Le quattro competenze che spettano al catechista

Incontri diocesani di formazione per catechisti, svoltisi in simultanea a Orvieto e Todi

Si sono svolti a Orvieto e a Todi, in contemporanea, i due incontri di formazione per catechisti organizzati dalla nostra diocesi, guidati da don Valter Perini e da Anna Marchiori, della diocesi di Venezia, e da don Francesco Pedrazzi e da Elda Torcoli della diocesi di Brescia. Numerosi i partecipanti, sabato e domenica, provenienti dalle diverse Unità pastorali. Sabato l’incontro ha messo a tema la necessità di ripensare il modello catechistico per la nostra società secolarizzata, ossia quali principi debbano guidare nel nostro tempo un percorso di iniziazione alla fede cristiana. È emerso subito il ruolo determinante dei genitori. Il contributo dei genitori nell’iniziare i figli alla fede cristiana è un compito che origina dalla loro stessa paternità e maternità, e non può essere delegato. La famiglia e la comunità cristiana costituiscono perciò un “ecosistema” necessario per la nascita e la crescita della fede. Per ripensare la trasmissione della fede oggi, è stato proposto un cammino che comprenda tutti gli aspetti della vita cristiana, dalla catechesi alle celebrazioni, dalla vita fraterna all’impegno caritativo. Si tratta di un rinnovamento della catechesi dell’iniziazione in senso catecumenale. Un rinnovamento promosso e sostenuto dal magistero ecclesiale. Il Direttorio generale per la catechesi di Giovanni Paolo II del 1997 al n° 59, infatti, afferma che il catecumenato è il modello di ogni catechesi. Così anche la Nota pastorale dei Vescovi italiani sull’iniziazione cristiana (Ic) del 1999 invita a ripensare l’Ic dei fanciulli e dei ragazzi in chiave catecumenale. Nel corso dell’incontro la riflessione ha successivamente riguardato i principi metodologici che devono guidare i catechisti e quali competenze e abilità costoro devono possedere per iniziare alla vita cristiana. Nuove vie per l’Ic, nuovi metodi per educare alla fede sono stati invece proposti per garantire obiettivi che vanno ben al di là della semplice istruzione dottrinale. È stato sottolineato come si debba educare alla vita cristiana, educare all’esperienza religiosa, educare all’atto di fede, educare all’appartenenza ecclesiale, educare alla partecipazione liturgica e alla vita di carità. Attraverso la valorizzazione delle relazioni, attraverso un linguaggio evocativo e induttivo in luogo di uno logico-deduttivo, valorizzando la dimensione della testimonianza e delle azioni rituali. Al centro dunque dell’incontro di catechesi non dev’esserci un testo ma la testimonianza del catechista e il vissuto dei ragazzi. In particolare è stato sottolineato come quattro debbano essere le competenze o abilità che il catechista deve cercare di acquisire o maturare in seno alla comunità: la competenza relazionale verso i ragazzi per la trasmissione dei contenuti, verso le famiglie dei ragazzi, gli altri catechisti e la comunità degli adulti; la capacità di annuncio (prima e fondamentale competenza del catechista) e di narrazione: il racconto infatti fa prendere coscienza delle esperienze e la persona è anche interlocutrice di un Dio che chiama e parla per invitare ad un incontro; la capacità di educare a leggere i segni di Dio: riconoscere la presenza e l’azione di Dio nel quotidiano, saper interpretare i segni liturgici, e più in generale i segni ecclesiali, la capacità di educare alla contemplazione e allo stupore, al silenzio per maturare una relazione di fiducia con Dio; la capacità di introdurre nella vita della comunità: la parrocchia è la comunità da privilegiare valorizzando l’ospitalità verso i ragazzi e le famiglie.Nel corso dell’incontro di domenica mattina i partecipanti attraverso lavori di gruppo sono stati addestrati a guidare laboratori di formazione a cui dovranno a loro volta dar vita nelle Unità pastorali.

AUTORE: Antonio Colasanto