p align=”justify”Mi riferisco in particolar modo all’art. 9, quello che tratta di matrimonio e famiglia, che ci è più congeniale, e cioè di alcuni valori (“cose che valgono”) oggi messi in crisi dalle diffuse mentalità libertarie e radicaleggianti più che dalla complessità dei rapporti sociali. Il matrimonio tra un uomo e una donna e la conseguente famiglia, che formano una società naturale che precede ogni altra istituzione umana ed esige dallo Stato di esser tutelata prima e più d’ogni altra aggregazione sociale. In realtà la famiglia è stata considerata come una variabile tra tante forme di convivenza possibili, che non vogliono però accedere alla struttura impegnativa e pubblica del matrimonio-famiglia, ma ne esigono tutta la tutela “come se” fossero matrimonio e famiglia. Il che è un controsenso giuridico (incostituzionale?), oltre che morale, un vulnus arrecato alla stabilità della famiglia, che non mancherà di pesare gravemente sul partner più fragile e soprattutto sui figli, e di riflesso sulla società. La “tutela” che si pretende, infatti, è ben diversa dal “rispetto” che è in ogni caso dovuto a chicchessia.Le forti prese di posizioni pubbliche dei contrari a questo articolo dello Statuto, serene chiare ineccepibili come sanno esserlo quelle di giuristi seri e di veri esperti dell’argomento, non sono valse a destare ripensamenti, perplessità, interrogativi… Per benigna concessione hanno portato solo a una “ripulitura” del testo, variando la punteggiatura ma lasciando intatta la sostanza. Dobbiamo prendere atto che nella cultura giuridica attuale, interpretata – quando va bene – da sociologi più che da uomini di pensiero, prevalgono non i diritti-doveri, che sono per natura loro universali obbligatori simmetrici, ma i desideri, le pretese, le piccole ideologie di parte, addirittura le mode pseudoculturali. Le difficoltà legate ad una società complessa non si superano con l’accondiscendimento, ma con la coscientizzazione e una seria educazione previa al convivere e all’amare, oltre che con adeguate provvidenze (aiuto serio alle famiglie numerose, tutela significativa dei disabili e degli anziani in casa, consulenze pluraliste e non a senso unico nei consultori ecc.).Era questo il punto principale sul quale, come esperti di questi problemi, ben più di tanti tuttologi e politici, chiedevamo una radicale riconsiderazione per il bene della società umbra, della quale si lamentano quotidianamente sui giornali molti guasti: dalla denatalità, anche per aborti, alla crescita esponenziale di figli sbandati e l’infrenabile ricorso alla droga, pesante sintomo di malessere affettivo ed educativo…), a famiglie lentamente emarginate, o comunque non prese in seria considerazione nella gestione delle relazioni sociali. Meritava una maggiore considerazione anche quell’identità più vera dell’Umbria, minuscola regione che però – guarda caso! – è nota nel mondo proprio per due piccole città quali Norcia e Assisi: ma questo pesa di meno, anche se è indice d’un flop culturale clamoroso, come se menzionare una radice cristiana, riconosciuta da tutto il mondo anche non cristiano, fosse una vergogna! Ma è sul matrimonio e sulla famiglia, sulla accoglienza della vita e sulla libertà di educazione, che continueremo a batterci. Come da sempre ci battiamo per tutto ciò che si riferisce alla solidarietà con i poveri, alla giustizia sociale, alla pace, oltre all’impegno costante per la verità e la libertà contro ogni forzatura ideologica: tutti “valori” che sono nati cristiani e che trovano nella fede radicamento, motivazioni, forza attuativa.
Lo statuto delle ambiguità
AUTORE:
' Giuseppe Chiaretti