La serva padrona

Philosophia, ancilla theologiae. Il documento che ufficialmente faceva della filosofia greca la serva della teologia cristiana fu dunque redatto da Tommaso dei conti d’Aquino, dell’Ordine dei predicatori, e poi registrato dal Contestabile del Comune di Pontecorvo in data 27 febbraio 1274, un mese prima che il Santo obeso e intelligentissimo morisse, a 49 anni. Quest’ultima notizia non posso darvela come assolutamente sicura, perché me l’ha data un tracagnotto di quelle parti, che tutti i martedì è a Gubbio per vendere le sue saporitissime scamorze: prendetela con beneficio d’inventario; oltretutto – si sa – teologia, filosofia e scamorze non coutuntur.
Filosofia, serva della teologia. Ma da che mondo è mondo, ogni serva prima o poi ha pensato di diventare lei la padrona. In proposito sono tante le storie che hanno circolato, sia a livello aulico sia a livello popolare, che Pergolesi prima e Paisiello poi se ne son fatti fare un libretto da musicare e l’hanno musicato. Molto bene, tra l’altro.
Anche nel rapporto tra teologia e filosofia è successo qualcosa del genere, e la filosofia è diventata padrona della teologia. “Padrona”: ci fu detto, ai nostri verdi anni, che l’unico discorso che noi credenti possiamo fare su Dio e sul mondo è quello che adotta le categorie aristoteliche, ben pettinate da Tommaso d’Aquino. L’unica interpretazione che in termini umani si può dare del mistero col quale Dio con i santi sacramenti si raggiunge e ci salva è quella che la distinzione tra materia e forma adotta in partenza come indispensabile.
Era questa la convinzione che alla fine degli anni ’50 del secolo scorso animava la polemica già anticonciliare, prima ancora che il Concilio avesse inizio; la foga con la quale Antonio Piolanti, Francesco Spadafora e Antonino Romeo, tutt’e tre monsignori, tutt’e tre sovrappeso, tutt’e tre dotati di schioppi a retrocarica, sparacchiavano sui prodromi di quel rinnovamento che avrebbe avuto dimensioni ben più ampie e radicali di quanto sospettava la loro cronica miopia teologica.
“La teologia scolastica non si tocca!” e giù botte da orbi (puramente ideali, per il momento) a chi “osa” distinguere tra la verità rivelata e la categoria filosofica che in questo o quel tempo è stata usata per interpretarla, e osa dire che la prima è di fede, la seconda è sostituibile.
Era questa la convinzione stralocchia sulla base della quale Piolanti fondò Divinitas, una rivista teologica talmente reazionaria che di più non si può, nemmeno col nerofumo.
Capisci adesso, amabile lettore, perché, dopo averlo lodato in sé e per sé, ce l’avevo tanto con l’ilemorfismo applicato alla teologia?
Non era la bile del vecchio (79 anni un mese fa): era la stizza di un mezzacalzetta al quale erano stati nascosti Chenu, Congar, De Lubac, Daniélou e soprattutto Rahner: un danno enorme, per un mezzacalzetta.

AUTORE: Angelo M. Fanucci