Morti per droga

l’editoriale

Il titolo sui quotidiani di mercoledì scorso non è di quelli che passano inosservati: “Morti per droga: primato europeo”. Si parla dell’Umbria. Com’è possibile? Il dato, fornito dalla Relazione annuale al Parlamento sulle tossicodipendenze presentata il 22 giugno, indica l’Umbria come prima per tasso di mortalità, tre volte superiore al resto d’Italia. Il capo del Dipartimento antidroga nazionale Giovanni Serpelloni, nella relazione a Palazzo Chigi ha notato che il dato umbro è il più alto in tutta Europa, pur in un quadro generale migliorato. In dieci anni dal 1999 quando i decessi erano 1002, nel 2009 sono stati 484. Immediata la reazione dell’assessore regionale Carla Casciari, che ha segnalato l’opera svolta in questi anni dalla regione Umbria per contrastare le morti per overdose. Già nel 2006 ha attivato un piano dal titolo “Linee di indirizzo per prevenzione dei decessi”, chiedendo la collaborazione di tutte le istituzioni. Il piano è stato potenziato nel corso del 2008 anche grazie ad un finanziamento del Ministero della Solidarietà sociale. I decessi, infatti, sono diminuiti negli ultimi due anni, dai 35 morti del 2007 ai 18 del 2009. Il consigliere di minoranza Franco Zaffini non contesta le cifre ma le metodologie assunte dalla Regione che si limitano al lavoro dei Sert (Servizio tossicodipendenze) e delle Unità di strada. Per giudicare la situazione e i metodi usati per la prevenzione e il recupero, per contrastare il fenomeno in modo più efficace servono idee chiare e risorse. Ci vuole anche il coraggio di inventare e diffondere una nuova filosofia, ricominciare a pensare. Finora ci si è arenati nelle secche della riduzione del danno, un’azione di tamponamento necessaria. Ma è sempre comunque una filosofia debole che non convince i giovani e non li spinge a rompere con la droga, ma solo a controllarne gli effetti perché non diventino devastanti. Per questa china il movimento verso il baratro si rallenta ma non si arresta. Una filosofia promettente di cui parliamo in questo numero (vedi art. a pag. 6) è stata quella del “progetto uomo” di don Mario Picchi, messo in atto da molti operatori di comunità in Italia e nel mondo. Un metodo che fa leva sulle risorse presenti in ogni persona, intesa come soggetto in relazione e quindi rivolto alla chiamata in causa anche della famiglia e della società. Ci si aiuta e ci si salva insieme. Vi sono state e vi sono anche altre metodologie ed altre esperienze, conosciute attraverso la pubblicizzazione che ne fanno i mass media. Ma, in ogni modo, ciò che conta è l’educazione e la ri-educazione alla libertà e alla responsabilità. Non un approccio terroristico, ma educativo, in senso pieno e forte. Un dato riporta che una percentuale di morti in Umbria sono di fuori. Non so se ciò sia una attenuante, nel senso che noi non c’entriamo, o un’aggravante nel senso, cinico, che in Umbria si vive tanto bene da morire. Per fortuna, (questa è la notizia buona), la crisi economica in questo campo, fa diminuire il consumo, non hanno soldi “per farsi”. Ma anche qui potrebbe essere pericoloso e innescare logiche perverse di violenza. L’Umbria merita ben altri primati.

AUTORE: Elio Bromuri