L’arte riscatta l’emergenza sociale

Una guerra sciagurata ha moltiplicato le emergenze nella terra di san Giorgio, producendo morti, feriti e decine di migliaia di profughi. Dall’Anno santo la Caritas Umbria ha stabilito un ponte con Caritas Georgia. È stato possibile andare molte volte ad incontrare quelle comunità, che sono per noi solo un po’ più in là, in un mondo globalizzato; facilmente raggiungibili per mare, appena passato lo stretto dei Dardanelli. Tutto sommato poche ore di navigazione fuori dal mare Adriatico. I rapporti sono passati attraverso contatti personali e tramite una Caritas particolarmente sensibile e attiva. Le nostre Chiese umbre, in questi ultimi mesi, hanno mostrato singolare impegno e moltiplicato gesti di solidarietà. Più volte sono andato in Tbilisi per ribadire che il nostro sostegno non è fatto solo di beni materiali, comunque inadeguati di fronte alle enormi necessità. Si è venuto a creare un legame d’amicizia con le Istituzioni georgiane, principalmente con quelle della Chiesa, ma anche con quelle dello Stato e con le organizzazioni umanitarie. Ogni volta che andiamo in quella capitale, ministri di Stato e la Presidente del Parlamento nazionale volentieri ci incontrano e ci interpellano su varie questioni di comune interesse. Durante l’ultima visita che ho fatto con una delegazione delle Caritas diocesane dell’Umbria, siamo andati fino al fronte incontrando i soldati in armi, dell’una e dell’altra parte, assieme al Rappresentante pontificio. Abbiamo visto la miseria assurda che affligge moltissimi, soprattutto tra i rifugiati. Abbiamo anche incontrato un popolo pieno di dignità. Ragioni del recente passato politico di quella nazione non hanno favorito nei decenni tra gli italiani la conoscenza diretta del mondo georgiano, antica terra cristiana di appartenenza ortodossa. Nei nostri contatti abbiamo avuto occasione di approfondire sempre più e sempre meglio l’altissimo livello culturale di quel popolo, che non è dissimile dagli standard delle maggiori nazioni europee, né per contenuti, né per livello espressivo raggiunto. Poi, hanno avuto anni di oscurantismo e di marginalizzazione, di fronte al predominio della cultura moscovita. Con l’indipendenza è sopraggiunto il crollo del già fragile sistema economico: miseria e fame hanno devastato un popolo evoluto e civile. Negli anni abbiamo imparato a stimare e considerare con molto rispetto i georgiani e la loro cultura. Mentre in Umbria stiamo chiudendo i container che ogni diocesi ha predisposto a sostegno della Caritas di quel Paese, ci è arrivata la proposta di un concerto. La formazione giovanile dell’Orchestra sinfonica di Stato ‘Zakaria Paliashvili’ ci ha chiesto ospitalità, tramite la Rappresentanza pontificia. Il ragionamento è semplice. I georgiani in questo momento hanno un gran bisogno di aiuti materiali, ma sono anch’essi capaci di fare qualcosa per gli altri. Rinomati interpreti della grande musica europea, hanno chiesto di venire a ringraziare gli amici italiani offrendo concerti. Il primo sarà in Vaticano, poi a Verona, a Trento e in altre significative città d’Italia. Mi sono commosso quando mi è stata chiesta ospitalità a Spoleto ‘città della musica e dell’arte e di molti teatri’. La nostra fama evidentemente ha varcato l’Adriatico e il Mar Nero ed è giunta fino all’altipiano del Caucaso. I musicisti georgiani vogliono farci ascoltare la loro interpretazione di Mozart e di Brahms. Eseguiranno alcune pagine mirabili. Sentita l’Amministrazione comunale e altre Istituzioni che si sono rese disponibili – ma pensiamo che anche altri vorranno unirsi a noi – abbiamo pensato di rispondere al gesto coraggioso e pieno di dignità dei musici georgiani, accogliendoli nel nostro maggior teatro, il Teatro nuovo di Spoleto, domenica 8 febbraio alle 17. Sono certo che l’ospitalità umbra vorrà dire il proprio plauso al popolo del Mar Nero, offrendo a quei musicisti, che si fanno ambasciatori di un popolo intero, una massiva presenza in teatro, che sogno riempito, dalla platea al loggione, come nelle grandi occasioni.

AUTORE: Mons. Riccardo Fontana