Presso la sala romanica del Sacro Convento in Assisi, il 7 febbraio si è svolto il 2° convegno organizzato dalla commissione dell’Ufficio per la pastorale diocesana della salute. Dopo le parole introduttive del moderatore Francesco Frascarelli, i saluti della responsabile della commissione diocesana per la salute, suor Crocifissa Fasulo, il convegno si è aperto con le riflessioni di mons. Sorrentino, vescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino. Egli si è soffermato sul valore del dialogo e della narrazione, ricordando che esiste una teologia narrativa, che racconta come Dio ha scelto di scendere nella nostra storia, ma anche una narrazione teologica, che inizia da una riflessione con se stessi e si eleva a mete sempre più alte verso orizzonti spirituali. Colui che cura non deve solo ricercare il bene fisico del malato, ma anche quello psicologico, sociale e spirituale, in un clima di umana solidarietà e di ascolto attivo. “Se ascoltiamo con indifferenza – così si è espresso don Carmine Arice, direttore dell’ufficio Cei per la Pastorale della salute – aggraviamo le ferite di chi soffre; il benessere deriva dall’esperienza di essere stati ascoltati e compresi e dalla certezza di essere accompagnati”. Il prof. Vincenzo Saraceni, ordinario di Medicina fisica e riabilitativa presso l’Università La Sapienza di Roma ed attuale presidente della Simfer, ha illustrato la peculiarità della Medicina narrativa: il recupero dell’identità della persona nel momento di maggiore fragilità, quello dello stato di malattia. L’uomo non è solo biologia, ma è anche storia e con la sua narrazione può trovare la forza di elaborare in senso esistenziale i significati della sua patologia. Il modello della Medicina narrativa si orienta verso le dimensioni positive della salute, proponendo un percorso di cura che rende capace l’operatore ed il paziente di attivare nuove risorse ed aspetti valoriali in un dialogo di empatica fiducia. Il convegno si è concluso con l’emozionante video-testimonianza di Giulia Gabrieli, una ragazza di 14 anni che prima di morire ha voluto “narrare” la sua storia. Un esempio di coraggio nell’aver saputo trasformare i suoi due anni di malattia in un “inno alla vita”, una testimonianza di fede autentica nel protendersi con gioia verso l’abbraccio eterno.
La tematica
Il titolo – “Fare del bene a chi soffre, fare del bene con la sofferenza: ascolto e narrazione nella relazione di cura” – ed i contenuti del convegno sono stati scelti in linea con le parole della parabola del Buon Samaritano, “Va’ e anche tu fa’ lo stesso”, individuate da Benedetto XVI per celebrare la Giornata mondiale del malato 2013. Si è voluto dare enfasi all’importanza del valore antropologico ed etico del dialogo tra operatore sanitario e paziente nella relazione di cura, e si è proposta la “medicina narrativa” quale modello di affermazione della ricchezza dell’approccio umanistico tra chi si prende cura e chi viene curato.