Mons. Peroni: “Una carezza di Dio per il suo popolo”

Avviata la causa di beatificazione del vescovo Settimio Peroni

Domenica scorsa, 24 novembre, è stata la grande giornata del Servo di Dio mons. Settimio Peroni, l’indimenticabile vescovo di Norcia di cui proprio domenica, festa di Cristo re, è stato avviato nella sua città il Processo diocesano sull’eroicità delle virtù. Amava sempre restare nell’ombra, quasi timoroso di esporsi, ed era soltanto virtù, nel culto di quel silenzio in cui è tanto più facile restare in contatto con Dio, proprio come nella Regola di San Benedetto che raccomanda “umiltà e compostezza, poche e assennate parole, mai facendo chiasso con la voce, poiché sta scritto ‘alle poche parole si riconosce il saggio’ (Reg. 7,60). In compenso abbondavano le opere. Ha avuto ben ragione mons. Riccardo Fontana di definire il vescovo Peroni una “carezza di Dio per il suo popolo”, lungo i 22 anni di episcopato, nello spirito proprio di Cristo Re, di quella regalità che trova l’equivalente nel servizio di carità, a immagine e trasparenza di quel Dio che è Uno in Tre Persone. Giustamente l’Arcivescovo ha ricordato l’episodio della croce d’oro donata al Peroni dalla sua Fiesole, a cui non esitò poi a rinunciare per carità, poiché a lui bastava la croce per se stessa. E che dire poi delle tessere alimentari di famiglia cedute ai seminaristi, ennesima delicatezza per il Seminario già tanto arricchito con l’illuminata riforma. Senza dire poi del suo accorrere paterno e generoso a Monteleone, per i poveri, come pure poi dell’intervento coraggioso presso le SS tedesche a difesa dei 103 ostaggi, di cui riuscì a salvarne un buon numero. Non lo impressionano né lo distolgono le calunnie, le accuse, gli insulti, fino a dover un giorno lasciare, ma senza proteste o rivalse, la diocesi e a doversi rifugiare, poverissimo, negli ultimi tempi, a Fiesole senza minimamente scolparsi di colpe non sue. Fu il Vescovo – ben ha detto mons. Fontana – che “capiva il popolo e si incarnava nel popolo”. Al termine della celebrazione eucaristica, si è avuta la costituzione solenne del Tribunale diocesano per l’introduzione della causa di canonizzazione: giudice delegato mons. Primo Battistoni, postulatore della causa mons. Agostino De Angelis, primo uditore di Rota in Roma, promotore di giustizia mons. Giovanni Benedetti, notaro don Stefano Sivilla. Di tutti abbiamo accolto commossi il giuramento di rito, circa soprattutto l’impegno, la segretezza, il rispetto dei testimoni. Regolarissima la procedura, secondo la normativa canonica: Istanza del postulatore, “Nihil obstat” della Santa Sede, Intimatio dei testi, lettura del Decreto d’indizione della seconda sessione del Processo, verbalizzazione e apposizione di firme per la prima Sessione. Alla cerimonia, oltre naturalmente alle autorità (al primo posto il vescovo di Porto-S. Rufina, il nostro mons. Gino Reali e il sen. Ronconi, ed inoltre le varie rappresentanze regionali e provinciali, come pure dei vari comuni con i sindaci in fascia tricolore), oltre al popolo, al presbiterio della diocesi, e i religiosi e religiose di vita attiva (le comunità di clausura hanno seguito attraverso la radio diocesana, finalmente estesa all’intera diocesi), abbiamo avuto la gradita presenza dei 700 anziani dei Centri sociali della diocesi, nella Festa della fraternità, su invito di mons. Arcivescovo: un colpo d’occhio stupendo, senza dire dei canti e della grande euforia, nella grande Sala del Centro Boario, inaugurata proprio per l’occasione. Basti un solo dato, quello della cucina con una cinquantina di inservienti, e dei 45 camerieri, sotto la guida di don Vito, con i suoi di San Nicolò!

AUTORE: Agostino Rossi