La “perfezione impossibile” di Gesù: amate i vostri nemici. Intervista a don Tonio Dell’Olio

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Il tavolo dei relatori e di spalle il pubblico
L'oincontrpo di don Tonio Dell'Olio al mese del Creato a Perugia

Siamo oramai tutti abituati a sentire la parola “misericordia” e a riconoscerla come un tratto caratteristico di Dio. Un Dio che ha “tanto amato il mondo da dare il suo unico figlio”. Un Dio, Gesù, che non usa la sua potenza per difendersi da coloro che lo condannano a morte e lo torturano. E la tradizione cristiana è ricca di grandi santi, mistici e teologi che hanno contemplato il “servo sofferente” lasciandoci esempi di vita e pagine di spiritualità cui hanno attinto generazioni di credenti.

Ma della non violenza di Gesù poco si parla, e meno ancora della sua rilevanza nella vita sociale. Su questo aspetto ha centrato il suo intervento don Tonio Dell’Olio, coordinatore Cantiere della pace Regione Umbria, intervenendo all’incontro promosso nel programma del “Mese del creato” venerdì 26 settembre a Perugia.

Don Tonio, nei Vangeli Gesù è colui che viene a portare la pace. Va intesa solo in senso intimo spirituale o ha un valore comunitario e sociale?

“Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (Mt 5,48). È con queste parole che si chiude il Discorso della Montagna di Gesù ripreso dal vangelo di Matteo ed è tutt’altro che casuale. La “perfezione impossibile” che viene prospettata da Gesù è tutta modellata sulla nonviolenza del Padre che viene proposta come meta ai suoi figli. Le similitudini della pioggia che cade sui giusti e sugli ingiusti così come il sole che sorge sui cattivi e sui buoni, nonché l’amore da riservare per tutti, persino sui nemici, dice di un atteggiamento dell’animo che ha un riflesso inevitabile nei comportamenti, è una testimonianza per tutti, una proposta destinata a generare effetti sociali nella comunità cui si appartiene e nel mondo intero. Don Tonino Bello ammoniva dal preservarci da “un’etica del doppio binario” in cui ciò che vale per la sfera personale non è applicabile a regolare la dimensione sociale. Pertanto lo stile di vita proposto in maniera assai radicale da Gesù è molto più che un “fioretto spirituale” e diventa piuttosto un sano contagio relazionale”.

Una radicalità che non tutti ritengono applicabile alla sfera sociale e politica …

“Papa Francesco ha avuto parole chiare su questo, il 23 febbraio 2020. «Allora, se vogliamo essere discepoli di Cristo, se vogliamo dirci cristiani, questa è la via, – disse – non ce n’è un’altra. Amati da Dio, siamo chiamati ad amare; perdonati, a perdonare; toccati dall’amore, a dare amore senza aspettare che comincino gli altri; salvati gratuitamente, a non ricercare alcun utile nel bene che facciamo. E tu puoi dire: “Ma Gesù esagera! Dice persino: ‘Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano’ (Mt 5,44); parla così per destare l’attenzione, ma forse non intende veramente quello”. Invece sì, intende veramente quello. Gesù qui non parla per paradossi, non usa giri di parole. È diretto e chiaro. Cita la legge antica e solennemente dice: “Ma io vi dico: amate i vostri nemici”. Sono parole volute, parole precise».

Si può essere cristiani e approvare l’uso delle armi?

“La nonviolenza è un insegnamento coerente che Gesù annuncia insistentemente con parole e gesti fino all’atto supremo della croce e la pace diventa il primo annuncio della Pasqua di Resurrezione come Papa Leone XIV ci ha ricordato sin dal suo primo saluto. Per questo dobbiamo considerare Gesù di Nazareth come il capostipite e il fondatore di una nonviolenza che non è relegata semplicemente ai metodi e agli strumenti che pure nel corso della storia sono andati affinandosi e sviluppandosi, ma come colui che ha incarnato la nonviolenza stessa e ha fatto della sua vita un insegnamento. Gandhi, Martin Luther King, Aldo Capitini, Lanza del Vasto… costituiscono sicuramente delle pietre miliari nel cammino della pace nonviolenta. Gesù Cristo è molto di più e noi non siamo riusciti sempre a porre in evidenza questo insegnamento introducendolo nella pastorale ordinaria, nella catechesi, nella predicazione… La tradizione cristiana e la stessa dottrina sociale della Chiesa insegna una legittimità della difesa senza però specificare la necessità ineluttabile del ricorso alle armi. In questo senso l’annuncio cristiano assunto con serietà e coerenza deve portarci a elaborare alternative credibili rispetto all’uso delle armi. Lo stesso Papa Leone XIV, parlando ai vescovi italiani lo scorso 16 giugno ha detto: ‘Auspico, allora, che ogni diocesi possa promuovere percorsi di educazione alla nonviolenza, iniziative di mediazione nei conflitti locali, progetti di accoglienza che trasformino la paura dell’altro in opportunità di incontro’”.

Come si può difendere il debole dall’aggressione violenta se si rinuncia alla forza?

“In questo solco non vi può essere risposta violenta nemmeno contro il male ricevuto o per evitare una male incombente o maggiore. L’altro, da cui sono pur chiamato a difendermi, nella spiritualità e nella visione cristiana non è un nemico ma un fratello al quale devo annunciare la stessa fraternità e del quale devo denunciare il male della violenza. Tuttavia vi è una vasta gamma di strumenti finalizzati soprattutto a prevenire la violenza e ad arginarla. Infine vi è una gradualità nell’uso della forza e la difesa non consiste nell’uso della violenza nei confronti di chi esercita un’aggressione. Lo vediamo nella stessa operatività delle forze dell’ordine che nei paesi democratici sono in grado di mettere in atto interventi finalizzati ad arginare la violenza dell’attacco, a differenza dei sistemi d’arma che si vanno sempre più sviluppando e potenziando per le forze armate che sono pressoché tutti indistintamente destinati a colpire la popolazione civile inerme, come purtroppo constatiamo anche nei conflitti armati in corso”.

Maria Rita Valli

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