Mass media per la pace: compito da svolgere a servizio della comunità

Domenica primo giugno la Chiesa celebra la giornata per le comunicazioni sociali

Stare davanti ad una tastiera e ad un video, nella solitudine di una stanza, con il sottofondo del rumore sordo dei computer, oppure davanti ad un microfono, con la cuffia sugli orecchi e parlare a qualcuno che non si vede, sono due forme della comunicazione sociale nella sua origine che pesano e costano una fatica mentale e psicologica non esigua. C’è anche la soddisfazione, talvolta, di avere risposte positive da parte di chi ha letto o sentito. E tuttavia un impegno e prima ancora una passione animano coloro che svolgono il compito di comunicatori sociali nella Chiesa. Ciò avviene, si può dire, fin dall’invenzione dei caratteri mobili per la stampa, ma si è intensificato con particolare ampiezza tra la fine del XIX e l’inizio del XXsecolo. Nel nostro tempo, a partire dal dopoguerra, con la grave questione comunista e poi dal Concilio Vaticano II (tanto per fissare una data) che ha emanato il decreto specifico sui mezzi della comunicazione sociale (Inter mirifica) vi è stata un’accelerazione di iniziative e di proposte. In Umbria tuttora viviamo di quella spinta di cui sono in atto alcune significative realtà, in particolare per quello che da più vicino ci compete, il settimanale La Voce e Umbria Radio, diffusi a livello regionale, ma anche altre iniziative locali che vanno dai tradizionali settori di stampa e radio fino ad internet. In questa occasione della Giornata mondiale delle Comunicazioni per la quale il Papa ha inviato un messaggio incentrato sulla Pacem in terris e quindi sul rapporto tra comunicazione sociale e pace, va ricordata la necessità che su questo settore vi sia una maggiore sensibilità e un più convinto interesse da parte di tutta la comunità ecclesiale. Non c’è alcun educatore, catechista, operatore pastorale che non debba essere fruitore e operatore della comunicazione sociale. Siamo tutti d’accordo che questa non è sufficiente per l’evangelizzazione, ma nel mondo di oggi è tuttavia necessaria. Necessaria non sufficiente. Non sufficiente, ma necessaria. I motivi sono molteplici e non staremo qui a ripeterli. Ma sono proprio le ragioni che spingono alcuni di noi, come si può vedere dalla intervista a don Giulio a dedicare un’intera vita a questa attività. Elio BromuriDon Giulio Giommini: dalla parrocchia alla radio diocesana senza perdere il contatto con la gente’Se in una sala completamente buia uno accende un fiammifero, tutta la sala si illumina’. Qualcosa del genere ebbe a dire il cardinale di Bologna in tempi in cui Radio Augusta Perusia, oggi Umbria Radio, cominciava le prime trasmissioni. Era l’ottobre del 1983 quando mons. Giulio Giommini lasciò la parrocchia di Castiglione del Lago, dove aveva dato vita alla radio parrocchiale, per dedicarsi al nuovo incarico di direttore della neonata Rap, e la frase del cardinale di Bologna toccò mons. Giommini, che oggi dice: ‘Quel fiammifero è diventato una candela!’. In fondo l’allora arcivescovo di Perugia mons. Cesare Pagani seppe valorizzare quello che don Giulio sapeva fare. ‘Per tutta la vita ‘ racconta ‘ mi sono dedicato a queste cose: registratori, altoparlanti’ era una mia passione. La mia preoccupazione, quando mons. Pagani mi diede questo incarico, fu solo quella di iniziare. Poi le cose sono venute da sé: mi sono cercato una quarantina di giovani volontari che potessero prendersi l’incarico di portare avanti i programmi e devo dire che oggi sono diventati più bravi di me’. Gli inizi sono stati in una grande semplicità. Le prime trasmissioni si tennero tra l’ottobre del 1983 e il marzo seguente, quando mons. Pagani benedì il locale della radio nel chiostro della catterdrale di San Lorenzo, dove ancora si trova, con il ripetitore sul campanile. La prima in assoluto fu la messa di mezzanotte del Natale ’83, trasmessa via telefono. Quando mons. Pagani lo seppe esclamò: ‘Di già?’. Poi arrivarono i primi fondi per sostenere il lavoro. Certamente non fu facile per don Giulio lasciare la parrocchia, la sua gente, e mettersi dietro un vetro, in uno studio dove ormai da quasi venti anni porta avanti questo nuovo tipo di apostolato. ‘Sono stato formato per essere parroco ‘ ci dice ‘ la nostalgia della gente è forte, anche se pazientemente è stata superata’. Ma la radio non è solo quello che appare. Sono molti coloro che, dopo averlo ascoltato nelle trasmissioni che lui stesso guida, gli telefonano per un colloquio, un confronto. E ne ha di ricordi don Giulio! L’Almanacco delle 7.00, con la lettura della Parola del giorno, il profilo del santo del giorno e una rassegna stampa, ed ora ‘ da poco ‘ anche lo spazio dedicato alla lettura e al commento dei documenti della Chiesa universale o del nostro Arcivescovo: sono queste le trasmissioni in cui si può ascoltare la voce del direttore di Umbria Radio. ‘E allora la gente, quando mi incontra in santuari o nelle parrocchie dove vado ad amministrare le cresime, riconosce la mia voce’ si ferma, chiede”. E così i volti non mancano, neppure per chi annuncia il Vangelo dai locali di uno studio radio ben noto in tutta l’Umbria.

AUTORE: Francesca Acito