La voce dei cattolici dai seggi di Strasburgo

Elezioni europee. Intervista al card. Erdo, arcivescovo di Budapest e presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa

In tema di elezioni del Parlamento Ue, abbiamo posto alcune domande al card. Péter Erdo, arcivescovo di Budapest, primate d’Ungheria e presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee). Quale è a suo avviso il contributo che i cattolici sono chiamati ad offrire oggi all’Europa? ‘L’Europa ha bisogno di Cristo. Trasmettere i valori umani e cristiani, formare il mondo terreno secondo lo spirito del Vangelo: questa è la missione dei cattolici in tutte le società, come insegna il Concilio Vaticano II (Apostolicam auctositatem, 7). Le parole del Concilio suonano oggi forse in modo nuovo. Se negli anni ’60 era importante sottolineare che l’ordine temporale è pieno di cose preziose che possiamo usare con responsabilità e con rendimento di grazie, oggi le stesse parole suonano come difesa del valore della persona umana e della creazione minacciata da molti fattori. Per questo, la stessa posizione del Concilio sembra incoraggiare gli europei, e tutta l’umanità, a non perdere la fiducia nel senso del mondo, della vita, della storia, della cultura e delle culture. L’Europa del resto era ed è un concetto culturale, non puramente geografico; e nella cultura di tutte le nazioni europee esistono le basi profonde del cristianesimo. Tali elementi possono costituire un fondamento di solidarietà e di comprensione. Anche se la luce del Vangelo brilla sempre nella penombra della storia, anche se guerre e situazioni disumane non hanno risparmiato l’Europa nemmeno nel passato, la speranza della possibilità di conversione, di ricominciare, di diventare più degni all’immagine di Dio che tutti portiamo in noi, è indistruttibile’. Ritiene che oggi ci sia un laicato in grado di tradurre le indicazioni della Chiesa in impegno politico per l’Europa? ‘Il laicato impegnato nella vita pubblica ha bisogno dell’aiuto della Chiesa intera. Ha bisogno della preghiera di tutti: dei malati, degli anziani, delle religiose. Ma ha bisogno anche dell’autenticità del messaggio cristiano garantito proprio dal Magistero della Chiesa. Certamente in taluni contesti la voce dei cristiani convinti sembra troppo debole. In alcune votazioni parlamentari, la maggioranza spesso non sembra tenere presente quei valori che per i cristiani sono fondamentali e che, per noi, non sono esclusivamente princìpi rivelati, ma – non di rado – criteri di sana ragione. Eppure, non sono accettati da molti. All’epoca del ‘socialismo reale’ i cattolici potevano allora formare il mondo secondo il Vangelo, essendo onesti sul posto di lavoro e nella vita quotidiana, ma non potevano partecipare ufficialmente alla grande politica. Rispetto ad allora, le possibilità dei cristiani sono migliorate. Quindi non sembra inutile in Europa l’impegno di laici responsabili persino a livello della vita politica. Quanto al risultato: a Dio tutto è possibile, anche se le probabilità umane sembrano modeste’. L’euroscetticismo, così come il suo opposto, non fanno parte della cultura cristiana: come far crescere nella comunità cristiana un atteggiamento responsabile e costruttivo? ‘L’atteggiamento responsabile e costruttivo dei cristiani nel mondo è un dovere generale. I modi e le forme di questo contributo dipendono però fortemente dalla struttura delle singole società. Se la società è composta da cittadini autonomi che hanno un’esistenza economica più o meno autonoma, se la democrazia non è soltanto un insieme di alcune forme istituzionali, ma comporta la possibilità reale per i cittadini di contribuire in modo attivo alla formazione della vita pubblica, dell’economia, della cultura, di ogni settore di beni temporali, allora la partecipazione cristiana può assumere quelle forme cui pensavano i grandi personaggi cristiani che furono tra i fondatori e i costruttori della nostra casa europea. È importante che l’autonomia intellettuale e la libertà vera e propria delle persone vengano coltivate e rinforzate in tutte le parti del mondo. Uno dei rischi più grandi della democrazia sembra essere la distrazione e la superficialità. Se questi atteggiamenti diventano generali, la gente può disabituarsi a ragionare secondo logica, a valutare le proprie esperienze, i programmi, i rischi e le opportunità che dobbiamo affrontare insieme nella società. È quindi importante curare, coltivare la base antropologica della partecipazione consapevole dei cittadini nella formazione del nostro futuro comune. La cultura cristiana è una cultura personalista che non cede né alle tentazioni di un estremo individualismo, né di un collettivismo unilaterale che disprezza la dignità dell’individuo della persona umana’. Come presidente del Ccee, è impegnato per la crescita dell’attenzione reciproca tra le Chiese europee. Quali segnali sta cogliendo? ‘Il dialogo tra i cristiani e l’ulteriore allargamento dell’Unione europea non sono cose strettamente connesse; anzi, la solidarietà cristiana e il dialogo devono estendersi in ogni continente, e non possono dipendere dalle strutture politiche del momento. L’esperienza della diversità apre i nostri occhi ai valori propri delle nostre comunità, e ci insegna ad apprezzare anche i valori degli altri. Per quanto riguarda la sfida comune del relativismo, i cristiani si sentono più vicini l’uno all’altro. In altre regioni del mondo, dove i cristiani sono in una piccola minoranza, si fa ogni giorno l’esperienza dell’importanza della parola ‘cristiano’. Il nostro battesimo comune ci collega con vincoli indelebili; ciò non vuol dire però che vogliamo minimizzare in modo ingenuo le differenze che tuttora esistono tra le diverse confessioni cristiane. La strada è ancora lunga, ma i segni di buona volontà non mancano, e la divina Provvidenza non ci abbandona’.

AUTORE: (Sir Europa)