Musaragno, anche a Perugia fondò l’Ucsei

Mons. Remigio Musaragno, una vita spesa per gli studenti esteri in Italia

Nella notte di sabato scorso è deceduto mons. Remigio Musaragno, fondatore dell’Ucsei – Ufficio centrale studenti esteri in Italia, e del Centro internazionale ‘Giovanni XXIII’, un collegio studentesco costituito con grandi sacrifici e altrettanta determinazione fin dagli anni ’70 del secolo scorso a Roma sul lungotevere Vallati, proprio davanti a S. Pietro. Originario della diocesi di Treviso, fu chiamato dalla S. Sede a lavorare nella congregazione di Propaganda fide, dove è rimasto per molti anni. Inizialmente si occupava della corrispondenza inviata alla Congregazione dai Paesi di missione, poi fu incaricato di seguire gli studenti esteri (non li ha voluti mai chiamare ‘stranieri’) che provenivano per vari motivi da quei Paesi. In questa occupazione, pastorale e culturale insieme, don Remigio ha speso per intero, senza sosta e senza limiti tutte le sue energie e risorse. Avrebbe compiuto 83 anni il prossimo ottobre, ma da qualche tempo era sofferente e impedito di lavorare. Anche negli ultimi momenti ha pensato ai suoi giovani. Nel collegio universitario ha vissuto e ha familiarizzato con gli ospiti, che a centinaia ogni anno frequentavano il collegio, stringendo solide amicizie. La notizia della sua morte mi è giunta, con parole commosse, da uno di loro, ora residente a Bruxelles, un comune amico della prima ora, Rukira Isidore J. Baptiste. Rukira si è laureato nella nostra università ed ha collaborato con don Musaragno nella fondazione dell’Ucsei della regione Umbria. Dell’Ucsei e della sua filosofia rimane la rivista Amicizia, che continua a riportare notizie e problemi del mondo degli studenti esteri. Questo argomento è stato posto al centro dell’attenzione da don Remigio proprio per la sua intuizione, divenuta programma di vita, di fare degli studenti provenienti dai Paesi poveri promotori e protagonisti di sviluppo. Per raggiungere tale obiettivo li ha cercati dovunque in Italia, li ha uniti in associazione, ha organizzato convegni, promosso borse di studio, e seguito personalmente i giovani in vista di una formazione integrale. Per essere operatori di sviluppo nei Paesi poveri non basta prendere una laurea all’estero, anche se già questo è difficile e faticoso; ma occorre avere passione per la propria terra, per le popolazioni che soffrono, ed avere il coraggio di ritornare in quei Paesi dopo aver sperimentato una vita più agevole in Italia. Egli ha combattuto con energia e con provvedimenti concreti (quali rimborsi per il viaggio di ritorno) la ‘fuga di cervelli’. Il cruccio di don Remigio è stato quello di non aver trovato nelle leggi e nei provvedimenti per la cooperazione internazionale risposte adeguate alle esigenze di quei giovani considerati quali soggetti strategici dello sviluppo. Questo però rimane il lascito di don Remigio, che vale la pena di raccogliere e perseguire. Il funerale si è svolto il 22 giugno a Mongravio Curanuova nel Biellese, dove c’è la sua famiglia, alla quale La Voce esprime le sue condoglianze.

AUTORE: E. B.