La pedagogia di Lampedusa

Foligno. Una delegazione, nell’ambito del progetto Cittadini del mondo, si è recata nell’isola dal 22 al 27 settembre per riflettere sul fenomeno migratorio
La delegazione folignate a Lampedusa davanti alla Porta d’Europa
La delegazione folignate a Lampedusa davanti alla Porta d’Europa

Dal 22 al 27 settembre una delegazione di studenti in rappresentanza delle scuole superiori di secondo grado di Foligno, nell’ambito del progetto Cittadini del mondo promosso dalla diocesi di Foligno e in accordo con la Fondazione Migrantes della Cei, si è recata a Lampedusa per riflettere sul fenomeno migratorio.

Vi hanno preso parte don Luigi Filippucci, responsabile del Progetto; Carlo Felice, docente accompagnatore Itt Foligno; Anacleto Antonini e Ivana Roscini Vitali, Progetto Cittadini del mondo; Anna La Micela, studentessa Liceo scientifico; Ichraf Moamed, Studentessa Ipsia; Stefano Peppoloni, studente Itt; Angelica Marino, studentessa Ite.

Questa la testimonianza di uno dei partecipanti.

Trovo molta difficoltà a parlare dell’esperienza fatta a Lampedusa, perché l’incontro con le persone e la loro storia ha creato ogni volta un evento che va molto al di là di ciò che è possibile esprimere con le parole.

Come descrivere la naturalezza di Costantino, un muratore, che con la sua piccola barca la notte del 3 ottobre 2013, ha salvato dodici persone, il mattino dopo è andato a cercarle all’ospedale, le ha invitate a casa sua aiutandole, dando loro cibo e vestiti per tutto il tempo della loro permanenza nell’isola? E come descrivere l’espressione della moglie Rosa che mostrandoci le foto dei ragazzi ci diceva che sono tutti figli suoi e che uno, che ora vive in Norvegia, verrà a celebrare il matrimonio a Lampedusa e vuole che sia lei ad accompagnarlo all’altare? Come descrivere l’amore che traspariva da Lillo, sposato con due figlie grandi che insieme con la sua famiglia si occupano dei minori non accompagnati ospitandoli in casa e che a un certo punto hanno sentito che dovevano fare di più, e hanno preso in affido un ragazzo che ora è diventato maggiorenne e, non avendo i documenti, dovrebbe essere espulso dall’Italia? “È mio figlio, non possono farlo!”, ripeteva Lillo.

Come descrivere la fede e il totale dono di sé di suor Maria e suor Paola che lavorano dentro il centro di accoglienza per cercare di aiutare i minori non accompagnati e lenire le ferite delle ragazzine stuprate dai trafficanti, chiamate spesso a portare in sé una vita frutto di tali violenze? Come descrivere l’incontro con Paola, donna biblica, donna della compassione, che cerca di dare un nome ai corpi dei migranti arrivati morti a Lampedusa e sepolti nel locale cimitero? Una lapide anonima è l’ultimo destino di chi non è stato riconosciuto come persona in vita. Paola cerca di ricostruire la storia di queste salme, ultimo gesto di pietà possibile. Tutte queste esperienze di persone che si trovano in prima linea di fronte ad una emergenza reale hanno un filo comune che io chiamo la pedagogia di Lampedusa: nessuno parla mai usando grandi categorie – i migranti, i tunisini, gli stranieri, …- ma tutti parlano sempre di esseri umani, di persone reali con una storia. A Lampedusa i migranti hanno sempre un “volto”.

AUTORE: Carlo Felice