Nel segno di Cristo

Croce e crocifisso nell’arte e nella storia

La croce e il Crocifisso: vi è identità e alterità nei due soggetti iconografici; infatti si tratta di due elementi che comunemente sono intesi in rapporto evolutivo, dalla croce alla Crocifissione, ma sul piano iconografico appartengono a due distinti ambiti semantici, quello simbolico e quello rappresentativo. Il simbolo della croce, però, ha una maggiore potenzialità evocativa e, pur conservando gli antichi significati rielaborati in ambito cristiano, include in sé anche il valore rappresentativo della Crocifissione.“Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’Uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna” (Gv.3,14). La croce, “Albero di vita” La croce nell’Antico Testamento era sconosciuta, ma i Padri della Chiesa vi cercarono dei testi da applicare alla croce di Cristo. Il serpente fissato a un’asta per ordine del Signore diventa in epoca neotestamentaria prefigurazione di Cristo crocifisso e fra le interpretazioni simboliche è messa in evidenza quella della Lettera agli Efesini (2,16): per mezzo della croce vengono riconciliate due parti contrapposte, cielo e terra, tempo e spazio. Le quattro dimensioni della croce alludono all’universalità della salvezza in riferimento alle parole di Gesù : “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv.12,32). La croce è simbolo di morte, ma è anche di redenzione e vita (Col.1,20); è segno della ‘potenza di Dio’, l’ultimo e supremo segno di vittoria: “Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo” (Gal.6,14) e alla fine dei tempi “comparirà nel cielo il segno del Figlio dell’Uomo” (Mt.24,30). Dai Padri la croce è descritta con numerose immagini, per lo più tratte dalla tradizione biblica veterotestamentaria. A Giustino, ad esempio, si deve l’interpretazione della croce, che i Greci chiamano stauròs, cioè ‘palo’ e gli Ebrei ‘es’, cioè ‘albero’, come centro della nuova creazione, albero della vita (Gn.2,9), asse del mondo, scala per il cielo. L’arte simbolica del V-VI secolo moltiplicò l’immagine della croce, spesso utilizzandola come elemento emblematico all’interno di motivi floreali, vegetali o animali, come nella straordinaria decorazione del catino absidale della chiesa di San Clemente a Roma, dove il posto principale è assegnato alla croce vivificante e non al Cristo crocifisso. La raffigurazione umana non si riscontra fino alla prima metà del V secolo; infatti i sarcofagi del IV-V secolo raffigurano la croce ma raramente il crocifisso, come pure l’arte bizantina che preferisce presentare la croce gemmata, ornata di pietre preziose, a ricordo di quella di Costantino; così la vediamo nel mosaico dell’abside di Santa Pudenziana a Roma o in quello di Sant’Apollinare in Classe a Ravenna. Il “Christus triumphans” L’immagine di Cristo in croce è entrata, dunque, tardi nell’iconografia, ma il Cristo dei crocifissi bizantini appare, comunque, come il cosmocrator, un Dio trionfatore pur nell’umanità umiliata e dolente: i suoi occhi sono aperti, quasi spalancati, con lo sguardo fisso innanzi a sé e il suo corpo resta diritto, vestito da una tunica, il colobium, che cade fino ai piedi. È la più antica iconografia del “Christus triumphans”. San Giovanni Crisostomo esclama: “Io lo vedo crocifisso e lo chiamo Re”. In epoca carolingia erano due i tipi iconografici più diffusi: il primo presentava ancora Cristo con il colobium, il secondo il Cristo pendente dalla croce coperto solamente da un lembo di lenzuolo, ma l’Alto medioevo non propone ancora la raffigurazione di un corpo devastato dal dolore; nell’iconografia carolingia Cristo trasmette una sensazione e di maestà, serenità e trionfo. Il concetto di ‘trionfo sulla morte’ è a volte sottolineato presentando Cristo come un re, con la testa cinta da una corona: è il vincitore, il re dei cieli, elevato al di sopra del dolore e della morte, e sotto la croce spesso compare il teschio di Adamo. In generale non si può ancora parlare di un’immagine del Cristo sofferente, poiché anche la letteratura del tempo non poneva l’accento sul dolore e sull’umiliazione della croce. Bonaventura da Bagnoregio nel ‘Laudismus de Sancta Croce’ dice, anzi, che “La croce è porta al paradiso… è medicina al mondo…. La croce è nave, la croce è porto, la croce è giardino di delizie ove tutto fiorisce. La croce è forte armatura… è albero adorno consacrato dal sangue di Cristo, colmo di ogni frutto, di cui le anime godono…”.Il “Christus patiens” Questa iconografia si protrae fino agli inizi del XIII sec., quando in Occidente subentra il tipo iconografico del “Christus patiens”, stilizzato nella tensione dolorosa del volto sofferente e piagato, contorto, con gli occhi chiusi e il capo lievemente reclinato sulle spalle; la corona regale delle rappresentazioni antiche è sostituita dalla corona di spine e sul volto visibilmente insanguinato sono visibili profonde ferite. La croce acquista progressivamente l’aspetto di un patibolo formato dall’unione di due tronchi fissati tra loro. Furono gli Ordini Mendicanti, con la loro mistica del dolore, che mutarono radicalmente l’iconografia del Cristo trionfante in una visione sofferente, il cui apice fu raggiunto nel periodo gotico e prolungato con diversi canoni