Narcisi

di Angelo M. Fanucci

No, è troppo gracile e furbesca la dialettica che dilaga in questi giorni su tutti i mass media da parte delle formazioni politiche che hanno vinto le elezioni del 4 marzo 2018; non merita l’attenzione che le dedichiamo.

Capisco che non è questo il momento più opportuno per dare spessore autentico ai nostri discorsi politici: avremmo bisogno di silenzio e di aria pura… Ma anche in contingenze pallide quali sono quelle che oggi viviamo, il respiro di fondo della discussione politica dovrebbe essere un altro.

Dovrebbe essere il respiro con il quale, come ricordava lui stesso in un’intervista recentemente riproposta in tv, Aldo Moro ebbe il suo primissima approccio con la politica: un approccio di taglio religioso, entusiasta, nel quale vibrava fortissimo il senso di una missione provvisoriamente vaga, dai contorni ancora sfumati: precisi, glieli avrebbe conferiti, quei contorni, la Storia imminente.

Era l’ispirazione politica dei “professorini” cattolici, neolaureati politicamente imberbi, molti dei quali cresciuti intorno a mons. Montini, il futuro Paolo VI. Furono essi che, prima di dare il loro determinante contributo alla nostra splendida Costituzione, stesero il “Codice di Camaldoli”.

Il Codice di Camaldoli: documento programmatico di politica economica veramente di grande spessore, veramente di ampio respiro, stilato nel luglio 1943 insieme ad altri esponenti delle forze cattoliche, fu quel documento che, più di ogni altro fattore di principio, rese grande la prima Democrazia cristiana, molto prima che nel suo corpo prendesse campo quel cancro che l’avrebbe trasformata nella “balena bianca”.

Uno spessore ampio, un forte respiro di fondo, che però non necessariamente deve essere esplicitamente religioso.

Nel n. 37 della Gaudium et spes i Padri conciliari si sono chiesti che cosa renda sempre fragile, sempre instabile quel “grande bene dell’uomo” che è il progresso, e si sono dati la risposta appellandosi all’insegnamento che i secoli ci impartiscono: “Il progresso umano… porta con sé una grande tentazione: infatti, sconvolto l’ordine dei valori e mescolando il male col bene, gli individui e i gruppi guardano solamente alle cose proprie, non a quelle degli altri; e così il mondo cessa di essere il campo di una genuina fraternità”.

Il narcisismo di Gigetto Di Maio e di Matteone Salvini non ha limiti. Sembra che non abbiano mai avuto contezza della storia gloriosa e tormentata che ha portato a confluire nel Pd il meglio del socialismo democratico e del cattolicesimo democratico: felici a incoscienti, continuano a specchiarsi, come Narciso, nel laghetto d’acqua stagnante che ha messo a loro disposizione la tracotanza dell’ultimo Matteo Renzi. A quando il tonfo?