L’Umbria e lo Statuto

Incontro della Consulta per i problemi sociali

Venerdì 15 febbraio a Villa Santa Tecla di Palazzo d’Assisi si svolge una riunione della Consulta regionale per i problemi sociali e del lavoro e di giustizia e Pace, con la presenza del direttore dell’omonimo Ufficio nazionale mons. Paolo Tarchi. All’ordine del giorno il programma nazionale e i programmi regionali per i temi sociali, la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato. Un punto particolarmente importante in questo periodo è la riflessione sullo Statuto della Regione dell’Umbria. Sull’argomento è stata predisposta una bozza di documento che dovrà essere sottoposta alla riflessione collettiva e al discernimento degli organismi diocesani. A prescindere dai contenuti del testo finora approntato consiste soprattutto nel ricordare ai cattolici singoli e alle comunità ecclesiali il loro diritto – dovere di essere partecipi della vita sociale e propositivi in ordine all’ “incremento della qualità civile della vita sociale”. Altro punto qualificante è quello della definizione dell’ “identità dell’Umbria, terra natale di grandi Santi quali Benedetto e Francesco, Chiara e Rita e tanti altri”. Lo Statuto quindi dovrà tenere presente che “la cultura e l’arte, il costume e le tradizioni dell’ Umbria sono profondamente intessuti di cristianesimo”, nel rispetto del pluralismo affermato nel nostro tempo. Come si vede, la bozza del documento non pretende di interferire nei lavori propri della commissione regionale competente in materia, ma una risposta alla richiesta di coinvolgimento e di partecipazione ad un testo che costituirà la “magna carta” dell’intera regione e pertanto dovrà essere il più largamente rappresentativo possibile. Non sarà un’operazione facile, data l’eterogeneità e complessità costitutive delle varie popolazioni umbre e per questo si ritiene che il lavoro avviato nella comunità ecclesiale, ancorché limitato al circuito delle persone più preparate nel sociale, ha un particolare interesse in quanto opera trasversalmente in tutte le popolazioni, sensibilizzandole alla dimensione regionale, in modo che possano assumere una coscienza e un legame che vada oltre il gretto particolarismo territoriale. D’altra parte, una larga partecipazione e una consapevolezza popolare diffusa può esorcizzare i pericoli che il potere regionale si renda invasivo e proceda in modo centralistico non rispettando il principio di sussidiarietà. La bozza di documento dell’Ufficio pastorale non si esime dal ricordare anche una breve storia della “regionalizzazione” dell’Umbria e cioè di quel processo, in verità piuttosto recente, che ha portato alla costituzione del territorio e delle comunità che compongono la regione dell’Umbria, la cui ultima definizione compare nel 1860 come una provincia comprendente anche Rieti, modificata nel 1923 con il passaggio della Sabina al Lazio e nel 1927 con la istituzione della provincia di Terni. Lo statuto regionale non potrà non tenere conto di tutte queste complesse questioni.

AUTORE: E.B.