I GrEst (Gruppi Estivi) impegnano molto le parrocchie, sia nella ricerca e formazione dei volontari, ragazzi, giovani e adulti, coinvolti, sia nella gestione economica. Ed è evidente a tutti che svolgono una importante funzione sociale di sostegno alle famiglie nel tempo in cui i figli non vanno a scuola, tanto che vent’anni fa, appena un anno dopo l’approvazione della legge nazionale sugli oratori anche la Regione Umbria ha approvato nel 2004 la legge sul “Riconoscimento e valorizzazione della funzione sociale, educativa e formativa svolta dalle parrocchie mediante gli oratori”.
Nel 2015 la legge è stata abrogata perché la materia è entrata nel “Testo unico in materia di Sanità e Servizi sociali” ma è rimasta la previsione della partecipazione delle diocesi umbre all’“accordo di programma che regola il piano di zona” e la possibilità di finanziare “progetti previsti nel sistema integrato regionale di interventi e servizi sociali ed educativi, rivolti ai soggetti in età minore, agli adolescenti e ai giovani”.
Dunque gli oratori sono un vero e proprio “servizio pubblico”?

Lo chiediamo a don Riccardo Pascolini, responsabile del Coordinamento oratori della diocesi di Perugia-Città della Pieve, e segretario del Forum oratori italiani (Foi).
“Più che un servizio nel senso stretto del termine, l’oratorio rappresenta una forma autentica di prossimità: uno spazio – risponde don Pascolini – in cui ci si prende cura delle nuove generazioni, un luogo di attenzione quotidiana e concreta. È l’impegno della comunità cristiana verso i più piccoli, verso le famiglie, verso chi cerca relazioni significative. L’oratorio non è solo un’attività, ma uno stile educativo che accoglie e accompagna nella crescita”.
Venti anni di rapporto con la Regione: cosa salvare e cosa migliorare?
“Questa esperienza ha dimostrato che ogni sfida educativa si affronta meglio insieme. In questi vent’anni gli oratori sono cresciuti, si sono strutturati, hanno assunto una maturità nuova. Tutte le amministrazioni regionali che si sono succedute hanno riconosciuto e sostenuto l’importanza del lavoro svolto. L’oratorio è uno spazio aperto, dove si intrecciano culture, religioni, lingue e soprattutto speranze. È fondamentale rafforzare questo modello, valorizzandone la capacità di fare rete e di generare coesione sociale. Se c’è qualcosa da rivedere, è forse il bisogno di snellire alcuni passaggi burocratici, rendendo più fluidi i rapporti tra enti locali e realtà educative”.
Avete avuto interlocuzioni con la nuova presidente della Regione, Stefania Proietti?
“Sì, la presidente conosce bene la realtà degli oratori: da sindaca e poi da presidente della Provincia ha già dimostrato attenzione e sensibilità verso il loro valore educativo. I primi scambi sono stati positivi: apprezza l’impegno degli oratori come alleati fondamentali nel sostenere le famiglie e nel costruire relazioni significative nei territori”.
Esistono stime sul valore sociale generato dagli oratori rispetto ai finanziamenti pubblici?
“Sì, a dieci anni dall’approvazione della legge regionale è stato redatto un documento che ha analizzato l’impatto sociale degli oratori. I dati parlano chiaro: per ogni euro investito dalla pubblica amministrazione, il valore generato è triplo. Questo significa che il sostegno agli oratori non è solo una scelta educativa, ma anche una scelta intelligente in termini di investimento sociale”.
Perché la Chiesa investe così tante energie negli oratori e nei Grest?
“Perché lì si esprime una dimensione essenziale della vita pastorale. L’oratorio è il luogo in cui la parrocchia respira, in cui si incontrano generazioni diverse, in cui la fede si trasmette attraverso relazioni autentiche. È il contesto in cui la comunità si riconosce e si prende cura dei suoi giovani, non come destinatari passivi, ma come protagonisti. Per la Chiesa, l’oratorio è una scelta missionaria, è il volto quotidiano dell’evangelizzazione che passa dalla porta dell’amicizia”.