L’antica storia del presepio ancor prima di san Francesco

Da un certo tempo si è diffusa la paura che fossero aboliti i presepi per il fatto che in alcune scuole c’è la presenza di alunni di altre religioni, per non turbare la loro sensibilità. Si è innescata una polemica che è sfociata poi sul crocifisso. In realtà dobbiamo dire che si continuano a fare presepi un po’ dappertutto, comprese le scuole e in tutte le forme. Anche dalle di questo numero de La Voce se ne può trarre un’idea.La raffigurazione della natività, d’altra parte, occupa quasi per intero, con maggiore o minore intensità e con diversità di stili, lo spazio della storia della Chiesa in ogni parte dell’Europa. Di tali raffigurazioni si sono abbondantemente interessate l’archeologia, la storia dell’arte, del folklore edella pietà popolare. Per fare un solo accenno all’archeologia, e considerare l’antichità dell’immagine si può citare un particolare di un bassorilievo posto a decoro di un coperchio di un sarcofago del IV secolo conservato nel museo di Arles. Credo che sia il primo presepe conservato finora dall’antichità. In esso si vede il Bambino in un cesto di vimini con accanto due animali e davanti, in atteggiamento assorto, un pastore con un bastone appoggiato sulla spalla. C’è subito da dire che i Vangeli non parlano del bue e dell’asino che sono stati messi nel presepe sulla spinta di una frase del profeta Isaia (1,3) dove si dice che il bue conosce il suo proprietario e l’asino il suo padrone e un altro passo di Abacuc (3,2) mal tradotto. Di bue e asino parlano più ampiamente i vangeli apocrifi, come i vangelo apocrifo di Matteo. Ma la presenza di raffigurazioni della natività è conosciuta anche in alcune chiese antiche e persino in un affresco perduto delle catacombe. La basilica di santa Maria Maggiore di Roma fino al VI secolo era chiamata Sancta Maria ad presepem L’arte cristiana si è impossessata di questa raffigurazione e l’ha arricchita di tanti personaggi, dai pastori che sono citati nel vangelo e dai magi pure presenti nella narrazione di Matteo, ma anche dei soliti due animali e di tante altre figure di fantasia ed entra poi nel gusto popolare con la costituzione di centri di produzione delle statuine. Su tutti emerge il significato che dette al presepe san Francesco, che non inventò il presepe a Greccio nel 1223, ma lo rese vivo e parlante per l’esperienza religiosa. Non una rappresentazione estetica o tanto meno aristocratica, come avverrà nel Seicento napoletano, e in altri centri di produzione come Genova, ma carico del messaggio preferito da Francesco quello della povertà, della semplicità e della umiltà assunta dal Figlio di dio divenuto figlio della Vergine, umile serva del Signore. I più grandi pittori dal medioevo ai nostri giorni, da Giotto a Dottori, passando per il Perugino, (vedi foto in copertina) , non hanno mancato di cimentarsi in questa che, forse, rappresenta la raffigurazione di ciò che vi è nel mondo di più umano e di più divino.

AUTORE: (E.B.)