Non è ancora cominciata la ricostruzione della convivenza

Le impressioni di mons. Vincenzo Paglia al ritorno dal viaggio nella ex Jugoslavia

Al ritorno dal suo viaggio nella ex-Jugoslavia e a Mosca, che avevamo preannunciato da queste colonne, abbiamo sentito il vescovo diocesano, mons. Vincenzo Paglia, per ascoltare da lui le impressioni riportate e le eventuali ricadute che tale viaggio potrebbe avere sulla nostra vita diocesana.Quali sono state le mete e gli scopi del suo viaggio? “Ho visitato Derventa, una cittadina nella parte sud della Bosnia, quindi Sarajevo e poi a Pristina in Kossovo. In ultimo c’è stata anche una visita a Mosca. E’ da qualche anno che la nostra Caritas diocesana, unitamente alla Caritas italiana, aiuta a risorgere dalle sue macerie la parrocchia cattolica di questa piccola cittadina. La Chiesa è stata totalmente distrutta e la casa parrocchiale molto danneggiata. Il card. Pulic, a nome di quella piccola comunità, mi ha invitato a celebrare le cresime ad alcuni giovani. E’ stata una celebrazione commovente fatta in una sala tutt’ora segnata dalla distruzione, a cui hanno partecipato alcuni rappresentanti della Caritas diocesana e altre famiglie di Terni che hanno realizzato alcune adozioni”. Quali condizioni umane e materiali ha potuto constatare? “Quel che anzitutto appare è il dramma che la guerra provoca con le sue inutili e crudeli distruzioni. Distruzioni materiali ma anche, e non meno profonde, distruzioni umane: è saltata la convivenza tra le varie etnie; e la sua ricostruzione appare difficilissima proprio perché le atrocità che ciascun gruppo ha subito hanno radicalizzato le difficoltà preesistenti. E’ vero che sono cessate le atrocità, grazie alla presenza degli eserciti internazionali che impedisce lo scontro diretto tra le diverse parti, anche se ci sono qua e là rotture della tregua, ma non è cominciata la ricostruzione della convivenza. Credo sia assolutamente urgente riprendere una iniziativa ampia e profonda perché questi popoli entrino nell’Europa e possano sperare e operare per un futuro di pace. In tal senso tutti dobbiamo portare un contributo. Non possiamo non sentirci anche noi cittadini della Bosnia e del Kossovo: la loro pace è la nostra pace e la loro ricostruzione è parte integrante della costruzione dell’Europa”. La Diocesi di Terni è già impegnata in questi territori. Come può sviluppare i suoi aiuti? “La nostra Diocesi, insieme alla Caritas italiana e ad altre diocesi, sta già dando un piccolo contributo per ricostruire strutture e far ripartire qualche attività di sviluppo. E’ stato bello vedere il rapporto di fraternità tra queste popolazioni e i nostri volontari operanti tra loro e la gratitudine per quanto già fatto. Credo sia importante che tutta la realtà diocesana si senta coinvolta nel tessere una rete di solidarietà con tutti i popoli dei balcani con i croati e con i serbi, con i bosniaci e gli albanesi. Assieme agli aiuti materiali è necessario far sentire anche la fraternità che nasce dal Vangelo. Tra gli impegni ne voglio ricordare almeno qualcuno. Penso al monastero carmelitano di Terni perché stringa rapporti con il monastero di Sarajevo distrutto dalla guerra; penso allo sviluppo delle adozioni a distanza, per altro già ampiamente praticate da non poche famiglie ternane. Penso alla ricostruzione della casa parrocchiale a Derventa; per non parlare degli impegni già presi in Croazia e in Albania. Sono realizzazioni anche modeste ma attraverso di esse si costruisce il nuovo futuro dei popoli”. E’ stato anche a Mosca: cosa ci dice su questa parte del viaggio? “Il discorso si farebbe troppo lungo. Voglio solo dire la mia sorpresa nello scoprire la devozione a San Valentino anche a Mosca. Questo nostro santo ci riporta al primo millennio quando c’era ancora la comunione tra Occidente e Oriente. Perché, allora, non sperare che anche San Valentino sia un piccolo tassello per riavvicinare l’ortodossia di Mosca al cattolicesimo dell’Occidente? Potremmo perciò immaginare una proiezione di San Valentino anche in questo senso, sviluppando incontri, aiuti reciproci, sostegni ed opere di assistenza, scambi culturali. Insomma, c’è da irrobustire la dimensione valentiniana perché giovi, con modestia ma con efficacia alla causa della pacificazione tra Oriente e Occidente”.

AUTORE: Gianni Colasanti