La tolleranza a mezzo servizio

Enorme l’onda d’acqua e fango che, proprio nel quarantesimo anniversario della mattanza del Vajont, ha sollevato la decisione di un giudice de L’Aquila 250 mt. di altezza, proprio come quella che superò di slancio la diga più alta d’Europa e spazzò via, in nome della Legge Santissima del Massimo Profitto, Longarone e altri cinque paesi. Dietro richiesta di un musulmano ingrugnato e villano, padre di due bambini che frequentano la scuola elementare di Offena, in Abruzzo, il giudice ha disposto la rimozione del crocifisso dalle due aule nelle quali, con la benedizione di Allah e ad onta del settarismo dei seguaci di Gesù, si siedono ogni giorno, sorridenti, i due pargoletti olivastri, ma dal sorriso identico a quello dei nostri. Posso dire la mia? Chissà che non riesca a farsi largo fra i due miliardi di opinioni già formulate. Io credo che uno degli snodi di tutta la questione sia il pluralismo in positivo. Le nostre società sono ormai irrimediabilmente pluraliste, e ne siamo grati a Dio che ci concede di vivere nell’efflorescenza di tutte le aspirazioni del cuore umano verso il Divino, codificate dalla diverse religioni, quelle aspirazioni che nell’intimo di ogni uomo ce le ha messe Lui. Ma nelle nostre società pluraliste vige – ahimé! – un equivoco pluralismo in negativo, ispirato ad una specie di tolleranza a mezzo servizio, viziata dalla stipsi, una tolleranza che consiste: vi ricordate il povero Sandro Partenostro, eccellente anchor-man della TV dei tempi andati, uno che faceva audience senza doversi circondare di procaci ragazzotte discintei: quante volte in TV Paternostro ha ripetuto la frase di quella buona lana di Voltaire? ‘Io non condivido la tua fede, ma darei la vita perché tu potessi praticarla in piena libertà’. Bella frase! Bella. Sembrerebbe l’optimum. Sembrerebbe, ma non lo è, perché il pluralismo di Patrenostro e di Voltaire può coesistere senza difficoltà con l’indifferenza, cioè col tarlo più micidiale di ogni relazione umana. La frase ‘Io non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu potessi professarla!’ potrebbe benissimo essere completata in un certo modo, senza che le ombre magnanime del filosofo dell’altro ieri e dell’anchor man di ieri se ne adontassero, cioè in questo modo: ‘Però, sia detto fra noi, di quel che pensi tu non me ne importa un tubo. Non mi fai freddo, ma nemmeno caldo’. La tolleranza come maschera del disinteresse. Il pluralismo come riedizione del ‘la notte nera in cui tutte le vacche sono nere’. Quando la notte non cede a qualcosa di diverso dalla notte, tutto è uguale al contrario di tutto, e nulla vale più nulla.