Liturgia, Chiesa, società

Dal 27 al 31 agosto prossimi a Spoleto si terrà la 58’Settimana liturgica nazionale. Il tema all’ordine del giorno è ‘Celebrare nella città dell’uomo. Comportatevi da cittadini degni del Vangelo’. Ragionando di liturgia, si ripropone una questione fortemente attuale: quale rapporto vogliamo che esista tra Chiesa e società. L’Umbria nel secondo millennio ha promosso e tenuta viva nell’Occidente cristiano la problematica dell’Incarnazione. Come Gesù a Betlemme si è fatto uno di noi, Francesco d’Assisi e i suoi ci hanno insegnato che i cristiani debbono provare a incarnare il Vangelo dentro la società. Due immagini dei sinottici chiariscono meglio il ruolo che ci è proposto. Come il lievito fa fermentare tutta la massa, gli amici di Gesù contribuiscono a rendere meno pesante il contesto in cui vivono, condividendo con tutti il tesoro dell’antropologia biblica. Come il sale dà sapore alle cose, ai cristiani è chiesto di partecipare con tutti il sistema valoriale che è loro proprio, per ridare speranza agli uomini e alle donne di buona volontà. A 40 anni dal Concilio Vaticano II tocca ancora riproporre alla comune considerazione un quesito non eliminabile, almeno per chi non vuole essere superficiale. Tra Chiesa e società civile si ritiene giusto che vi siano punti di incontro nel comune servizio all’uomo, oppure hanno ragione quanti vorrebbero un comportamento analogo alle rotaie del treno, che viaggiano rigorosamente parallele, ognuna per conto suo? Certo debbono essere fatte salve la profezia, alla quale la Chiesa in nessun modo può rinunziare, il servizio all’uomo e quella particolare esperienza di aggregazione che appartiene in modo specifico ai fedeli di Cristo. In questi 40 anni più volte si è ripetuto che la stessa comunione all’interno della Chiesa esiste in funzione della missione. La diaconia rispetto al mondo è il nome dell’amore misericordioso di Cristo che, per salvarci tutti, per tutti è andato in croce. Certamente i segni di questa relazione, in termini tecnici e finanche sacramentali, si riassumono nella carità, che è il banco di prova dove la Chiesa si manifesta per quello che è: nelle sue risorse di dono di Dio per l’uomo, ma anche di peccato, ogni volta che il disimpegno, la logica mondana, l’ansia del potere e la poca corrispondenza al Vangelo offuscano l’immagine del Signore che deve invece essere mostrata a tutti. Vi sono anche linguaggi, minori per importanza ma non trascurabili per aiutare tutti a capire, per fare cultura. Le cattedrali medievali dell’Umbria furono tutte concepite come chiocce, sotto le cui ali la città intera potesse trovare riparo e accoglienza. La 58a Settimana liturgica di Spoleto vuole riproporre la questione se gli edifici sacri, le iniziative della Chiesa, la sua pedagogia, ecc. (cioè la scatola e i suoi contenuti), nel tessuto urbano, siano capaci di manifestare l’ascolto, la comprensione e l’accoglienza che i cristiani si impegnano ad offrire a tutti, oppure se il culto di Dio e l’amore verso il prossimo possono essere categorie disgiunte e anche contrapposte alla vita quotidiana della gente. Gli antichi ci hanno insegnato, certamente in Umbria, ma anche altrove, che i semi del Vangelo sono capaci di far fiorire la città dell’uomo, non solo con la bellezza dell’arte, ma soprattutto con quel contagiosissimo fuoco della carità che raccoglie le sfide del nostro tempo e invita tutti a costruire la civiltà dell’amore. La liturgia aggrega in sé moltissimi linguaggi umani e, mentre aiuta a lodare Dio, trasforma il popolo del ‘lodatori’ in uomini di buona volontà, solleciti del bene commune. È il miracolo che da 20 secoli si rinnova nella Chiesa e ci chiede di capire perché mai non dovrebbe avverarsi anche oggi: la destra dell’Altissimo non si è accorciata, la sua misericordia non è venuta meno, la sua provvidenza rimedia ancora le nostre inadeguatezze. La Settimana liturgica è un evento che è affidato a tutti noi, ancora una volta nella pedagogia dei fatti. Sarà un’occasione per riannodare i fili allentati o spezzati di chi, col Vaticano II, aveva ricominciato a misurarsi con la Chiesa e forse con Dio. Sarà un’autocelebrazione, se lasceremo l’evento solo agli addetti ai lavori. Partecipare è un gesto di speranza, un contributo perché, con la grazia di Dio, ancora una volta l’utopia si faccia storia.

AUTORE: ' Riccardo Fontana