La semplificazione della politica fa bene all’Italia

I risultati delle recenti votazioni – che trascinano anche l’esito delle amministrative – sono talmente dirompenti che segnano una svolta nella vita politica italiana. Il primo elemento da valutare in positivo è la semplificazione. Se scorriamo le sigle dei partiti che non hanno raggiunto la soglia del 4% troviamo che sono ben 9, ma in realtà anche di più perché nella sigla Arcobaleno vi sono Rifondazione, Verdi e Comunisti italiani. La semplificazione è da considerare positivamente per lo svolgimento più agile di tutta la prassi politica e amministrativa. È indubbiamente anche un impoverimento culturale, perché molte voci e molte anime della società non sono rappresentante nel parlamento. Ma questa pretesa che tutte le esigenze abbiano una specifica rappresentanza parlamentare e tutte le lobby possano rappresentare in Parlamento i propri interessi, come ha notato il politologo Sartori, è mal posta, perché in Parlamento devono essere presenti i partiti che rappresentino gli interessi generali e perseguano il bene comune, componendo le varie istanze presenti nella società e mediando tra interessi contrapposti. Le varie voci e le varie culture devono avere visibilità nella società e trovare spazio e ascolto nei grandi partiti. È, ad esempio, importante che sia stato per la prima volta eletto un politico di origine africana, che indica la molteplicità delle etnie presenti nel nostro Paese ormai in forma definitiva. Ma sarebbe certamente eccessivo e fuorviante se ogni etnia richiedesse la propria rappresentanza, in nome di una cultura diversa. La frammentazione nella sfera politica porta soltanto alla confusione e all’impasse dei procedimenti e delle scelte. Un analogo discorso si può fare per il sindacalismo, che soffre anch’esso di un numero eccessivo di sigle e di organismi. Nella trattativa con l’Air France per la vendita dell’Alitalia si sono presentate 9 rappresentanze sindacali. Se si considera la molteplicità degli apparati, delle risorse che si spendono e della lentezza delle procedure, un’articolazione semplificata delle rappresentanze e politiche e sindacali sarà da considerare benvenuta nel panorama italiano. Per questa giustificata esigenza di semplificazione, ad esempio, si può spiegare la sconfitta della proposta di Giuliano Ferrara di una moratoria dell’aborto. Non si può ritenere che in Italia vi siano solo 135.578 persone che pensano giusto porre un freno al fenomeno abortivo, che provoca milioni di vittime innocenti in tutto il mondo. Ce ne sono molti di più, che però hanno ritenuto di doversi esprimere anche su altri problemi, che spesso cono connessi anche con la pratica abortiva e che devono essere risolti a livello culturale sociale e politico. Questo esempio può essere applicato alla Difesa dei consumatori (0,2%), al Bene comune (0,3%), alla Sinistra critica (0,4%) a Forza nuova (0,3%), al Partito comunista dei lavoratori (0,6%) e altri (0,4%). In particolare, per il tema della tutela della vita umana fin dal suo concepimento – sulla quale c’è una legge, la 194 – c’è stato un referendum: deve essere assunto dai grandi partiti con lo stesso coraggio di Ferrara, ed allora potrà esserci un coinvolgimento collettivo e appoggio significativo, soprattutto dai cattolici.

AUTORE: (E. B.)