“L’Umbria è tra le regioni ad avere la più alta incidenza di infortuni e malattie sul lavoro rispetto la forza occupata, collocandosi al quarto posto in Italia prevalentemente nei settori agricolo ed edile” (vedi articolo con i dati al gennaio 2025). A “denunciarlo” è il segretario generale della Cisl Umbria Angelo Manzotti, al vertice dell’organizzazione sindacale dall’autunno 2019. Lo intervistiamo quando a Terni, a inizio settimana, si è celebrato il funerale di un lavoratore ventiseienne e un altro di 38 anni è deceduto ad Orvieto. “La priorità della Cisl, anche alla luce del crescente numero di incidenti sul lavoro, alcuni, purtroppo, mortali – ricorda Manzotti – “è quella di vigilare molto sui piani di sicurezza aziendale”. Piani, precisa il segretario Cisl, che “hanno i loro costi oggi, non sufficienti perché il lavoro è in forte contrazione”.
È giusto parlare di ‘proporzione aritmetica’ tra profitto ed esposizione del lavoratore a infortuni e malattie professionali?
“Certamente. La globalizzazione ha determinato un modello economico che ha spinto troppo sul profitto determinando una frenesia sul lavoro esponendo troppo il lavoratore a infortuni e malattie professionali. Non sono la qualità, il merito e la sicurezza, ma prevale la fretta, l’incoscienza e, ripeto, la frenesia di produrre di più”.
In Umbria le organizzazioni sindacali fanno scuola nel diffondere una cultura della sicurezza sul lavoro ad iniziare dalla prevenzione…
“Al riguardo la Cisl è fortemente impegnata da sempre in una costante opera di promozione di una maggiore consapevolezza e partecipazione degli stessi lavoratori sul delicato tema della sicurezza. Abbiamo il recente esempio del periodo della pandemia, quando le organizzazioni sindacali hanno sottoscritto protocolli per la sicurezza con le aziende. Protocolli, sottolineo, che hanno dato risultati positivi oltre le più rosee aspettative sia per la diminuzione di infortuni e di malattie, al punto da contenere lo stesso contagio da Covid-19, che in termini di produttività facendo registrare una crescita di tutto rispetto”.
Quindi, segretario Manzotti, il ‘principio’ maggiore sicurezza sul lavoro equivale a minore produttività è stato smentito. Occorreva una pandemia per provare l’inverso?
“Assolutamente no, occorre avere solo buon senso, quello che ci vuole nel comprendere che il fine non è un maggiore profitto, ma l’uomo-lavoratore da porre sempre al centro di ogni azione, anche aziendale, perché sono i lavoratori a mandare avanti il ciclo produttivo e la loro incolumità viene prima dello stesso profitto. Lo abbiamo detto e urlato tante volte: non si può morire di lavoro, la nostra Repubblica è fondata sul lavoro, non sulla morte”.
Forse si dovrebbe puntare anche e di più sulla formazione…
“La Cisl, ma non solo, è da tempo impegnata a promuovere la formazione a 360 gradi per prevenire gli infortuni, formazione rivolta sia ai lavoratori che ai datori. Al riguardo si vuole valorizzare la bilateralità che è uno strumento per governare meglio l’organizzazione del lavoro affrontando con più efficacia le criticità, coinvolgendo soprattutto i lavoratori per prevenire al massimo gli incidenti e le malattie professionali”.
In Umbria come siamo messi a formazione per prevenire infortuni e malattie?
“È molto importante il lavoro dei RLS-T, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriale, per quanto concerne le piccole e medie imprese, realtà molto presenti nella nostra Umbria. Come Cisl noi sosteniamo una formazione meno teorica, in aula, e più pratica, sulla postazione di lavoro, soprattutto nel comparto edile, apprezzando molto in questo particolare settore produttivo il sistema della patente a punti, che può dare buoni risultati”.
Il comparto edilizio è quello con maggiori infortuni, ci spiega il motivo?
“La causa va ricercata negli appalti in cui prevale la logica del massimo ribasso cosi da incidere prevalentemente sulla scarsa sicurezza nei cantieri e sui salari. In Umbria abbiamo sollecitato l’attivazione di un tavolo per monitorare la preoccupante situazione tra sindacati e imprese cercando di trasferire, in maniera capillare, la sicurezza sul territorio”.
Infortuni e morti bianche riempiono quasi ogni settimana le pagine della cronaca nera dei quotidiani… Perché sono sempre più coinvolti lavoratori esteri? Sono la maggioranza, ad esempio in edilizia, o i motivi sono altri?
“Non è tanto questione di numeri, ma di formazione, preparazione e conoscenza, soprattutto delle norme sulla sicurezza. Gli immigrati, avendo scarsa familiarità con la lingua italiana, sono molto in difficoltà e quindi penalizzati al punto d’essere più esposti ad infortuni e malattie. Come sindacato stiamo organizzando corsi di alfabetizzazione della lingua italiana non solo per aiutarli nel lavoro e nella conoscenza diretta dei loro diritti e doveri. Sono corsi per sostenerli nel loro processo di integrazione a livello sociale e territoriale. Integrazione che non è sempre facile anche nella nostra Umbria seppur multietnica e multiculturale con una incidenza di oltre il 10% degli stranieri regolari sul totale dei residenti, da quanto si evince dall’ultimo Rapporto Immigrazione Caritas/Migrantes della Cei”.