La Voce in dialogo con il mondo

La svolta del 1984 si conferma ancora valida per una comunicazione efficace delle Chiese umbre nella società di oggi

La voglia d’essere organici, capaci di sintonia, non è solo la linea editoriale del giornale delle otto Chiese sorelle dell’Umbria, ma uno stile di dialogo tra la comunità ecclesiale e il territorio. Potrebbe persino diventare un modo d’essere, dove la ricchezza delle diversità viene valorizzata, senza venir meno al bisogno di rispondere alle necessità del tempo che stiamo vivendo. Uno degli elementi che hanno indotto più larga riflessione, a seguito del recente convegno sulla comunicazione tenutosi a Perugia, è la ricerca che l’Università ha fatto per noi. Ci è stato chiesto di aggregare la stessa informazione, se vogliamo che passi, che diventi comunicazione della Chiesa. Le rivalità, i campanili appartengono al Medioevo.

Il futuro sempre più ha bisogno di segnali essenziali e univoci. La Chiesa ha il dovere di rendere alcuni servizi alla società, se non vuole venir meno alla sua natura. La speranza va tenuta viva, come il fuoco delle Vestali nell’antica Roma. La carità, che esprime il Vangelo e la voglia di concretezza degli umbri, è il linguaggio con il quale interloquire con la realtà di questa Regione. Attorno a noi vi è una società articolata e mossa, spesso piena di sofferenze più o meno nascoste, alla ricerca del senso delle cose, travolta dalla corsa continua che è il male del secolo. ‘Stare per comprendere’, scriveva Papa Ratzinger quarantatrè anni fa. Non basta informare, adeguandosi alla giostra delle vanità. Occorre indurre il lettore a pensare, per aiutarlo a capire. La Chiesa ha il dovere della profezia, la necessità di riproporre il mondo degli ideali, la dimensione della fede.

Quand’ero giovane studente della Gregoriana, all’epoca della prima applicazione del Vaticano II, mi incantava l’intuizione del grande Alszeghy di presentarci Francisco de Victoria, teologo spagnolo del secolo d’oro, che collocava i giornali tra i suoi ‘loca theologica’, dopo la Bibbia, i Padri e il Magistero. Se la Chiesa non sa comunicare vanifica perfino l’evento del Natale di Betlemme. La gente ha il diritto di sapere i commenti dei cristiani ai fatti del giorno.

Ciò che conta per la Chiesa non è soltanto la miriade di piccoli fatti religiosi che si verificano in Umbria, ma avvalersi degli eventi per fare formazione. Un buon esempio di questo stile è quello che i padri fondatori di Caritas italiana chiamarono pedagogia dei fatti. I santi Benedetto e Francesco, colossi della cultura umbra, seguitano ad esprimere il loro messaggio di fede e la loro visione del mondo dopo secoli, appunto per la capacità che ebbero di passare dal particolare all’universale; di fare delle loro personali, piccole vicende dei paradigmi, perché generazioni intere, dopo di loro, riuscissero a cogliere l’intuizione generale, la visione del mondo, che loro appartenne. La logica dei ‘fioretti’ esprime una nota irrinunciabile dell’identità umbra, ma non è tutto; spesso rischia di far travisare ciò che più conta.

Quella di venticinque anni fa, la scelta di rinnovare la linea editoriale de La Voce, si colloca nel contesto delle cose dette. Espresse in questa Regione il bisogno di favorire il dialogo Chiesa-mondo, voluto dal Vaticano II; la dignità della Chiesa che si pone con serena franchezza sulla piazza mediatica; la prospettiva di ‘pedalare’ tutti e otto insieme, come in un inedito tandem, per correre meglio e più lontani. Fu un’operazione difficile e faticosa. Fu una scelta di cultura, nella prospettiva del bene comune. Ancora dopo cinque lustri occorre resistere alla tentazione di trasformare il giornale dei Vescovi in un’accozzaglia di bollettini. Le notizie sono il pane che nutrono il giornalismo, ma esso stesso non vive di solo pane.

