La strage degli alawiti e il fallimento globale

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Il massacro della comunità alawita in Siria dimostra con tragica evidenza quanto fuoco cova sotto la cenere della situazione di quell’enorme Paese mediorientale. Gli odi interetnici non hanno alcuna evidenza religiosa, anche se non mancano le radici che affondano nelle differenze del mondo islamico.

Piuttosto quella comunità è identificata con la famiglia di Al Assad che ha guidato le sorti della Siria per anni e anni nel terrore. Ovvio che questo non può giustificare il massacro ma ci aiuta a comprenderne le ragioni. Ancora una volta un’intera comunità viene considerata responsabile o colpevole. È una logica a cui la coscienza moderna deve ribellarsi con tutte le proprie forze.

Un grido di indignazione dovrebbe oggi salire da tutte le nazioni e i popoli per pretendere garanzie concrete che il massacro in atto non prosegua in nessuna forma. Ma ancora una volta mostra una falla nel sistema di garanzie della pace da parte della comunità internazionale che in casi come questi deve poter intervenire a difesa della comunità aggredita. Insomma, anche la strage degli alawiti ci mostra che il sistema Onu va profondamente rinnovato e riformato per agire più efficacemente nel perseguimento dell’unico scopo che si era dato: “Preservare le future generazioni dal flagello della guerra”.

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