Nel nome del valore “uomo”

Giornata della vita. Prove di dialogo tra le posizioni dei “credenti” e dei “laici”

Sei febbraio: 33a Giornata nazionale per la vita… 9 febbraio: prima Giornata nazionale sugli stati vegetativi e di minima coscienza… Due occasioni preziose per riprendere un confronto che renda i temi etici riguardanti la vita, la disabilità e la cura, argomenti di approfondimento, di dibattito civile e di matura consapevolezza dell’intera società italiana. È facile prevedere, invece, che per l’occasione si ripresenteranno le aspre polemiche che come di consueto accompagnano le questioni di carattere bioetico. La comunicazione mediatica punterà sugli aspetti emotivi e le contrapposizioni radicali, aumenterà il disorientamento dell’opinione pubblica e verrà favorito l’arroccamento sulle posizioni estreme, senza un adeguato confronto tra gli argomenti degli interlocutori. Sentiremo fare appello al principio dell’autodeterminazione e verrà spesso citato l’articolo 32 della Costituzione: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario…”, riferimento imprescindibile per ogni dibattito pubblico in una società pluralista come quella contemporanea. Difficilmente si dirà, però, che esso è oggetto di interpretazioni non sempre convergenti, soprattutto tenendo conto di quanto il testo premette: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Pertanto, non si tratta semplicemente di tutelare il diritto “assoluto” all’autonomia, ma di armonizzare due valori di rango costituzionale che in casi limite possono presentarsi come conflittuali: il valore salute-vita e il valore della libertà. È proprio da contrasti di questo tipo che nascono le questioni bioetiche che per definizione si presentano come articolate e complesse, e richiedono un approfondimento rigoroso per trovare una composizione dei valori rispettosa di tutte le persone coinvolte. Sentiremo parlare di “qualità della vita” – contrapposta alla “sacralità della vita” – per esprimere un giudizio sul valore di esseri umani che non sono più in grado di esercitare determinate funzioni (autonomia, linguaggio, autocoscienza), intaccando così il presupposto dell’uguaglianza e introducendo pericolose forme di discriminazione e di dominio. È vero che alcune condizioni di vita sono più desiderabili di altre, ma non possiamo giungere ad intaccare lo “zoccolo duro” su cui si fondano le democrazie moderne: la pari dignità di tutti gli esseri umani e l’inviolabilità dei diritti fondamentali, primo dei quali è la vita, poiché solo tutelando questa si afferma il valore intangibile della persona, soprattutto nelle situazioni di maggior debolezza. Sentiremo ancora proporre contrapposizioni del tipo “bioetica cattolica” e “bioetica laica”, dimenticando che le distinzioni troppo nette del tipo aut-aut portano sempre con sé un carico eccessivo di semplificazione: la bioetica raramente si muove tra bianco e nero ben definito, più spesso ha a che fare con i colori della vita che presentano sfumature infinite… La bioetica cattolica conosce forme di disposizione della vita legittime e sensate: il dono della vita per amore, per dovere, per affermare valori maggiori, oppure forme di rinuncia a mezzi terapeutici che appaiono sproporzionati, eccessivi, straordinari, dai quali pur potrebbe derivare una speranza di vita… Ma anche la bioetica laica deve riconoscere che una esaltazione unilaterale della libertà individuale può condurre a conclusioni contraddittorie e potenzialmente irrispettose della dignità degli esseri umani. Il dialogo, allora, appare come una strada che va inevitabilmente percorsa e richiede uno sforzo di ascolto reciproco tra le diverse prospettive per ricercare insieme ciò che è bene e ciò che è vero. E il riferimento morale comune andrà individuato non in un bene che la persona possiede e, dunque può perdere, sia esso la vita oppure l’autonomia, ma nel valore che l’essere umano è nella sua integralità e concretezza, caratterizzato non solo da forza, capacità e potenzialità stupende, ma anche dal limite e dalla fragilità. La vita umana è un bene vulnerabile, e la libertà trova la sua espressione adeguata nella dimensione della cura, proprio quella delle famiglie che nel silenzio e tra tante difficoltà accudiscono quotidianamente i loro malati e i disabili. È possibile affermare che l’uomo detiene un potere reale ed effettivo sulla vita propria e su quella altrui, ma esso deve essere esercitato nel senso di una grave responsabilità nei confronti non di un oggetto utilizzabile a piacimento – la vita –, ma di un bene prezioso e delicato che chiede di essere custodito, difeso e promosso attivamente, soprattutto quando le circostanze avverse lo rendono ancor più esposto alla possibilità di non essere adeguatamente riconosciuto e trattato. Solo in questo modo l’essere umano rimarrà principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali, e non verrà asservito ad alcuna ideologia, fosse anche quella della autodeterminazione assoluta oppure del vitalismo a oltranza.

AUTORE: Giovanni Del Missier