Morto di droga ‘per amore’: il racconto della madre

Speciale. Continua l'analisi del mondo della tossicodipendenza

Un’altra vittima della droga, un’altra vita brutalmente interrotta da questo mostro che appare invincibile è un ragazzo ventunenne che chiameremo Paolo. A raccontare la storia è proprio sua madre, la persona che più da vicino ha visto in faccia le conseguenze della tossicodipendenza. Dalla testimonianza ci si rende conto che avere una buona famiglia alle spalle non basta, poiché le cause della tossicodipendenza possono ritrovarsi in amicizie sbagliate o, peggio ancora, amori sbagliati. Questo è ciò che è accaduto alla giovane vittima ‘colpevole’ di essersi innamorato di una ragazza già da tempo tossicodipendente; la droga è accattivante come lo sono alcune persone che ne fanno uso e che attirano a sé sempre più vittime. All’inizio sembra solo un gioco, una ‘prova d’amore’ che invece si trasforma in un tunnel di dipendenza; per Paolo è bastata una volta fare uso di cocaina ed eroina per entrare nelle tenebre della droga. Un tunnel fatto di persone che vendono a caro prezzo la morte: i soldi non bastano più a comprare la droga e iniziano i debiti, i ricatti, la paura, iniziano le crisi d’astinenza accompagnate da un malessere latente, che aumenta di giorno in giorno. Proprio con questi segnali la madre di Paolo si rende conto della tossicodipendenza di suo figlio e inizia la corsa disperata tra i Sert e la ricerca di una comunità, per salvare suo figlio dalla droga, ma soprattutto per toglierlo dalle mani di certe persone. Pochi giorni prima di entrare in comunità, la speranza di una nuova vita svanisce quando Paolo riceve una telefonata da ‘qualcuno’: Paolo doveva uscire solo per un’ora, così aveva assicurato alla madre, ma da quest’uscita non è più tornato. Paolo è solo uno dei ragazzi che non torneranno più a casa. Le persone schiavizzate da tempo dalla droga cercano in modo ossessivo e accattivante di intrappolare altre vittime, dipingendo e decorando il marciume della droga come una bella esperienza, da provare: abbelliscono la morte e la mettono in vendita. Non si parla solo di morte fisica che avviene alla fine, ma della morte lenta durante la vita, portata dalla tossicodipendenza; ci si sente vivi solo quando ci si droga, ma è una vita fittizia perché dopo poche ore si ritorna nella morte. Per Paolo è stato un incontro sbagliato che ha deviato e poi bruciato la sua preziosa vita. Quali sono i campanelli d’allarme che fanno sospettare la tossicodipendenza di un figlio? La madre di Paolo sottolinea: ‘Innanzitutto il bisogno continuo di soldi, che non bastano mai anche se c’è un lavoro, l’inizio di debiti, la vendita di beni personali; il tempo passato a casa è sempre di meno, quindi uscite frequenti, aumento delle ore di sonno, una maggiore irascibilità accompagnata da malessere e apatia, per arrivare alle evidenti crisi d’astinenza’. Com’è cambiato il rapporto madre-figlio? ‘Non è molto cambiato il nostro rapporto perché Paolo ha sempre continuato a confidarsi con me. Infatti, è stato lui a confessarmi di aver fatto uso di droghe, e insieme abbiamo cercato una comunità perché voleva guarire, anche col mio aiuto. Ma questo poi non è bastato, altre persone lo avevano in pugno’. Le persone o le strutture a cui si è rivolta sono state di aiuto? ‘Ho ricevuto pronta disponibilità dal Sert, per le analisi e alcuni tranquillanti per Paolo, e da una comunità di recupero, solo perché lavoro da molti anni nel servizio ospedaliero, altrimenti so che i tempi normali sono molto lunghi ed è difficile essere accettati in comunità e che non tutti, tra l’altro, possono permettersi i costi che richiedono. Dopo la morte di mio figlio, poche persone mi sono state vicino e non sono rimaste indifferenti al mio dolore; ad esempio mi è dispiaciuta molto l’indifferenza del parroco del mio paese. Ho trovato, invece, grande aiuto e conforto dal gruppo di religione buddista che ora frequento’. Ha avuto contatti con l’Associazione delle famiglie dei tossicodipendenti? ‘No, perché conosco bene il mio dolore e non servirebbe parlarne con altri. Un bisogno che ho sentito, invece, è stato quello di cominciare volontariato nella comunità di recupero dove doveva entrare mio figlio’. Quella di Paolo è solo una delle tante storie di droga, da non dimenticare, ma anzi da ricordare con vive e fruttuose testimonianze che potranno essere d’aiuto, perché Paolo e altri ragazzi non siano morti invano.

AUTORE: Laura Angelini