L’arte che apre la porta dei cuori e del cielo

A colloquio con Kiko Arguello, fondatore del Cammino neocatecumenale e pittore di icone

Kiko Arguello è famoso per essere stato, con Carmen Hernandez il fondatore del Cammino Neocatecumenale, un itinerario di formazione cattolica e di evangelizzazione, oggi diffuso in oltre 900 diocesi nel mondo. Ma Kiko Arguello è anche pittore e in questa estate ha decorato la chiesa di Ferro di Cavallo a Perugia con la ‘Corona misterica’, una serie di 14 quadri che presentano il cuore dell’annuncio del Vangelo. La ‘bottega’ di Kiko, 7 pittori, 7 apprendisti, 10 aiutanti, hanno lavorato in squadre sotto la guida il capomastro Juan Pablo Civil. Non vogliono compensi, solo hanno chiesto le spese dei materiali e l’ospitalità per il tempo necessario a realizzare l’opera. Tra loro ci sono sette seminaristi dei seminari Redemptoris Mater del Cammino, gli altri sono venuti con moglie e i figli che non potevano restare a casa. Una vera piccola comunità di fede prima ancora che di lavoro. L’incontro, anzi la comunione con la comunità parrocchiale, ha fatto della realizzazione dell’opera pittorica un evento di chiesa. I parrocchiani giorno dopo giorno hanno potuto vedere i pittori al lavoro, pregare con loro, parlare con loro. Quelle mura bianche si sono animate sotto i loro occhi, hanno imparato a ‘leggerne’ il racconto. Kiko ha riprodotto la Corona mistica già realizzata nella chiesa, anch’essa ottagonale, della parrocchia di San Bartolomeo in Tuto a Scandicci, eppure non ne è la copia identica. In particolare nella realizzazione del Cristo Pantocratore Kiko ha messo una tecnica diversa e il volto che ne è uscito è migliore di quello fatto a Madrid. Solo questione di tecnica? Non lo credono a Ferro di Cavallo. E il parroco nota, senza commenti, una coincidenza: Kiko lo ha realizzato proprio il giorno in cui il Papa si recava in pellegrinaggio al santuario del Volto Santo di Manoppello. Incontriamo Kiko nella chiesa di Ferro di cavallo in una sera in cui il tempo preme perché mancano pochi giorni alla inaugurazione del ciclo pittorico. Kiko dipinge icone ispirandosi alla tradizione russa, a Rubliev ‘che è la più alta cima dell’arte religiosa cristiana – dice – e che è stato canonizzato santo’. La sua è una scelta dettata dalla stessa volontà che anima tutta la sua vita: annunciare il Vangelo. Per questo ha scelto di tornare al ‘canone’ iconografico antico dei grandi maestri d’Oriente pur essendo uno che ama l’arte moderna e non ama ripetersi. Ma cos’è questo canone? ‘È che un pittore – risponde Kiko – non può inventare niente. Chi dice che cosa può rappresentare l’annunciazione? Lo dicono i padri della Chiesa, i grandi teologi e non un pittore che interpreta a modo suo! A questo canone che è arrivato fino a noi nella Chiesa d’Oriente io penso che la Chiesa d’occidente dovrebbe ritornare’. È quello che lei fa”Io voglio che si ritorni al canone, ma proponendo su questo canone tutte le scoperte d’occidente, Picasso, Braque, Matisse. Per esempio io salto la prospettiva, uso solo le due dimensioni, perché è tutto più astratto, e nei miei lavori c’è tutto un cromatismo di colori caldi e freddi e colori complementari’. Rimanendo però sul simbolismo dei colori e delle forme”Esatto. L’oro, ad esempio è simbolo della divinità. E la stessa prospettiva invertita che si vede nelle icone non è lì perché che non sapevano farla ma (e mi indica la scena della resurrezione) il punto focale non sta dentro il quadro ma nello spettatore, come a dire che questi quadri sono un annunzio a te che stai guardando’. Quindi è come se il quadro guardasse me? ‘Il quadro ti sta dicendo qualcosa, sei tu l’oggetto. Questi quadri, con il loro fondo oro che rappresenta la divinità, ti stanno dicendo che il ‘cielo’ ti dice qualcosa. Questa è una cosa geniale, immensa e dinamica come un quadro moderno!’. Noi moderni riusciamo a capire questo messaggio? ‘Questa pittura è fondamentalmente è teologico – sacramentale, ci sono dei contenuti teologici, non è devozionistica, non c’è il sentimento. Ma ho visto gente atea che vedendo questi quadri ha avuto un impatto profondo, la sua anima si è risvegliata’. Quindi la scelta di dipingere con l’antico canone delle icone è una scelta anche di evangelizzazione? ‘Esatto. Fondamentalmente è di imitazione. Io non sto imitando me stesso come artista! Io sono l’iniziatore del cammino neocatecumenale, apriamo nelle parrocchie un cammino di iniziazione cristiana serio, dove la gente vive la sua fede con una comunità come i primi cristiani. Ecco, nel momento in cui appare un cristianesimo più adulto abbiamo bisogno anche di un’espressione culturale, artistica’. Perciò ha ripreso la sua passione giovanile, la pittura? ‘Tutto questo sta in funzione dell’uomo, della gente più povera e umile che viene in questa chiesa e che vedendo le icone sente la presenza del Cielo. Le nostre chiese si sono svuotate di immagini perché si è scelto il sociale, ma così ci siamo impoveriti. La Chiesa d’Oriente pensa che è importantissimo fare queste pitture per il popolo, perché la gente più povera attraverso di esse abbia un rapporto con Gesù Cristo. Quando dipingo le icone non esprimo me stesso, e dunque è importantissimo essere umile, saper morire a me stesso e chiedere al Signore che mi ispiri perché io faccia un bel servizio alla fede dei poveri’. Lei ha dei seguaci dal punto di vista artistico? ‘Abbiamo una scuola con un’équipe di sette artisti, la stiamo portando avanti in tutto il mondo a poco a poco’. La preghiera è importante? ‘Siamo una comunità di artisti, come una comunità di monaci. Tutte le mattine facciamo un’ora di preghiera, facciamo la messa tutti i giorni; il venerdì digiuno a pane e acqua, poi facciamo letture spirituali e stiamo tutti in comunità di comunione, tutti in comunione nell’amore. Siamo 40 in comunione d’amore, è una cosa meravigliosa’.

AUTORE: Maria Rita Valli