Le iniziative di ricerca di mercati esteri per le aziende umbre

Una regione che cerca di aprirsi commercialmente all'estero.Dati in crescita a piccoli passi che interessano quasi 2.000 aziende della regione

Enti pubblici e soggetti privati al lavoro insieme per lo sviluppo del commercio estero in Umbria. Sono numerose le iniziative e i progetti che mirano ad aprire la regione verso i mercati stranieri. Le più recenti si sono concentrare verso i mercati di Cina, Usa, Russia, Giappone, Australia e Medio Oriente, grazie ad un accordo di programma tra Regione e Istituto per il commercio estero, con la collaborazione del Centro estero delle Camere di commercio dell’Umbria. L’Ice – ad esempio – ha elaborato un programma per l’inserimento delle aziende dell’area ternana nei mercati di Russia e Romania. Ma per le aziende umbre in generale sono previsti progetti di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, specie se operano nei settori di ceramica, moda, agroalimentare, arredamento e meccanica. Non sono mancate, negli ultimi tempi, iniziative della Regione dirette al mercato statunitense, dove i prodotti italiani rappresentano solo il 2,1 per cento delle importazioni Usa. L’Umbria, in particolare, per aumentare le proprie esportazioni dovrebbe non limitarsi ai mercati di New York e della California, ma aprire anche al New Jersey, al Connecticut, al Texas e a Washington, dove i redditi sono aumentati notevolmente. L’Amministrazione regionale sta favorendo anche scambi con paesi del bacino mediterraneo, come il Marocco che proprio nei giorni scorsi ha inviato in Umbria alcuni imprenditori per rafforzare i contatti conle aziende umbre. In Europa, i progetti principali di promozione riguardano i prodotti agricoli di qualità e sono mirati in particolare a rafforzare la presenza di vino, olio e norcineria sui mercati di Germania e Benelux. Oltre alle istituzioni, anche i soggetti privati sono molto attivi nella promozione del “Made in Umbria”. Tra le iniziative più recenti vanno segnalate l’apertura di un ufficio a Cuba, voluta dal Consorzio Umbria Produce, per favorire la ricerca, la selezione e la diffusione delle opportunità di cooperazione e d’affari per le Pmi della regione. Lo stesso Cup ha aperto un interessante canale anche verso il Messico, che potrebbe offrire spazi importanti per le esportazioni delle industrie umbre. La nostra regione sarà presto al centro dell’attenzione di oltre 100 rappresentanti delle 66 Camere di commercio italiane all’estero che si ritroveranno a Perugia, dal primo al 5 luglio prossimo, per il loro incontro annuale. Si tratta di coloro che, per mestiere, realizzano collegamenti e occasioni di promozione tra le realtà economiche italiane e quelle dei diversi paesi dove operano gli organismi che lavorano per incrementare il commercio italiano con l’estero. L’80 per cento delle esportazioniitaliane sono dirette verso quei 40 paesi in cui sono presenti le Camere di commercio, che contano 23.000 aziende associate e 270.000 contatti di affari ogni anno. D.M.Una regione che cerca di aprirsi all’estero, ma che copre ancora una fetta molto piccola della grande torta del “Made in Italy” destinato al resto del pianeta. E’ l’immagine che si riesce a tracciare dell’Umbria, incrociando una serie di dati e informazioni fornite dai tanti soggetti pubblici e privati che si occupano di imprese, economia e mercati esteri. Le cifre più recenti, quelle delle elaborazioni dell’Istituto per il commercio con l’estero (Ice) su fonti Istat, parlano di una realtà imprenditoriale regionale che nel 2000 sfiora l’uno per cento (0,9 per la precisione) delle esportazioni nazionali complessive. La parte del leone spetta alla Lombardia (con il 28,3 per cento), seguita dal Veneto ma con un volume dimezzato (il 14,3 per cento). Per la nostra regione, secondo le elaborazioni di Unioncamere Umbria, significa un giro d’affari che per il 2000 è stato di oltre 2.316 milioni di euro (quasi 4.500 miliardi di lire). Nonostante volumi di scambio con l’estero ancora piuttosto ridotti, ci sono anche aspetti positivi nell’analisi dei dati economici. Intanto c’è da segnalare un lento ma progressivo aumento sia delle esportazioni che delle importazioni della regione, che riesce comunque a mantenere un saldo positivo nell’import-export. Nell’anno 2000, infatti, le importazioni sono state di circa 1.688 milioni di euro, con un segno più in favore delle esportazioni di quasi 630 milioni di moneta unica europea. Rispetto al 1999 sono cresciute sia le prime che le seconde: + 20,8 per cento nell’export e + 25,2 per cento nell’import. I dati del 2001, però, evidenziano una brusca frenata di questo trend positivo. La crescita delle vendite di prodotti sui mercati esteri si è limitata ad uno 0,2 per cento, mentre gli acquisti hanno subito una flessione del 4,4 per cento. I dati mostrano anche un tessuto regionale che viaggia a due velocità. Nel 2001, infatti, secondo le elaborazioni di Starnet di Unioncamere, la provincia di Perugia ha aumentato le esportazioni sul 2000 del 3,3 per cento e le importazioni del 3,1. Il territorio di Terni, invece, ha diminuito le prime del 4,8 per cento e le seconde del 12,8. Per fortuna un altro segnale positivo fa pensare ad un sistema che cresce progressivamente, anche se a piccoli passi. E’ il dato relativo al numero degli operatori che si aprono ai mercati esteri. Dal 1995 al 2000 le imprese esportatrici sono salite da 1838 a 1935 unità, appena l’1,09 per cento delle 178 mila aziende italiane che coltivano contatti con i paesi esteri. Per quanto riguarda i settori produttivi regionali, quelli che riescono ad esportare di più sono quello dei metalli (835 miliardi di lire all’anno secondo i dati Istat del 1999), delle macchine e degli apparecchi meccanici (634 miliardi), dei prodotti tessili (419), prodotti chimici e fibre sintetiche (291), articoli di abbigliamento e pellicce (276), prodotti alimentari, bevande e tabacco (264 miliardi). Gli altri settori sono tutti sotto ai 200 miliardi di lire di volume esportato. Metalli e prodotti in metallo sono, però, anche in cima alla lista delle importazioni per un valore di 863 miliardi annui, dunque più di quanto l’Umbria riesca ad esportare. Seguono i prodotti alimentari (355 miliardi di lire), i prodotti dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca (218) e gli apparecchi meccanici (135). I prodotti umbri finiscono, per lo più, in Germania, negli Stati Uniti d’America, in Francia e nel Regno Unito.

AUTORE: Daniele Morini