
Raggiungiamo Fabrizio Ricci al telefono mentre sta tornando da Acquasparta dove ha visitato i cinque appartamenti realizzati nel bene sequestrato alla mafia, che saranno messi a bando, a canone concordato, per giovani coppie.
“Un bell’esempio di riutilizzo di un bene confiscato nella nostra regione, direi un esempio che potrebbe quasi fare scuola” commenta Ricci, presidente della Commissione d’inchiesta dell’Assemblea legislativa dell’Umbria “Analisi e studi su criminalità organizzata e infiltrazioni mafiose, corruzione e riciclaggio, narcotraffico e spaccio di stupefacenti” insediatasi lo scorso 20 febbraio. Per Ricci è la prosecuzione di un impegno nell’“antimafia sociale ed in particolare in Libera, l’associazione fondata da don Luigi Ciotti, alla quale devo moltissimo”, aveva detto il giorno dell’insediamento.
I beni confiscati alla mafia in Umbria
I beni confiscati Ricci li definisce “cicatrici sul territorio” perché “sono segni di ferite”, segni della presenza di attività mafiose accertate, “che al termine di tutti i gradi di giudizio sono arrivate a confisca definitiva dei beni in qualche modo restituiti al territorio, alle istituzioni, come prevede la legge”. Ma quanti beni confiscati ci sono in Umbria? Si parla di circa 12 o 13 beni confiscati in via definitiva ed assegnati mentre “sarebbero tra i 20 e i 30 quelli che ancora non hanno completato l’iter di assegnazione” e che sono quindi ancora in capo all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati.
I segni di presenza mafiosa ci sono da tempo
La percezione comune è che nella nostra regione la criminalità organizzata sia poco presente ma, avverte Ricci, “fatte le dovute proporzioni, questo mito va sfatato perché ormai da decenni abbiamo segnali di una presenza, di un’infiltrazione di carattere economico e anche di tentativi più recenti di radicamento”. E cita il caso più eclatante, la conclusione a dicembre scorso del processo “Quarto passo” con 30 condanne per un totale di circa 277 anni di pena, per 416bis ovvero per “associazione con finalità mafiose”. “Per la prima volta – sottolinea Ricci – è scritto in una sentenza che la mafia qui in Umbria c’è e opera”. Questa sentenza di primo grado di questo processo iniziato nel 2012 “ha confermato le ipotesi dei PM, che erano appunto quelle di un’associazione di carattere mafioso operante sul nostro territorio, soprattutto nella zona dei ponti di Perugia, Ponte San Giovanni, Ponte Felcino”.
Il riciclaggio di denaro e le interdittive antimafia
Oltre i processi ci sono, però, avverte Ricci, “una serie di segnali di carattere prevalentemente economico che esistono sul nostro territorio, come i dati sui ‘reati spia’” che sono riciclaggio di denaro “che ha numeri molto significativi e preoccupanti”, usura, estorsione. Ci sono poi anche “altri segnali molto chiari” che sono le interdittive antimafia adottate dai prefetti negli ultimi anni.
“Sono numerosissime” sottolinea Ricci, ricordando che si tratta di atti di carattere amministrativo adottati dalle prefetture che “interdicono un’attività economica, un’attività imprenditoriale perché ci sono fondati sospetti, non una sentenza, ma fondati sospetti sul fatto che quei soggetti, quegli imprenditori possano essere in qualche modo coinvolti in attività mafiose o comunque sia in consorterie criminali”. E fa l’esempio dell’interdittiva che ha colpito “un luogo simbolo della nostra regione come l’hotel Subasio di Assisi davanti alla Basilica di San Francesco, il più antico della città, chiuso da molti anni proprio perché colpito da una interdittiva antimafia”.
La Commissione regionale antimafia
In questo quadro occorre tenere alta l’attenzione ed è quello che intende fare la Commissione regionale antimafia che, spiega Ricci, “non fa attività di indagine come fa la magistratura, ma svolge un’attività politico-istituzionale di ascolto, di studio, di analisi” di carattere economico e sociologico di come il fenomeno mafioso si evolve sul territorio. “Perché – sottolinea Ricci – questo è il punto: dobbiamo pensare oggi all’attività mafiosa non più come a quelli che sparano o usano le teste degli animali morti come avvertimenti intimidatori, perché le organizzazioni mafiose oggi sono delle grandi holding economiche che fanno investimenti, che cercano di infiltrare il tessuto economico, soprattutto di alcuni settori, e poi in certi casi fanno il salto di qualità che significa arrivare anche alla politica”. In Umbria non ci sono stati casi di scioglimento di amministrazioni pubbliche per infiltrazioni mafiose, “però è un rischio che abbiamo visto concretizzarsi in tante zone del centro nord, ragione per cui bisogna mantenere un’attenzione altissima anche su questo”.
Lo scopo della Commissione antimafia
Lo scopo della commissione è “dare alle istituzioni della nostra regione degli strumenti in più per poter affrontare questi problemi”. Tra i quali c’è anche la gestione dei beni confiscati che “è un modo fondamentale” per combattere le mafie. “Su questo Libera è stata la scuola per tutti noi, ha capito sin dall’inizio che restituire il mal tolto alla collettività è un modo potentissimo per combattere le organizzazioni mafiose”. Per questo sui beni confiscati serve “chiarezza su quali sono, che utilizzo ne viene fatto, cosa si può fare per migliorarne il riutilizzo, ma anche aiutare le piccole amministrazioni ad affrontare i problemi che ci sono nel riutilizzo degli stessi”.
La formazione dei cittadini
Altro aspetto dell’attività della Commissione è la formazione dei cittadini, sia nelle scuole e con l’università, ma anche la formazione degli amministratori, sia come politici, ma soprattutto come tecnici che lavorano nei comuni e nelle pubbliche amministrazioni. Ci sono, infatti, strumenti di prevenzione, come è stato il Documento unico di regolarità contributiva (Durc) introdotto con la ricostruzione post sisma 1997, e più recentemente, la legge regionale del novembre 2024 prevede “azioni di promozione per favorire il conseguimento del rating di legalità (istituito nel 1012) da parte delle imprese operanti nel territorio regionale e mediante iniziative formative su tali strumenti, dirette al personale delle amministrazioni che operano sul territorio regionale”.
Il controllo degli appalti
Il delicato capitolo appalti è anche un “obiettivo politico della nostra giunta e della nostra maggioranza” dichiara Ricci, sottolineando che “sono lo spazio nel quale s’annidano molto spesso fenomeni di illegalità se non addirittura di criminalità”, ma è anche un settore nel quale “la Regione può con i suoi strumenti cominciare a mettere dei paletti, quindi pensare a un protocollo sugli appalti che inserisca tutta una serie di vincoli e criteri per garantire maggiore legalità”.