Quali sono le sfide che l’economia umbra deve affrontare, e quali gli strumenti a tal fine impiegabili, nel più ampio contesto dei problemi che l’intera economia italiana è chiamata a fronteggiare ? A questa domanda si è cercato di dare risposte nel convegno su ‘L’economia regionale: tendenze e nodi strutturali’ organizzato dall’Unioncamere dell’Umbria e tenutosi a Perugia, venerdì 20 febbraio. Aprendo i lavori del convegno, Adriano Garofoli, presidente di Unioncamere dell’Umbria, ha sottolineato l’esigenza di rafforzare alcune componenti centrali del ‘sistema’ umbro, quali i centri di ricerca di interesse per l’industria, i servizi per l’export e l’internazionalizzazione e i servizi alle imprese in generale. Riferendosi al Patto per lo sviluppo dell’Umbria, ha rimarcato la necessità di abbandonare la pratica dei veti incrociati, invitando a pensare in positivo, formulare progetti comuni, pensare più in grande contribuendo a formare una comunità matura e volitiva capace di esprimere un’adeguata governance, coinvolgendo tra l’altro le numerose multinazionali operanti in Umbria. A questo processo – ha aggiunto – deve partecipare il più ampio ventaglio possibile di operatori (tra cui giornalisti, educatori, e le stesse famiglie umbre) Il posizionamento relativo dell’Umbria nell’ambito delle regioni italiane è stato analizzato da Bruno Bracalente, direttore del dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Perugia e già Presidente della Regione Umbria. Anche se nel 2001 il pil per abitante dell’Umbria è inferiore sia alla media nazionale che al dato delle regioni più simili per caratteristiche del tessuto produttivo, si registra nel più lungo termine una tendenza alla convergenza del dato umbro alle situazioni ricordate. Il sistema economico umbro sembra cioè capace di tenere il passo con le Regioni più dinamiche. Naturalmente, l’Umbria risente dei problemi comuni alla realtà italiana, ma con fattori specifici di aggravamento, tra cui: l’aspetto demografico-occupazionale, con un maggior peso della popolazione in età non da lavoro, e con tassi di occupazione inferiori nelle fasce più giovani e più anziane delle forze di lavoro. Si rileva altresì un minor aumento della produttività, che potrebbe essere attribuito all’insufficiente dimensione delle unità produttive, alla contenuta diffusione di reti tra imprese, alle carenze nella dotazione di infrastrutture economiche, alla prevalente collocazione della subfornitura nei segmenti più bassi della filiera del valore aggiunto. Maria Rita Lorenzetti, presidente della Giunta regionale, riprendendo alcuni punti già toccati da Garofoli, chiede per il Patto una marcia in più, una maggiore intraprendenza collettiva, che potenzi le relazioni tra Istituzioni e tra queste e la società, superi i rischi di provincialismo e faccia della regione un territorio attrattivo di risorse umane e di capitali dall’esterno. Il Patto per lo sviluppo impone a tutti di rivedere il proprio modo di lavorare, per affrontare la sfida centrale, rappresentata dalla la progettazione integrata, realizzando la combinazione desiderata di qualità, innovazione, integrazione e selezione dei problemi centrali. Qualità e innovazione e maggiore collaborazioneDal convegno proviene, giustamente, un invito autorevole, pressante, ripetuto, al potenziamento della concertazione e della cooperazione tra gli Attori della scena economico-sociale. Ci si rende conto pienamente che questo è un presupposto essenziale della progettazione integrata, per realizzare le azioni strategiche previste dal Patto per lo sviluppo dell’Umbria. E si è altresì compreso che avanzamenti diffusi, generalizzati sui fronti della qualità e dell’innovazione nei processi produttivi e nei prodotti, quali quelli auspicati dal Patto, richiedono motivazione e mobilitazione non solo dei vertici, ma di tutti i collaboratori, ai diversi livelli operativi e quindi un più intenso e generalizzato movimento di adesione della coscienza collettiva alle ragioni, agli obiettivi e ai presupposti di efficacia del Patto. Quanto alle indicazioni più tecniche fornite dall’incontro, rimangono fondate perplessità sull’effettiva utilità dell’impiego di dati aggregati, quali i dati di contabilità regionale Istat (es. gli ‘investimenti’ compiuti in Umbria, la stima della ‘produttività’ dell’Umbria) per una comprensione soddisfacente della situazione di una regione, quale la nostra, costituita da aree tra loro fortemente differenziate, e soprattutto per la messa a punto di politiche mirate alle esigenze del territorio, capaci di assicurare un più significativo inserimento delle produzioni dell’Umbria nei mercati globali.
Nei progetti condivisi la chiave dello sviluppo
Convegno di Unioncamere sul futuro dell'economia regionale
AUTORE:
Pierluigi Grasselli