L’Arcivescovo mons. Giuseppe Chiaretti ha inviato ai fedeli della diocesi di Perugia-Città della Pieve, un’esortazione pastorale per la Quaresima. Ne riportiamo ampi stralci.

Esortazione pastorale per la Quaresima

Carissimi, Avrete certamente notato che il Papa, nella sua lettera apostolica post giubilare Novo millennio ineunte, ha indicato a tutti i cristiani, “a comune edificazione e orientamento”, alcune priorità pastorali, e ha parlato espressamente della santità. Ciò di cui la Chiesa e il mondo hanno oggi più bisogno sono i santi, e cioè coloro che vivono con coerenza la radicalità evangelica e le virtù proprie del cristiano, fede – speranza – carità, con l’abituale contorno di virtù morali, in primo luogo la preghiera.

“Additare la santità, – scrive questo Papa coraggioso che ama andare controcorrente -, resta più che mai un’urgenza della pastorale” (…)Il livello di santità dei cristiani è il metodo e il linguaggio preferenziale della nuova evangelizzazione, la sesta via per dimostrare agli increduli l’esistenza di un Dio misericordioso (come diceva il filosofo credente Jacques Maritain), l’unico vangelo che gli uomini d’oggi ancora leggono e ascoltano (…). È con la santità della vita che il cristiano diventa “interessante” anche per un’opinione pubblica distratta.

Interessante non perché fa “miracoli” (i miracoli non sono di per sé necessari per la santità: è necessario vivere la radicalità della fede, della speranza e della carità!), ma perché ha il coraggio di andare contro-corrente, non si vergogna della sua fede – anzi ne parla con gioia ed entusiasmo, mostra coerenza in tutte le sue scelte, sa pagare di persona l’emarginazione sociale cui potrà essere condannato, perdonando e amando chi lo mette in croce. Pazienza, gioia, affidabilità, serenità, condivisione ed altro ancora lo caratterizzano, anche se vive nel nascondimento come tante miti mamme di famiglia, o come tanti sacerdoti e religiosi e religiose che hanno donato l’intera vita alla causa di Cristo e dei fratelli bisognosi senza mai mettersi sotto l’occhio dei riflettori…È di questi eroi anonimi, di queste virtù nascoste, di questa santità diffusa che la Chiesa ha più bisogno oggi, che un mondo alla deriva ha assoluto bisogno (…).

Tutti possono essere santi. E questa santità di base diventa il miglior contributo “politico” che la Chiesa, la quale vive nella società come l’anima nel corpo, può dare alla società stessa (…).È possibile questa santità? Certamente. Basta ricordare l’espressione tipica di tanti cristiani seri: voglio farmi santo! Il cristiano sa bene che ogni grazia è dono, e non pretesa illusoria né conquista del proprio volontarismo. E il dono va chiesto ed invocato, lasciando a noi la responsabilità di fare spazio all’azione dello Spirito santo, che ci “cristifica” e ci “divinizza” essa ci rende sempre più simili a Dio per la via dell’obbedienza alla sua Parola, come fu di Maria di Nazaret, e non per la via sbrigativa e presuntuosa della disobbedienza, come fu dei progenitori.

Il Papa ci ricorda che anche per la santità c’è una “pedagogia” contrassegnata dal rispetto della “‘vocazione” di ognuno, e quindi dal suo stato di vita e dal suo lavoro, in maniera da “adattarsi ai ritmi delle singole persone”. Un tempo si credeva che per diventare santi occorresse passare per le vie o dell’eremitaggio solitario o della vita monastica; sorsero poi le innumerevoli ‘devozioni’ a impianto emotivo; oggi, tempo di vocazione universale alla santità – come ci ha ricordato il Concilio nel prezioso capitolo V della Lumen Gentium, parliamo di santità anche ai laici: e per essi la via della santità passa attraverso la specifica vocazione e ministerialità di ciascuno.

Il prete si santifica vivendo intensamente la sua ministerialità sacerdotale; i genitori si santificano amandosi seriamente e facendo bene il compito di genitori; i professionisti si santificano svolgendo con competenza e rettitudine, ed anzi con vero amore al prossimo, il loro mestiere; i politici e gli amministratori si santificano perseguendo senza secondi fini il bene di tutti, e non quello del proprio gruppo o i propri personali interessi, pensando e prevenendo il futuro e governando con senso di grande responsabilità dinanzi a Dio e alla storia; i giovani si santificano preparandosi bene alla vita di domani, senza sotterfugi, amando preghiera e sacrificio, lavorando e studiando con serietà, approfondendo le ragioni del credere e la qualità dell’amore anche umano. E così via.

Il Papa chiede anche di “integrare le ricchezze della proposta rivolta a tutti con le forme tradizionali di aiuto personale e di gruppo e con forme più recenti offerte nelle associazioni e nei movimenti riconosciuti dalla Chiesa” (…).Molto dobbiamo dire a proposito delle associazioni e dei movimenti come laboratori di santità, dentro o accanto alla parrocchia in cui si celebra continuamente l’evento liturgico. Le associazioni, anche le più belle, hanno bisogno di un intenso recupero sul piano educativo e formativo; i movimenti, dal canto loro, hanno bisogno di essere aiutati a convergere verso la Chiesa particolare (…).

L’arte della preghiera. In essa, dice il Papa, il cristiano deve addirittura “distinguersi”, giacché, dinanzi alle numerose prove cui oggi è sottoposta la fede, essi corrono il pericolo d’essere non solo dei cristiani “mediocri” ma addirittura dei cristiani “a rischio”, pronti a “credere al fascino dei surrogati”, accogliendo proposte religiose alternative e indulgendo persino alle forme stravaganti della superstizione (NMI 34). Se la preghiera è un’arte, bisogna allora impararla anche in autentiche “scuole di preghiera”; e per impararla ci vuole chi l’insegni. Tale insegnamento dovrebbe essere il primo compito dei sacerdoti e un “punto qualificante di ogni programmazione pastorale” (NMI 34) (…).

I monaci ci hanno trasmesso un modello di preghiera su e con la Bibbia che va sotto il nome di “Lectio divina“, che possiamo far rivivere anche nelle nostre parrocchie. In ogni caso è lo Spirito Santo di Dio che deve parlare in noi e con noi, facendoci fare l’esperienza esaltante dell’invaghimento del cuore e del dialogo d’amore, “fino a rendere la persona umana totalmente posseduta dall’Amato divino, vibrante al tocco dello Spirito, filialmente abbandonata nel cuore del Padre (NMI 33). Lode, adorazione, ringraziamento, supplica, ascolto, contemplazione, estasi d’amore sino alla ricapitolazione di tutto nel vertice trinitario… sono elementi che si intrecciano tra loro in un continuo dialogo, che deve svilupparsi lungo l’intero arco della giornata.

“È necessario pregare sempre” dice Gesù (Lc 18), e sant’Agostino insegna “Prega sempre chi sempre desidera”. L’esempio ormai classico del pellegrino russo ci consente di trasformare ogni respiro in un atto di amore (…).Con la mia benedizione. Perugia, 29 gennaio 2001Festa di San Costanzo

AUTORE: + Giuseppe Chiaretti