Nei gruppi di “autoaiuto” chi soffre aiuta se stesso e gli altri

A Perugia un corso per far conoscere la "filosofia" e l'efficacia dell'aiuto reciproco

“Quando metti insieme le persone a parlare stanno sempre meglio”. Lo aveva detto tredici anni fa il dottor Manuali a Valeria Matteucci, all’epoca medico del servizio alcologico di Perugia che voleva dar vita a gruppi di “autoaiuto” di alcolizzati e loro familiari. Era una novità per l’Umbria. I gruppi di autoaiuto, nati in America e sperimentati nel Nord est italiano, parevano una “invasione di campo” agli psichiatri e psicologi nostrani. Ma così non era e non è, ed i risultati ci sono, anche se si potrebbe fare di più. Dopo 13 anni la dott.sa Matteucci è al Centro formazione professionale della Asl 2 che in collaborazione con il Consorzio di cooperative sociali “Auriga” ha promosso un corso sulla cultura e la pratica dell’autoaiuto. Tre giorni a cui hanno partecipato più di sessanta persone: membri dei gruppi, operatori delle cooperative sociali, medici e infermieri dei Centri di salute mentale e dei servizi alcologici delle Asl umbre. Obiettivo del consorzio Auriga e del Centro formazione della Asl 2 è di arrivare ad un censimento dei gruppi di autoaiuto presenti in Umbria e di incentivarne la formazione. Perché? Si è sperimentato, ormai, che questi gruppi costituiscono uno spazio vitale importante per chiunque abbia un problema o semplicemente un obiettivo da condividere. Ci sono gruppi formati da persone che vogliono dimagrire, gruppi di donne operate al seno, alcolisti in trattamento, emodializzati, familiari di malati di Alzheimer, familiari di tossicodipendenti, malati di tumori, persone che soffrono di depressione, ansia, attacchi di panico. Ci sono però anche gruppi di genitori che sono soltanto genitori con figli senza particolari problemi. I gruppi di autoaiuto sono il frutto, ed allo stesso tempo la causa, di un cambiamento radicale nel modo di affrontare disagi e problemi delle persone non più caratterizzato dalla delega allo specialista (medico, assistente sociale, psichiatra o l’esperto in genere) ma dalla propria responsabilità, protagonismo, risorse e capacità di dare e ricevere aiuto. “L’autoaiuto – si legge nel materiale distribuito al corso – non l’abbiamo inventato per questa occasione, l’abbiamo nel sangue, nel Dna della specie umana”. Cosa significa in pratica questo cambiamento di prospettiva? Significa, si legge nel solito papier, credere che “Giovanni (e la sua famiglia) non solo è un problema ma anche una risorsa (ama lo sport, alleva criceti, legge libri gialli, rammenda le calze, innaffia i fiori); può cambiare (basta con: è il solito Giovanni, ha la solita crisi, non c’è niente da fare); ha responsabilità e protagonismo (possiamo fare molte cose assieme); ha un sapere ed un’esperienza molto importanti (proviamo a vedere cosa succede in un gruppo di voci); può dare e ricevere aiuto (sempre e comunque)”. Il corso promosso dal consorzio Auriga (referente è Antonella Lucantoni tel 075 5057925) aveva lo scopo di promuovere la formazione e la conoscenza dei gruppi di autoaiuto che l’Organizzazione mondiale della sanità considera fondamentali per ridare alle persone responsabilità e protagonismo, per umanizzare l’assistenza socio-sanitaria, per migliorare il benessere della comunità. L’esperienza di genitori in difficoltà con i figliA Narni ci sono tre gruppi di autoaiuto di genitori con bambini in età scolare: ‘Camminare insieme’, ‘Amico mio’, ‘La cicogna’. Monica Isidori li ha tenuti a battesimo e li segue da un anno e mezzo circa, da quando, lavorando con i ragazzi delle scuola, senza particolari problemi ma con difficoltà nello studio e nella vita di classe, ha pensato di lavorare con i genitori per far star meglio i figli. Ed i risultati non si sono fatti attendere, l’obiettivo: star meglio con se stessi per far star meglio i figli, è un traguardo raggiunto giorno dopo giorno. “I genitori – spiega Monica – si sentono soli, persi, incapaci, non all’altezza”. Spesso le mamme ed i papà cercano di essere ‘superman’ per essere sempre disponibili e rispondere alle attese di un certo modo di essere genitore veicolato da film e pubblicità. Alla fine, però, non reggono. Nel gruppo di autoaiuto imparano prima di tutto a volersi bene ed accettarsi così come sono, e questa serenità ritrovata si riflette anche sui figli. “Si pensa che essere genitori sia come indossare un vestito mentre invece è importante educare i figli con sentimento, cioè essendo se stessi”. E questo lo si impara nel confronto e nella condivisione delle esperienze e delle opinioni. Nel gruppo ci sono soltanto altri genitori, non c’è nessun esperto cui delegare le risposte e le esperienze di ciascuno sono preziose per tutti. Anche nel gruppo orvietano”La strada”, nato sette anni fa dagli incontri di cinque mamme di ragazzi con problemi di droga, l’esperienza fondamentale è il ritrovarsi con altre persone capaci di capire quello che stai passando perché è capitato o sta capitando anche a loro. Al di fuori, che siano amici o parenti, non è la stessa cosa. Al corso di formazione ci sono Marta, Antonella e Ubaldina. Oggi i loro figli sono usciti dalla droga ma il loro impegno nel gruppo continua per aiutare i nuovi. “Nel gruppo puoi parlare, chiedere consigli, magari poi decidi da sola, ma diventi più forte e questo è importante perché la tua forza aiuta anche tuo figlio”. Vincere i sensi di colpa, saper dire no, saper prendere decisioni dure, si riesce a farlo meglio se hai la solidarietà, l’amicizia di altri. Il gruppo, però, non garantisce la vittoria di tuo figlio sulla droga.

AUTORE: Maria Rita Valli