C’è bisogno di riflessione; c’è voglia di tener vivo il ruolo secolare della Chiesa in Umbria, d’essere animatrice di cultura. Mons. Elio Bromuri, come un capitano di lungo corso delle antiche marinerie, ha retto al timone l’impeto di molti marosi. La sua esperienza, la sua capacità oggettiva si sommano, finalmente, alle forze giovani delle Chiese umbre, che sanno cogliere, nell’ambito della comunicazione, un campo fecondo di servizio al Vangelo. A questa larga compagine di possibili operatori di cultura nel giornalismo piace la fortezza non pavida dell’esperto capitano e si preparano a far la loro parte, senza temere i fortunali oltre l’orizzonte. I nostri più giovani sono sicuri che la cometa dei Magi è ancora capace di condurre a Gesù, anche se sarà necessario traversare deserti e valicare impervi sentieri.

Forse il punto più alto dell’insegnamento di Giovanni Paolo II fu quella citazione lucana del duc in altum, con cui, al termine del Giubileo del Terzo Millennio, seppe affidare la Chiesa alla generazione nova, senza paure: e rimase in mezzo a loro finche poté.

Riccardo Fontana
Arcivescovo di Spoleto-Norcia
Delegato Ceu per le Comunicazioni Sociali

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Molte cose in questi 25 anni sono cambiate, ma l’impianto generale risulta ancora valido ed attuale

Venticinque anni fa iniziava una nuova stagioneVenticinque anni fa i vescovi dell’Umbria decisero di dare una svolta al settimanale La Voce, come si può constatare dalla pagina di copertina del 1 gennaio 1984, riportata accanto.

Una svolta nell’impostazione e nel personale che avrebbe dovuto realizzare il progetto ben caratterizzato dalla Conferenza episcopale umbra: un settimanale che fosse legato al territorio, di sostegno alla pastorale delle otto diocesi, protagoniste e responsabili di pagine di informazione specifica, aperto alle problematiche della popolazione, da quelle culturali e religiose a quelle economiche e sociali, di stile dialogico e aperto alla voce delle molteplici componenti della società.

A questo scopo fu scelta una redazione centrale e delle redazioni locali per ogni singola diocesi, ad eccezione della diocesi di Foligno che poteva vantare un proprio settimanale, La Gazzetta di Foligno, fin dal 1886.

Nella redazione centrale, con sede a Perugia in via della Gabbia, figuravano don Elio Bromuri in qualità di direttore, don Antonio Santantoni di Perugia, come capo redattore, Luca Diotallevi di Terni, Maurizio Maio di Città di Castello, Marco Tarquinio di Assisi, cui si è aggiunto successivamente Daris Giancarlini.

Ad assistere e coprire dal punto di vista legale il direttore sprovvisto di iscrizione all’albo dei giornalisti fu don Remo Bistoni, giornalista e scrittore, già co-fondatore del settimanale e da sempre, fino ad oggi, apprezzato collaboratore. Le persone in seguito sono cambiate, hanno preso strade professionali anche molto prestigiose ed altri giovani si sono inseriti con un flusso continuo di entrate e uscite in un cambio che ha dato luogo alla formazione di un’ampia rete di collaboratori e amici che costituisce la famiglia de La Voce.

Il senso di fondo dell’operazione sta nella costituzione di una mentalità di comunione tra le Chiese sorelle dell’Umbria che, attraverso una comunicazione congiunta e condivisa, possono stringere più facilmente legami di fraternità e sinergie pastorali rese indispensabili in una realtà ristretta come è l’Umbria.

Anche con la diocesi di Foligno si sono tenute presenti le necessarie informazioni e gli scambi di attenzione e di interesse. Durante questi venticinque anni si è cambiata anche la grafica per rendere più agevole la lettura degli articoli ed evidenziare l’importanza delle informazioni, considerando la difficoltà che oggi si riscontra di fronte alla lettura di testi lunghi e laboriosi.

Anche i lettori, durante questi anni, si sono trasformati. Alcuni sono sono venuti meno e altri si sono aggiunti, come in un’onda che va e viene lungo la riva dello stesso mare. Purtroppo l’onda è sempre uguale e sarebbe auspicabile che quella che viene superi di molto quella che va, e non solo per il giornale.

Ma comunque La Voce è qui, presente nel territorio umbro, e non sarà facile farla tacere anche fosse in un deserto. Nel frattempo altre iniziative giornalistiche similari sono sorte nel territorio ed hanno concluso in breve il loro arco di esistenza.

L’aiuto di Dio, il sostegno dei lettori, l’incoraggiamento dei vescovi e l’apprezzamento della opinione pubblica ci hanno consentito di varcare anche questa soglia e di aprirci ad un futuro pieno di idee, impegni e speranze.

La Voce