Tra i dati della relazione dell’apertura dell’anno giudiziario ce n’è uno che possiamo prendere come indicatore dello stato di salute della famiglia: le istanze presentate per la separazione e il divorzio. Negli ultimi dieci anni si è avuta una media di 1.160 istanze di separazione presentate e 552 istanze di divorzio (i dati si riferiscono ai procedimenti sopravvenuti nell’anno). Nel complesso, dal 1992 a oggi, più di 4.000 famiglie si sono “sfasciate”. I dati presentati nelle relazioni inaugurali non dicono perché, ma il segnale della crisi della famiglia veniva colto e segnalato, non di rado, dagli estensori della relazione. Negli ultimi anni non è stato più citato, forse soffocato dalla attualità di questioni politicamente più urgenti, eppure i numeri non mostrano tendenze alla diminuzione. D’altronde indagare su cause e possibili strategie di prevenzione non spetta certo alla Magistratura e c’è da segnalare che non risulta ci siano studi statistici o sociologici che tentino di dare risposte al quanti sono e al perché finiscono tanti matrimoni. Per avere un’idea dell’orizzonte in cui va collocato il dato possiamo aggiungere che in Umbria ci sono più di duecentomila famiglie e circa quattromila matrimoni l’anno, l’80% dei quali celebrati con rito religioso e dunque con la partecipazione dei futuri coniugi ai corsi di preparazione al matrimonio che la Chiesa esige per poter celebrare il sacramento. Molte di queste coppie, in numero sempre crescente, chiede anche che venga riconosciuta la nullità del sacramento celebrato, rivolgendosi al Tribunale ecclesiastico regionale umbro.Qui affrontano una serie di colloqui che offrono uno spaccato interessante per comprendere le ragione di tanta fragilità. Il contributo dell’avvocato stabile del Tribunale ecclesiastico umbro, Giuseppe Carpita, presenta delle considerazioni nate dalla esperienza e da un dato: la principale causa di nullità del matrimonio è l’immaturità di entrambi o di uno dei due coniugi. M.R.V. L’esperienza della patologia matrimoniale insegna che il motivo scatenante delle crisi coniugali spesso è costituito dall’incapacità di uno o entrambi i coniugi a sostenere la quotidianità familiare con i suoi diuturni impegni. Non basta cancellare qualche dovere o rinunciare a qualche diritto per trovare la giusta soluzione al problema che si pone, perché quello che balza all’attenzione di chi è chiamato ad occuparsi di problemi matrimoniali è soprattutto la incapacità di donarsi all’altro/a e ciò evoca carenze umane inerenti all’affettività della persona. Bisogna riconoscere che ancora oggi non viene presa in considerazione una sana ed efficace educazione all’amore complementare che nasce dalla gratuità nell’offrire la propria persona. L’amore coniugale, infatti, va oltre il sentimento, in quanto “amore di volontà”, cui bisogna affinarsi, nel tempo e col tempo, alla scuola della vita. C’è bisogno allora di imparare ad amare. Ma per fare questo non si può aspettare l’ultimo momento, ritenendo a torto che sia sufficiente il corso previo alle nozze, il cui fine diretto in ogni caso è altro. Occorre innanzitutto anticipare la preparazione al matrimonio, toccando il livello remoto della formazione umana e cristiana che deve accompagnare ogni fedele. Bisogna avere la consapevolezza, contro le mode dei nostri tempi, che al compagno o alla compagna della vita si arriva partendo da lontano, nel rispetto di un cammino graduale di crescita umana, il cui punto di partenza si radica nell’infanzia e si situa dunque nella famiglia di origine. Ecco il ruolo insostituibile dei genitori volto a cogliere con le antenne dell’amore non solo i bisogni materiali dei figli, ma anche le loro esigenze interiori spesso rimaste latenti per difetto di sensibilità e di relativo ascolto. Ad un adolescente serve, accanto all’educazione intellettuale, anche una vera educazione affettiva comprensiva dei sentimenti, delle emozioni, degli entusiasmi, delle paure. Questo è necessario per percorrere la via della maturazione affettiva di cui oggi si avverte in modo particolare la carenza. Ormai da qualche anno, alla base della nullità matrimoniale nelle cause celebrate in foro ecclesiastico, sempre più frequentemente si riscontra l’insufficiente capacità all’atto delle nozze di ponderare i diritti e obblighi matrimoniali da parte di uno o di entrambi gli sposi. Condizione questa di effettiva immaturità di giudizio critico, che, anche senza riguardare necessariamente la patologia clinica e quindi le malattie mentali, discende da una costituzionale e diffusissima fragilità psicologica che non permette con continuità e permanenza di dar luogo alla relazione coniugale. Relazione, che essendo profonda, intima, esclusiva e perpetua, risulta peculiare per queste sue caratteristiche da cui discendono proprietà ed elementi essenziali della comunità di vita e di amore che è il matrimonio disciplinato dall’ordinamento canonico.
Matrimoni in crisi, sposi immaturi
Ogni anno per 4mila matrimoni che nascono più di mille vanno in crisi e 500 finiscono
AUTORE:
Giuseppe Carpita