La Peregrinatio di Maria a Carsulae alle radici della Chiesa spoletina

L'accoglienza delle parrocchie di Cesi e Portaria nel parco archeologico

Come già in programma, giovedì 2 agosto, alle ore 21.00, ha avuto inizio la peregrinazione della Ss.ma Icone, toccando in modo particolare le sedi delle antiche nostre chiese, a partire dall’era degli apostoli, particolarmente Pietro e Paolo che, da Roma, toccarono anche l’Umbria, se non direttamente di persona, certamente attraverso loro inviati. Indubbiamente, il cammino verso l’Umbria aveva una sua arteria principale, ed era quella via Flaminia che, costruita nel 220/219 a.C. congiungeva Roma con l’Adriatico, asse centrale di un rapporto che ci poneva sulla via dell’Oriente e faceva di noi quasi un sobborgo di Roma. L’antica Flaminia sarebbe stata poi sostituita da quella che avrebbe toccato Spoleto e Foligno. Per il momento tuttavia, il tracciato era ancora quello del console Flaminio, da Narni verso le Marche. E in questo tratto dominava appunto Carsulae, a breve distanza da Terni e Sangemini. Potremmo aprire una breve parentesi, a segnalare un particolare oltremodo significativo. Nella Carsulae romana, si ergeva, non lontano dalla zona del Teatro e Anfiteatro, un tempio eretto ai Dioscuri, Castore e Polluce, l’uno invitto domatore di cavalli, l’altro protettore del pugilato, giovani e bellissimi, simboli di ogni vigoria e prestanza fisica, invocati contro i pericoli della guerra, dei viaggi e delle malattie, praticamente dei della vita. Ebbene, ecco sorgere accanto, nei secoli del cristianesimo, la chiesetta dei santi Cosma e Damiano, i due “medici anargiri” (cioè che curavano gratuitamente) secondo naturalmente la leggenda orientale. Non si sa molto di loro, probabilmente subirono il martirio sotto Diocleziano, all’inizio del sec. IV. Il nome di Sangemini (da alcuni interpretato come “San Gemino”) deriverebbe piuttosto da “gemini=gemelli” e si riferirebbe appunto ai due santi di Carsulae, che avrebbero appunto sostituito i Dioscuri. Santi, si noti, molto vicini ai principi degli apostoli Pietro e Paolo: infatti il papa Felice IV (sec. VI), fece raffigurare nella loro basilica, presso S. Maria Maggiore, gli apostoli Pietro e Paolo che presentavano a Cristo i due “medici martiri”. Qualsiasi valore si dia all’avvenimento, sta di fatto che Carsulae fin dalla prima età della Chiesa, fu il teatro del passaggio al cristianesimo delle popolazioni pagane. Città su via di grande comunicazione, non poteva non illuminarsi della nuova religione. Non abbiamo assoluta sicurezza della presenza di un vescovo a Carsulae (parlare di diocesi sarebbe anacronismo) ma non sarebbe da stupirsene. Indubbiamente Carsulae fu centro di irradiazione del cristianesimo in quelle che sarebbero state le terre Arnolfe, diocesi di Spoleto. Anche se poi, tanto per la creazione della nuova Flaminia che per un pauroso movimento tellurico, se ne andò perdendo perfino la memoria – gli scavi iniziarono soltanto nel sec. XVI e nonostante fossero stati ripresi nel 1951 e 1972 non hanno certo esaurito il progetto d’insieme e c’è ancora da scavare moltissimo – è indubbio che per la nostra diocesi Carsulae rappresenta davvero una delle più importanti radici. Da qui ebbe inizio con ogni probabilità il cristianesimo delle nostre zone, di qui, giustamente, ha avuto inizio la peregrinazione della SS.ma Icone. La cittadina erede di Carsulae, fu particolarmente Cesi, in un primo tempo comune a sè ma poi, con il fascismo, aggregata a Terni. Il nuovo centro andò crescendo proprio con le popolazioni costrette dal terremoto ad abbandonare l’antica dimora. E, con Cesi, Portaria, la parrocchia della zona scavi. Sono le due parrocchie che in modo tutto particolare si sono raccolte giovedì sera per accogliere, nel Parco archeologico di Carsulae, la Ss.ma Icone, recata dall’arcivescovo mons. Fontana e, in rappresentanza del Capitolo metropolitano, dal priore mons. Salvatore Leonardi e dal can. mons. Giuseppe Falcinelli; presenti le autorità civili di ogni grado. Accoglienza di gran classe, popolazione entusiasta, omelia vibrante dell’Arcivescovo. Il giorno successivo, vari momenti liturgici, dall’Ufficio della Madonna (lodi e vespri) alle celebrazioni eucaristiche in S. Damiano. A sera, dopo il Rosario, partenza per S. Pietro in Valle (Ferentillo). Siamo veramente alle “radici” della Chiesa di Spoleto. Lo stesso dicasi per S. Pietro in Valle, l’Abbazia costruita dal duca longobardo di Spoleto, Faroaldo II, che qui anzi si ritirò in contemplazione e preghiera, nell’ultimo periodo della vita, attratto dall’ideale del monachesimo. In nostro arcivescovo mons. Fontana, ha parlato di “sette diversità” in un’unica ricchezza: quella che andiamo inseguendo, nel Sinodo, con la Benedizione di Maria.

AUTORE: Agostino Rossi