Ma la pillola uccide

Contraddizioni nel Bollettino del ministero della Salute, che difende la persona, e poi approva il farmaco abortivo RU 486

Il Bollettino d’informazione sui farmaci (Bif) è un periodico bimestrale dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) inviato gratuitamente ai medici. L’Aifa è l”appendice’ scientifica del ministero della Salute. Nel numero di ottobre 2007 due articoli – di segno opposto – mi hanno particolarmente colpito. Il primo, l’editoriale ‘Quando un farmaco viene ritirato’, è una revisione delle motivazioni per cui un medicinale non è introdotto o viene ritirato dal commercio. L’introduzione di un nuovo farmaco porta con sé ‘ argomenta l’editorialista ‘ sempre una quota d’azzardo che purtroppo si gioca sulla pelle dei pazienti. Allora, è necessario rivalutare spesso il profilo beneficio/rischio che può condurre anche al ritiro temporaneo o permanente del farmaco. Tutto a favore della persona: ogni volta che avviene il ritiro, ciò deve insegnare che la cura e la salute dei pazienti sono l’obiettivo primario di ogni farmaco. L’altro articolo, di segno opposto, si intitola: ‘RU 486: efficacia e sicurezza di un farmaco che non c’è’. Già il titolo è molto eloquente, anche per future determinazioni del ministero della Sanità sulla pillola abortiva. L’articolo è un dettagliato aggiornamento sul mifepristone (RU 486) che, in associazione al misoprostol orale o vaginale, determina l’aborto medico o farmacologico, in alternativa all’aborto chirurgico. Sull’efficacia sembra che non ci siano dubbi, anche se viene riportato fallimento del metodo nel 3,5 % dei casi. La somministrazione di mifepristone e misoprostol risulta efficace nell’indurre l’aborto medico entro le nove settimane di gravidanza. Sulla sicurezza, messa tra parentesi dall’articolista, avrei qualche dubbio. Non mi riferisco agli effetti avversi temporanei minori (dolori addominali, contrazioni uterine, cefalea, nausea, vomito, diarrea, febbre) o gravi (sanguinamento importante con necessità di emostasi chirurgica e di emotrasfusione, infezione uterina che richiede ospedalizzazione, revisione della cavità uterina post-abortum), ma ai decessi. Finora sono state segnalate 15 morti materne da sepsi, setticemie, shock da emorragia massiva. Il New England Journal of Medicine ne è la fonte più autorevole. Un articolo pubblicato nel 2005 è accompagnato da un editoriale che pone alcune questioni di rilievo (puntualmente riportate dal Bif): a) queste morti hanno implicazioni importanti non solo in termini individuali ma anche di salute pubblica; b) gli aspetti particolarmente preoccupanti che hanno caratterizzato questi eventi (donne giovani e in buona salute, procedura abortiva eseguita apparentemente con successo, sintomi associati all’insorgenza delle infezioni poco significative, morte sopravvenuta in tempi rapidi) debbono allertare i medici rispetto alla comparsa di un quadro potenzialmente letale. Sulla base di queste considerazioni, gli esiti fatali segnalati vengono valutati come un numero limitato di eventi rari, rispetto ai quali è comunque importante informare le donne che richiedono tale procedura. Con queste premesse non sorprende che l’articolo del Bif, emanazione del ministero della Salute, concluda che ‘l’utilizzo e la diffusione del mifepristone, insieme all’andamento dei tassi di abortività, mostrano come la disponibilità di questo farmaco, e più in generale della procedura dell’aborto medico, possano essere considerati un’opzione fornita dal Servizio sanitario nazionale, in linea con le scelte operate da tempo in molti Paesi dell’Unione. Due considerazioni. La multinazionale francese Exelgyn ha chiesto la registrazione della pillola abortiva in Italia. La richiesta è giunta all’organo competente, l’Aifa, la stessa agenzia ‘proprietaria’ del Bif, il bimestrale da cui abbiamo tratto l’articolo sulla RU 486. Nessuno si illuda. Con le premesse espresse nello stesso articolo, l’Aifa accetta la richiesta e la commercializzazione è immediata. Schermandosi magari dietro la registrazione effettuata in alcuni Paesi europei attraverso l’Emea, l’agenzia europea del farmaco. Senza rifiutarlo e presentare obiezioni sui profili relativi alla sicurezza del nuovo prodotto. Probabilmente senza sollevare perplessità. Ma come si può parlare di sicurezza – e questa è la seconda considerazione ‘ se viene meno quella tutela della salute e della vita che ha indotto la medesima agenzia del farmaco a ritirare medicinali dei quali erano note reazioni avverse gravi, come è stato ben argomentato nell’editoriale del Bif già citato? Perché si ritira il Lipobay (ipocolesterolemizzante) che determina rabdomiolisi, o il Vioox (antireumatico) responsabile di eventi cardiovascolari, e si lascia e si introduce l’RU 486 che determina anche morte? Perché sono pochi i casi letali rispetto al numero di donne che hanno utilizzato la ‘kill pill’. Non è una spiegazione attenuante, ma aggravante, poiché non tiene conto del valore della vita della donna che vuole abortire. Non la si tutela. Non è etico per l’Aifa introdurre con una sola delibera un farmaco che può uccidere contemporaneamente due persone: il figlio e la madre. Tutti lo sanno o dovrebbero saperlo, compresa la donna alla quale si somministra la ‘kill pill’.

AUTORE: Mario Timio