La presenza finanziaria dei musulmani nelle aziende italiane

A colloquio con il presidente del Centro islamico italiano Mujahed Badaoul

I catastrofici attentati alle “Twin towers” di New York e al Pentagono hanno sicuramente ottenuto un risultato indiretto anche da noi: il sospetto, se non la criminalizzazione, in molte coscienze, di tutti i musulmani e dell’islàm come dottrina, accompagnato da cupi sentimenti di paura. Ha cercato d’individuarne alcuni esiti sul versante economico, su quello della presenza islamica nel nostro Paese e dei rapporti interpersonali, la conferenza-dibattito “11 Settembre un anno dopo: conseguenze, ripercussioni e nuovi scenari”, organizzata dalla Sezione Umbria dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro, tenutasi nel complesso monumentale di Santa Giuliana, grazie alla ospitalità della Scuola di Lingue dell’Esercito, sabato 14 settembre. Moderatore dell’incontro è stato, con i suoi puntuali interventi, Giuseppe Calzoni, direttore del Dipartimento di Economia dell’Università di Perugia. Un folto ed attento pubblico ha seguito i diversi relatori; fra le autorità presenti, l’arcivescovo di Perugia mons. Giuseppe Chiaretti. Stefano Masullo ha trattato di “Etica e finanza nel mondo islamico”, ponendo in evidenza i caratteri specifici del sistema economico islamico tradizionale (che segue i precetti della sharia – la “legge” divina- che vietano il profitto sull’interesse), in grado comunque di muovere 1800 miliardi di dollari d’investimenti (importanti capitali musulmani sono dentro la Fiat ed il Banco di Roma, in Italia, nella Pepsi, McDonalds ed Amazon, negli USA). Ha sottolineato la grande importanza del Bahreim, la nuova “Svizzera” della finanza islamica, ma non solo, con la più alta concentrazione al mondo di istituti finanziari islamici. Guido Panico, Preside della Sezione Umbria dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro, con perizia, ha tracciato lo scenario delle conseguenze, sul piano economico, dell’11 settembre, mostrando l’enormità della crisi scaturita ed evidenziando la capacità di sfruttare l’economia globalizzata del nuovo terrorismo al fine d’instaurare un Islam medievale; il rischio della chiusura del sistema americano che decreterebbe la fine della globalizzazione con pesantissime ripercussioni sulle altre economie. A Mujahed Badaoul, (di origine siriana, laureato in Scienze geologiche e residente in Italia dal 1961), presidente dell’associazione Centro islamico italiano, che ha trattato della “Presenza islamica in Italia”, abbiamo posto alcune domande. Cosa si propone l’Associazione che presiede? “Il ‘Centro islamico italiano’, con sede a Milano, ha il compito di aiutare i cittadini islamici in Italia. Contiamo su 1.785.000 iscritti, seguiti, consigliati ed assistiti da 400 sedi del Centro presenti sul territorio italiano Il nostro impegno primario sta nell’assistere ed aiutare i musulmani ad integrarsi nel rispetto della legge e delle usanze del paese che ci ospita”. C’è una variegata composizione nelle varie sigle che rappresentano l’Islam in Italia. “E’ il risultato della diversità , d’origine, di etnia, di costumi, della presenza islamica in Italia”. Cosa vi aspettate dallo Stato italiano? “Il riconoscimento. Un riconoscimento come entità religiosa presente nel territorio nel rispetto delle leggi italiane e che le rispetta; a differenza di altre associazioni noi non pretendiamo nulla oltre questo”. Praticamente? “Prendiamo, ad esempio, la situazione dei bambini musulmani. Fino a tre anni fa avevamo circa 50 mila bambini presenti nelle scuole elementari italiane. Oggi sono oltre 140 mila, non possiamo lasciarli senza un’educazione islamica. Oltre a tutto quello che è loro insegnato nella scuola italiana, vogliamo che, invece dell’ora di religione, abbiano un insegnante di religione islamica. Ci sono quartieri, in alcune città, dove la maggior parte della popolazione è islamica; questo giustifica la presenza di un insegnante riconosciuto dallo stato”. Anche voi volete l’8 per mille? “E’ marginale, prima di tutto c’interessa la sostanza. Sono state riconosciute altre entità, che sono, numericamente, meno rilevanti di noi. Perché noi musulmani no? Siamo la seconda religione in Italia; ci sono oltre 250 mila italiani di religione musulmana, perché si debbono vedere discriminati?”. A chi dare questo riconoscimento “Non è semplice, lo capisco, anche nel mondo islamico ci sono tante “parrocchie”. Una soluzione si può trovare, ad esempio, come è stato fatto in altri paesi, si può arrivare ad un Consiglio, i cui membri sono eletti con un sistema democratico di elezione. Almeno, questa è una mia idea”. E con le altre religioni? “Il dialogo è fondamentale per avvicinarci, conoscerci, per superare quei muri di diffidenza che si sono creati nel corso della storia dei rapporti fra Islam e Occidente. Sono dei residui, ma ancora agenti grazie all’ignoranza, alla mancata conoscenza dell’altro. Se ci parliamo, ci conosciamo, ci avviciniamo e realizziamo lo scopo comune che è di vivere in pace. Con la Chiesa abbiamo collaborato in diverse occasioni”. Ritornando alle Twin Towers, abbiamo visto chi esultava del disastro, no? “Si tratta di un orribile fatto condannato da tutti i veri musulmani; non ha nulla a che fare con l’Islam, anzi l’Islam ne è la principale vittima. Penso che questi fatti sono interpretati, da alcuni giornali e canali televisivi, con uno scopo ben preciso:quello di screditare l’Islam. Mi chiedo, perché creare l’Islam come nemico? L’Islam ha sempre collaborato con l’Occidente. La ricchezza dell’America viene dai musulmani. Il 50% dei profitti del petrolio saudita va agli americani. Penso che l’attentato dell’11 Settembre e quello che è seguito, copra le malefatte, gli errori e le debolezze di alcuni governanti ed altissimi funzionari di grosse potenze. Mi viene in mente il fallimento della Enron. Comunque 1500 musulmani sono morti sotto le rovine del crollo delle torri, sinceramente mi è difficile accettare l’idea che dei musulmani abbiano ucciso deliberatamente altri musulmani, magari loro conterranei. Ma questa è un’ipotesi; c’è qualcosa che non quadra, in questo “gioco”, ho il sospetto che i veri motivi siano altri”.

AUTORE: Marco Pucciarini