Maestro anche di management

l’editoriale

In una recente trasmissione tv un famoso industriale perugino del tessile, Brunello Cucinelli, cui è stata chiesta la ragione del suo successo, tra le varie motivazioni ha detto di aver avuto due maestri: Benedetto da Norcia e Francesco d’Assisi. Additato quale industriale illuminato e innovatore, ha affermato che in questi due maestri ha trovato l’ispirazione per una gestione dell’azienda a dimensione umana, il rispetto delle persone e della loro dignità, il valore del pensiero e dell’arte, la semplicità della vita e l’aspetto creativo del lavoro. In occasione della consegna di un premio ha detto: “Cerco di mettere in pratica le raccomandazioni di san Benedetto: essere rigoroso e dolce, esigentissimo maestro e amabilissimo padre”. Queste dichiarazioni, non esauriscono il messaggio benedettino, ma sono una spinta in più per affermare la sua attualità per il nostro tempo e per affrontare la presente crisi di civiltà. Testimone principale, tra tutti il più autorevole, è Benedetto XVI che ha scelto il Santo di Norcia come “patrono del suo pontificato” e in più occasioni ha invitato a seguire il suo insegnamento per riscoprire le radici della cultura europea. Oggi non è in gioco solo la presenza o meno del crocifisso nelle aule scolastiche e nei luoghi pubblici, ma sono messe in discussione, e già in gran parte cancellate, forme di vita e criteri condivisi di comportamento. Nella Regola e negli insegnamenti di Benedetto, sono ancora attuali, e persino urgenti – ad esempio – la critica al vagabondaggio (monaci vagantes) e all’accattonaggio sregolato, anche se fatto in nome di Dio e della pietà cristiana, che può voler dire anche fare soldi senza fatica e a danno degli altri. Le comunità, anche una pccola comunità monastica, figuriamoci la grande società civile, deve essere democratica ma regolata. La comunità elegge l’abate e si raduna periodicamente in assemblea. Ma la Regola deve essere osservata da tutti, e anche secondo Benedetto, come per san Paolo, “chi non lavora, non mangi”. Tra le realtà umane il lavoro, nella concezione benedettina, ha un posto privilegiato. Una società che si rispetti fa di tutto perché il lavoro non manchi, e chi lo compie deve avere rispetto per ciò che compie, anche se di umilissimo livello. I monaci, a parte i periodi di decadenza, non hanno disprezzato i lavori nei campi e nelle stalle. Ci saranno sempre dei poveri, degli inetti e dei malati, e Benedetto insegna la misericordia, la carità e l’accoglienza, considerando l’ospite come il Signore. Nella comunità non si devono avere disparità di trattamento, ma tutti sono uguali di fronte a Dio e di fronte all’abate. Anche il più giovane deve parlare in assemblea, perché spesso dai più taciturni viene detta l’opinione e la proposta più interessante.L’immagine di san Benedetto che tiene in mano la sua città compare sulla testata giornalistica de La Voce. Vuol indicare che anche il nostro attuale vivere nella modernità non può realizzarsi senza il sostegno di questo insegnamento. “Anche oggi – ha affermato Benedetto XVI – la Regola di san Benedetto è una luce per il nostro cammino. Il grande monaco rimane un vero maestro alla cui scuola possiamo imparare l’arte di vivere l’umanesimo vero” (udienza generale 09/04/2008).

AUTORE: Elio Bromuri