Legge contro l’omofobia in Italia: le considerazioni del filosofo del Diritto Francesco D’Agostino

SOCIETÀ/SESSUALITÀ. Arriva oggi in Parlamento il provvedimento che introduce in Italia il reato di omofobia. Una giusta tutela, che però potrebbe avere contraccolpi pericolosi
Manifestazione contro l’omofobia (Foto di Daniela Tomasino)
Manifestazione contro l’omofobia (Foto di Daniela Tomasino)

Arriva in aula questo venerdì 26 luglio il provvedimento che introduce in Italia il reato di omofobia. Dopo che la Commissione ha approvato l’emedamento che elimina il riferimento alla definizione di “gender” contenuto nella bozza iniziale, il provvedimento, composto di un solo articolo, estende anche all’omofobia e alla transfobia gli effetti previsti dalla legge Macino che punisce con la reclusione il reato di “discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. Di fatto, avverte il fronte contrario al provvedimento, se il testo non cambia l’effetto sarebbe quello di discriminare coloro che credono nel matrimonio tra uomo e donna, e si rischierebbe il carcere anche a ricordare la condanna delle relazioni omosessuali contenuta nella Bibbia. Quattro deputati del Pdl hanno proposto la moratoria legislativa sui temi etici per “evitare l’introduzione di elementi divisivi nel senso comune del popolo”, proposta respinta dal Pd. Per Francesco D’Agostino, ordinario di Filosofia del diritto all’Università di Roma Tor Vergata, la moratoria può essere una “manovra tattica che può servire a raffreddare gli animi per rinviare il dibattito ed evitare che prima delle ferie estive si possano accelerare decisioni poco ponderate”, ma non risolutiva.

Che significato antropologico-culturale può avere questa proposta?

“Una richiesta di moratoria su temi che riguardano il bene comune, e preciso che non si tratta di bene confessionale dei cattolici, ha solo una valenza tattica: il dibattito sull’omofobia è importante ma mi sembra che alcuni dei promotori ne auspichino l’approvazione con toni esasperati. Il rischio è una legislazione frettolosa. Il nostro Paese ha invece bisogno di un salto di qualità”.

In che senso?

“Come cittadino, prima ancora che come cattolico, vorrei finalmente capire la reale strategia dei nostri cattolici in Parlamento. Si sentono già sconfitti a priori, e proprio per questo non ne hanno alcuna? Vorrei che, cattolici e non, tutti quelli che prendono sul serio il problema antropologico – non religioso! – della sessualità e della famiglia, chiarissero la propria linea strategica”.

Qual è la sua opinione sul provvedimento sull’omofobia?

“Non ho paura di una legislazione che sanzioni i residui di aggressività omofoba. Essi meritano di essere puniti, ma non voglio che una legislazione sanzionatoria dell’omofobia si trasformi in modo subdolo in una legge che limiti la libertà di espressione, pensiero e ricerca sui temi della sessualità e dell’omosessualità. Approviamo pure una buona legge sull’omofobia, oggi mancante e sollecitata anche dall’Ue e dal Presidente della Repubblica, a condizione che garantisca libertà di espressione e di ricerca, secondo le linee della nostra Costituzione”.

Che cosa chiede, in concreto?

“L’inserimento di una clausola di garanzia per evitare il rischio che chi afferma – in base alle sue ricerche scientifiche, antropologiche, religiose – che l’omosessualità è una patologia, venga perseguito come omofobo, e che assicuri il rispetto della sua opinione. Non un ‘no’, ma un ‘sì’ detto con intelligenza e proposte calibrate, auspicabile anche in altri ambiti”.

Ad esempio?

“Pensando ai molti disegni di legge sulle unioni gay presenti in Parlamento, alla dilagante apertura in tutto l’Occidente ai matrimoni omosessuali e all’enorme pressione sociale e psicologica sul tema, non condivido l’idea, da più parti affermata, che l’omoaffettività, di per sé, meriti tutela. Potrebbero meritarla invece nuove forme di convivenza, sessuate o non sessuate, che oggi creano problemi sul piano del diritto come le ‘convivenze senili’ di chi coabita per condividere le spese, o le forme di convivenza presenti in alcune nuove espressioni di vita consacrata. Non si tratta di riconoscere forme alternative di famiglia, perché la famiglia è una sola: la famiglia generativa uomo-donna che progetta un futuro inter-generazionale e meriterebbe ulteriori tutele e forme di appoggio. Occorre però una legge intelligente che tuteli nuove forme di convivenza, non in chiave di alternativa o allargamento della famiglia tradizionale, ma come nuovo istituto giuridico giustificato da nuove esigenze sociali. All’interno di queste forme potrebbero rientrare anche le coppie omosessuali. E c’è un altro discorso, difficilissimo ma necessario…”.

Che è…

“Nel nostro Paese aumenta costantemente la popolazione islamica, al cui interno esistono forme di rapporti poligamici. Non dobbiamo assimilare la poligamia riconoscendola come alternativa al matrimonio monogamico – sarebbe tradire la nostra tradizione – ma bisogna garantire anche alle eventuali seconde o terze conviventi, che, se venissero ripudiate, si troverebbero in mezzo alla strada, una tutela oggi non riconosciuta dal nostro ordinamento che le considera semplicemente ‘ospiti’ dell’uomo. Più che di tattica, abbiamo insomma bisogno di una nuova intelligenza giuridica a 360 gradi, volta a tutelare i soggetti più deboli per anticipare tensioni sociali che, una volta prodotte, sarebbero difficili da gestire”.

AUTORE: Giovanna Pasqualin Traversa

1 COMMENT

  1. La famiglia costituita con l’unione di un uomo e una donna finalizzata alla procreazione, al sostentamento e alla formazione umana dei figli e alla condivisione vitale non è solo un istituto di natura religiosa ma è la figura primaria della comunità sociale nel diritto naturale e positivo di tutte le civiltà, in particolare di quelle che derivano dalla Cristianità Europea e la pretesa di sostituirla con un generico diritto di genere nega i valori e la libertà di pensiero e di azione ma le Lobbies omosessuali e anarchiche sono molto forti e i nostri politici, in particolare quelli sedicenti cristiani, hanno sempre privilegiato le scelte facili e fruttose di voti e privilegi tanto è vero che anche i DC non hanno mai introdotto legislazioni favorevoli alle famiglie, in particolare quelle più attive e numerose. Il Diritto é costituito da valori tradotti in norme e non può essere determinato da convenienze e da strategie di potere ma in un Italia Consumista e Giustizialista questi principi non hanno diritto di cittadinanza.

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