“Niente ideologia solo qualità della vita cristiana”

Massimo Faggioli, docente di storia del cristianesimo alla University of St. Thomas a Minneapolis / St. Paul (Usa): “Oggi la Chiesa è in ritardo nell’accettare, nel suo magistero, una certa idea di evoluzione della persona umana”. Ancora più grave – a suo parere - la questione istituzionale: ”Oggi la Chiesa è ancora molto clericale”. Ma l’elezione di Papa Francesco ha aperto un percorso nuovo e diverso

Roma,-16-febbraio--visita-pastorale-di-Papa-Francesco-alla-parrocchia-“San-Tommaso-Apostolo”-all’Infernetto,-nel-settore-sud-della-diocesi-di-Roma-scampio-berrette-tra-papa-francesco-e-ragazzoFrancesco, “il riformatore”. Mentre si chiude il primo anno di pontificato di Papa Bergoglio, tante sono le riflessioni sulla “ventata di novità” portata nella Chiesa universale dal primo Pontefice latinoamericano. Il tutto viene condensato in una parola: riforma. Un termine “inscindibile dalla storia della Chiesa”, sottolinea Massimo Faggioli, docente di storia del cristianesimo alla University of St. Thomas a Minneapolis / St. Paul (Usa). Dagli Stati Uniti, in cui vive e insegna, lo storico ci offre una lettura a tutto tondo del “percorso nuovo e diverso” aperto dall’elezione di Papa Francesco.

La parola riforma è ritornata spesso nella storia della Chiesa. Quale impatto ha avuto nel corso dei secoli?

“La parola riforma è inscindibile dalla storia del cristianesimo – e questo dice molto del significato della frequenza della parola ‘riforme’ nel lessico politico contemporaneo. Fin da subito, prima del Medioevo, si ha la sensazione della necessità del ritorno a una ‘forma’ originale che è andata perdendosi nella storia. In questo senso, la storia del cristianesimo e della Chiesa cattolica, in particolare, è una storia di riforme (quella di Gregorio VII del secolo XI, quelle dei nuovi ordini religiosi medievali, quella del Concilio di Trento, del Vaticano II) ma anche di riforme mancate (quelle che portarono alla Riforma protestante e alla rottura dell’unità del cristianesimo in Occidente). Di qui l’importanza del momento attuale: comprendere quali riforme sono necessarie, nella Chiesa di oggi, al fine di evitare di parlare tra qualche decennio di ‘mancate riforme’”.

A un anno dall’elezione, Papa Francesco viene annoverato dall’opinione pubblica, ma non solo, tra le grandi figure riformatrici del passato. Quali analogie e quali differenze? E cosa spinge a una tale lettura?

“Le differenze sono principalmente nel carattere globale e universale della Chiesa cattolica di oggi rispetto ai secoli precedenti, ma anche solo rispetto a 50 anni fa. In questo c’è una differenza anche rispetto a Giovanni XXIII del Vaticano II. Ma vi sono pure analogie, nel senso che Francesco è una figura che come Roncalli, nel solco della tradizione, la reinterpreta in un modo che cattura l’attenzione di tutti perché parla della qualità della vita cristiana come bussola della riforma e mette da parte ogni tentazione d’ideologizzazione della riforma”.

Sono trascorsi cinque secoli dal “Libellus ad Leonem X” (1513) con cui veniva suggerito al Papa un programma di riforma radicale. Ora è lo stesso Pontefice a istituire un Consiglio di cardinali per “aiutare il Santo Padre nel governo della Chiesa” e per “studiare un progetto” di riforma. Corsi e ricorsi storici?

“I due momenti sono simili. Vi è la sensazione, oggi come all’inizio del Cinquecento, che la Chiesa sia in ritardo: nel Cinquecento rispetto alla cultura umanistica e delle lettere e all’idea della necessità di una credibilità morale personale; oggi è un ritardo della Chiesa nell’accettare, nel suo magistero, una certa idea di evoluzione della persona umana che è avvenuta nella cultura dell’ultimo mezzo secolo. Ancora più grave è la questione istituzionale. Oggi la Chiesa è ancora molto clericale: meno di 50 anni fa, ma ancora molto più del necessario. Infine, la Chiesa di oggi è diversa da quella del ‘Libellus’ del 1513 anche perché non è più dominata da alcune élite, ma è molto più ‘popolare’ nel senso di élite aperte al ricambio – più di una volta – e molto più trasparente e sotto il giudizio impietoso dei media”.

“Ecclesia semper reformanda”, recita uno slogan protestante; “Ecclesia semper purificanda”, afferma il Vaticano II in “Lumen gentium” (8): due affermazioni che sembrano intrecciarsi guardando all’anno appena trascorso.

“Riforma e purificazione devono andare sempre insieme: altrimenti la prima è soltanto una riorganizzazione burocratica e la seconda soltanto una spiritualizzazione dei problemi che non incide sulle pratiche comunitarie e collettive. A guardare alla Chiesa degli ultimi anni, specialmente nell’anno prima del Conclave del 2013, il rischio è stato quello di procedere a un’opera di pulizia – o a una semplice ‘operazione di polizia’ – che lasciasse intatte le mentalità e la coscienza della Chiesa stessa. Ma l’elezione di Papa Francesco ha aperto un percorso nuovo e diverso”.

Un percorso di conversione che va oltre le strutture e interpella ciascun credente?

“In realtà è sempre stato così, anche con Gregorio VII alla fine del secolo XI: ogni percorso di riforma istituzionale attecchisce solo se si collega a un cambiamento delle mentalità e dei costumi. La differenza è che oggi quello che fa il Papa è sotto gli occhi, sotto il controllo di tutti, diversamente da prima, soltanto qualche decennio fa. In questo senso il processo di riforma della Chiesa oggi è più ‘papalista’ di una volta, e questo è un rischio, nel senso di una Chiesa che ha sempre più bisogno del Papa: ma il Papa ha detto che non è questo che vuole…”.

In definitiva, cosa chiede Papa Francesco?

“Poveri, misericordia e periferie sono le parole chiave del Pontificato. Come ho detto nel mio libro ‘Papa Francesco e la chiesa-mondo’ (Armando Editore, 2014), queste parole chiave aprono non solo un periodo di riforma nella Chiesa, ma anche un’epoca storica nuova per il cattolicesimo: il primo Papa di una Chiesa cattolica veramente globale non solo dal punto di vista dei recettori del messaggio, ma anche da quello di coloro che il messaggio lo inviano. Sotto Papa Francesco vediamo a un interessantissimo cambiamento del rapporto tra urbs e orbis nella Chiesa cattolica”.

Vincenzo Corrado

 

Biografia: Massimo Faggioli

Ferrarese classe 1970, è professore di storia del cristianesimo alla University of St. Thomas a Minneapolis / St. Paul. Ha studiato a Bologna, Torino e Tubinga. Vive in America con Sarah e la loro figlia Laura dal 2008. Tra le sue pubblicazioni, Breve storia dei movimenti cattolici (Roma: Carocci 2008, traduzione spagnola 2011 e americana 2014); Vatican II: The Battle for Meaning (New York: Paulist 2012, traduzioni italiana e portoghese 2013); Vera riforma. Liturgia ed ecclesiologia al Vaticano II (EDB: Bologna 2013; ed. or. americana 2012).

 

AUTORE: Massimo Faggioli, docente di storia del cristianesimo alla University of St. Thomas a Minneapolis / St. Paul (Usa)