stilistici per tutto il ‘400. Lentamente scompare la divinità del Crocifisso per far prevalere la sua umanità sofferente e a questo tipo appartengono i crocifissi di Giunta Pisano, Cimabue e Giotto e solo con Michelangelo si ha la riscoperta del Crocifisso vivente, erculeo, con gli occhi aperti. La croce nella LiturgiaDal punto di vista liturgico la croce, segno di Cristo innalzato e risorto, a partire dall’XI sec. si trova sempre sopra l’altare delle chiese; pende, gigantesca e solenne, dall’arco trionfale delle antiche basiliche, all’inizio del presbiterio. Una particolarità sulla differenza tra croce e crocifisso si può notare nelle prescrizioni del nuovo Ordinamento Generale del Messale Romano, dove si specifica con insistenza che la croce deve avere sempre l’immagine di Cristo. Forse si è sentita la necessità di fare chiarezza su questo fondamentale simbolo della fede cristiana, che in questi ultimi anni è stato ridotto ad amuleto o a ciondolo, moltiplicandosi in maniera esasperata su bracciali, orecchini, collane e accessori vari. Nella tradizione cristiana si ritrova in diverse formeLa croce, simbolo antichissimopresente in molte religioniCome simbolo, la croce, è più antico del quadrato ed ugualmente caratterizzato dal numero quattro. Già in epoca precristiana la croce rappresenta la doppia congiunzione di punti diametralmente opposti, segno antichissimo per evocare il concetto di mediazione, di sintesi; rimanda alla congiunzione fra terra e cielo, tra tempo e spazio. Era un simbolo molto diffuso per indicare la vita e quindi la divinità nelle varie forme; come segno cosmico relativo al sole e al suo corso e ai quattro punti cardinali, si incontra nella forma a ruota o uncinata presso i Sumeri, in India e nella zona danubiana nel neolitico. Come segno di salvezza o di protezione si presenta su numerosi sigilli e amuleti antichi già nel IX sec. a.C. La croce per i cristianiLa prima raffigurazione datata della croce su un monumento cristiano si trova in un’iscrizione di Palmira del 134; seguono le iscrizioni di Dura Europos e di Medula in Siria (232 e 197). Nelle catacombe il segno della croce compare di rado; talvolta è sostituita dalla T, che corrisponde alla forma della croce usata per la crocifissione; più spesso si incontra l’ancora. Dopo il ritrovamento della croce a Gerusalemme, essa appare nei sarcofaghi come crux invicta, diventando nell’iconografia simbolo o trofeo di vittoria. La sua origine va ricercata nel pensiero escatologico dei primi cristiani, secondo Matteo 24,30; questa interpretazione è espressa chiaramente da Cirillo di Gerusalemme: “Il trofeo della vittoria di Cristo, la croce, un giorno apparirà nuovamente nel cielo”. Dopo il 300 ritroviamo la croce su medaglie e ampolle di pellegrini rinvenute in Palestina, dove è raffigurata al di sotto del volto di Cristo. Il motivo è spesso rappresentato su lastre funerarie e questo significato escatologico viene a volte rafforzato dalla combinazione della croce con le lettere Alfa e Omega. Dopo il 350 la croce, sempre simile a un trofeo, è regolarmente attestata nella documentazione figurativa: può comparire da sola o portata sulla spalla da Pietro oppure tenuta da Cristo. Dal 400 all’epoca carolingia riscontriamo tutta una serie di monumenti trionfali nei quali la croce, greca o latina, è ben evidenziata sopra Cristo o la Vergine. Questo tipo di rappresentazione si ritrova soprattutto nei dittici di avorio bizantini e carolingi o sulle copertine degli Evangeliari. Le molte formeLa croce greca e quella latina sono state determinanti per definire la pianta delle chiese, ma molte altre sono le forme che la croce ha assunto con significati diversi. Tra le più conosciute vi è la ‘croce a Tau’ o croce di s.Antonio, segno antichissimo presso gli Assiri e sacro, come simbolo del punto centrale del mondo. La Tau si ritrova in Ezechiele 9,4, quando il profeta, per ordine di Dio, indica con una tau la fronte dei fedeli e in Apocalisse7,2, dove gli eletti sono segnati col sigillo di Dio, segno della redenzione. Più tardi, ai bastoni dei monaci fu data, in alto, la forma di tau; così questo tipo di bastone divenne l’attributo di sant’Antonio. Vi è, poi, la ‘croce biforcuta’ usata in alcune raffigurazioni di crocifissione solo per i ladroni e in altre anche per Cristo: anch’essa ha un significato simbolico molto antico, poiché allude all’albero della vita. La ‘croce a ruota’ con quattro raggi è, invece, un simbolo precristiano della luce e del sole, del corso dell’anno e della ruota della vita; nell’arte cristiana è segno della sovranità di Cristo, apportatrice di vita e di luce al mondo. Infine, è diventata tristemente famosa la ‘croce uncinata o svastica’, anche se il suo nome deriva dal sanscrito ‘svasti’ che significa salvezza, bene, vita. È antichissimo segno del fuoco e del sole; nel buddismo è segno della chiave del paradiso e in numerose civiltà è simbolo del movimento rotatorio; in ambito cristiano richiama anche il ‘turbine della creazione’. Tutti questi significati permangono e trovano realizzazione nell’allusione diretta del simbolo al sacrificio salvifico di Cristo, che riunisce cielo e terra, divino e umano, luce del mondo (fwV) e vera vita (zwh) disposte, appunto, in croce.

AUTORE: Micaela Soranzo