Le mani di un padre

Ho confidato ai miei lettori l’angoscia che ha provocato in me la passione e la morte del mio cugino e maestro don Antonio Fanucci, l’uomo della consolazione in caduta libera, per anni, e anni, nel pozzo nero della desolazione. Consolava desolato. Ma c’è un altro sacerdote eccellente del mio Presbiterio di Gubbio che ha vissuto una vicenda analoga, don Enrico Dossi, grande affabulatore morto nel 2004, dopo otto anni di silenzio assoluto. La sua è stata una vicenda che egli amava raccontare incantandoti. Lodigiano, nato nel 1916, Enrico si laurea in filosofia alla Cattolica. Fine anni ’40. Leader dei Giovani di Azione cattolica della Lombardia, mentre in Piemonte lo era Oscar L. Scalfaro, e in Emilia-Romagna Nilde Iotti. Subito dopo la guerra, vive in pienezza, a Roma, gli ‘anni dell’onnipotenza’; l’Azione cattolica aveva milioni di iscritti, e tra tante opere buone ci scappava anche qualche colata di cemento da un capo all’altro di Roma. Ne parlava sempre, con un misto di rimpianto e di distacco. Nel 1950 il prof. Dossi fondò il Centro turistico giovanile. Quando, nel 1967, egli si dimise, il Ctg gestiva poco meno di cento case di vacanze e due villaggi turistici. Ne parlava ancora e ancora, tra distacco e rimpianto, e tutti stavamo a sentirlo. Lasciò Roma per Spello, a fianco di don Giancarlo, poco lontano dall’amico Carlo Carretto; ordinato diacono, si licenziò al Teologico di Assisi, alunno entusiasta di uno degli uomini che amava di più, il suo prof. don Ennio Antonelli. Poi, nel 1974, quando dopo tre anni di comunità a Fabriano stavamo per dare vita a Gubbio alla Comunità di San Girolamo (oggi di ‘Capodarco dell’Umbria’), un luminoso mattino di giugno venne e si mise a mia disposizione. Altissimo, quasi allampanato, indosso una camiciola da mercatino rionale e calzoni alla fante di coppe, ai piedi scarpe da tennis senza calzini. Venne con noi a San Girolamo, sistemò in poche battute annose questioni legali. Ma dopo qualche mese riaffiorò un vecchio progetto: realizzare una comunità di preghiera in un lebbrosario. In autunno mons. Fiordelli lo ordinò prete, a 58 anni, a San Leonardo al Palco, in quel di Prato. E in dicembre partì per il Brasile, dove rimase fino al 1978, nel lebbrosario di Marituba, dove conobbe e ammirò soprattutto ‘una mistica di prima grandezza’, Maria la pretiÈa, lebbrosa all’ultimo stadio . Dal 1978 al 1982 tornò di nuovo in comunità con noi. Nel 1982 Antonelli lo fece parroco di San Pietro. Iniziative pastorali a cascata, numerose, fantasiose. La pastorale con la mitragliatrice. Rimase parroco a San Pietro fino al 1996, quando un’emorragia massiva gli tolse la parola. Otto anni di forzato silenzio per un cultore della parola fascinoso come lui. Lo andavi a trovare (Scalfaro venne tre volte apposta per lui), e lui ti stringeva forte la mano, silenziose lacrime sulle guance. Il consolatore desolato. L’affabulatore messo a tacere. Un confratello ha mormorato: ‘È duro cadere nelle mani del Dio vivente’. Ancora più duro ostinarsi a credere che sono le mani di un Padre.

AUTORE: Angelo M. Fanucci