sintetizzarlo in un unico concetto: Fides et ratio. L’esperienza di Newman è l’esperienza di fede vagliata alla luce della ragione: il cristiano è chiamato ad essere libero ma non indipendente. Tanto più in un momento storico e culturale come quello che stiamo vivendo, nel quale – come osservava il card. Bagnasco alla presentazione degli Scritti oratoriani di Newman, – ‘si assiste ad un capovolgimento di categorie’ per cui ‘l’indipendenza personale sembra più importante della verità, al punto che, per la cultura, avere un legame con la verità, con il bene, con il criterio morale, sembra essere un fatto negativo’”.