Le relazioni tra gli affreschi della sala dei Notari e la basilica di San Francesco: l’importanza degli stemmi

Giotto in Umbria. Ne abbiamo parlato con il prof. Pietro Scarpellini

In occasione dell’apertura della mostra su Giotto a Roma mercoledì 4 marzo si è svolto ad Assisi l’incontro ‘Giotto e la basilica di San Francesco ad Assisi. Relazioni tra il ciclo assisiate e la decorazione pittorica della Sala dei Notari’. Una conferenza tenuta dal prof. Pietro Scarpellini, già docente universitario e massimo esperto di arte medievale, promossa nell’ambito delle celebrazioni per l’VIII centenario della Regola francescana e del settimo centenario della presenza attestata di Giotto ad Assisi. Perché mettere in relazione il ciclo perugino con quello di Assisi? ‘Lo studio dei dipinti della Sala dei Notari (dove sono presenti vari soggetti biblici, esopici, cavallereschi e fatti d’armi n.d.r.) – spiega a La Voce il prof. Scarpellini – , la cui datazione sarebbe ormai certa (tra il maggio del 1298 e l’aprile del 1300) sembrerebbe contribuire a fissare le datazioni dei cicli della basilica di San Francesco ad Assisi, per nessuno dei quali si ha al momento un arco cronologico ben determinato. La questione della datazione della basilica, infatti, non è stata ancora ben considerata e uno studio più attento degli affreschi potrebbe dare ulteriori informazioni. Alcuni studiosi moderni, infatti, hanno rilevato influenze dirette di alcuni affreschi assisiati su quelli perugini, per cui secondo me la datazione della Sala dei Notari costituisce un punto di riferimento molto importante per arrivare a chiarire meglio quella della basilica di San Francesco’. In che modo si è arrivati a tale conclusione? ‘In seguito alla scoperta degli stemmi sulle pareti della sala dei Notari costruita, come hanno stabilito le ricerche di Maria Rita Silvestrelli, tra il 1292 e il 1298. Studi sull’argomento hanno infatti dimostrato che la decorazione perugina viene iniziata nel 1298 quando fu capitano del Popolo Bonifacio dei Boiardi, il cui stemma compare negli arconi verso la parete di fondo della sala. Decorazione che venne terminata sotto il capitanato di Schiatta dei Cancellieri che rimase in carica dal novembre 1299 e l’aprile 1300 e il cui stemma compare negli arconi prossimi all’ingresso e nel dipinto nella lunetta di controfacciata. Una datazione, come si vede, a ridosso di quella assisiate che ci farebbe dar ragione al Vasari (il ‘biografo’ degli artisti 1511-1574n.d.r.) secondo il quale il ciclo fu commissionato a Giotto nel 1296′. Alcuni studiosi hanno riconosciuto delle relazioni tra le decorazioni della sala dei Notari e il ciclo francescano. Ci può dire quali sono? ‘ce ne sono diverse, una la si può riconoscere nel tavolo imbandito dipinto nella lunetta di controfacciata della sala dei Notari con le raffigurazioni di Gennaio e Febbraio che dipende molto evidentemente, tanto nella struttura quanto nella disposizione della suppellettile, dal tavolo nella ‘Morte del signore di Celano’ nella parete sinistra della chiesa Superiore di Assisi. Ma altri riferimenti sono presenti anche nella prima parte del ciclo, come, per esempio, nella ‘Creazione di Eva’ nel ciclo perugino, dove, secondo Luciano Bellosi, la figura femminile discende da quella di san Francesco nell’affresco con la ‘Rinuncia ai beni paterni”. ‘Di qui la dimostrazione – sostiene – che nella primavera del 1298, quando fu dato inizio alla decorazione della sala dei Notari, il ciclo francescano già esisteva ed essendo quello il testo più moderno è probabile che ispirò direttamente i maestri attivi a Perugia. E se, come sostiene Bruno Zanardi, (colui che restaurò per anni gli affreschi della basilica di San Francesco) le storie di san Francesco vennero realizzate in due anni ecco che arriviamo giusto in tempo al maggio del 1298, quando iniziò la decorazione della Sala dei Notari’. Ma veniamo all’annosa questione della paternità degli affreschi della basilica di San Francesco. Sono o non sono di Giotto? ‘Preferirei non entrare nella questione. Posso solo dire che ancora oggi esistono due fronti opposti: uno quello dei ‘negazionisti’ tra cui figurano studiosi soprattutto tedeschi, ma anche italiani tra cui il restauratore Bruno Zanardi e lo studioso Federico Zeri, secondo i quali il maestro lavorò solo nella chiesa Inferiore, dove realizzò la cappella della Maddalena, di San Nicola, le vele e le storie dell’infanzia di Cristo. Mentre nella chiesa Superiore sono all’opera tre diversi pittori, di cui, secondo Zanardi, è difficile che uno di loro sia Giotto. L’altro fronte è quello dei tradizionalisti, tra i quali ci sono anch’io, secondo i quali Giotto lavorò certamente nella chiesa Inferiore, ma si devono alla sua mano o almeno alla sua direzione anche alcune delle scene della basilica Superiore’. Lei fa riferimento alle storie del Maestro di Isacco, dove sono rappresentate scene dell’Antico e Nuovo Testamento? ‘Sì. In due delle storie, per esempio, si vede una mano diversa, e lì per me c’è l’intervento del Giotto giovane che subentra a Cimabue. Poi anche nelle storie di San Francesco quà e là secondo me c’è qualcosa e anche nell’impianto generale …’. Ma preferisce non entrare nel dettaglio.

AUTORE: Manuela Acito