Non limitiamoci a subire

Multinazionali. Indagine sulla presenza in Umbria e sull'impatto nel mondo del lavoro

Thyssen-Krupp a Terni, Yara a Nera Montoro e Ingersoll Rand a Tavernelle. Se fosse una barzelletta sarebbe: c’erano i tedeschi, i norvegesi, gli americani e gli umbri che non vogliono perdere il lavoro. Purtroppo le multinazionali continuano ad inquietare la regione. Da dove nasce un rapporto così travagliato? Ma, soprattutto, si può migliorare? L’intervista è a Pierluigi Grasselli, docente di Politica economica all’Università di Perugia. Professore, perché le multinazionali sono arrivate in Umbria? ‘Vi hanno trovato sicuramente una terra fertile, sotto il profilo della creatività. Hanno utilizzato e stanno utilizzando i saperi del territorio, ciò che io chiamo ‘le conoscenze implicite’. Due esempi: la Nestlé ha ereditato il know how della Perugina nella fabbricazione del cioccolato, così come il management della Thyssen-Krupp ha ereditato tutta la conoscenza nella realizzazione degli acciai speciali che Terni esprimeva da decenni. Le multinazionali sono attratte dall’Umbria, per tutte quelle forme di ‘artigianato industriale’ che essa ha prodotto e produce’. Le multinazionali sono un fenomeno positivo per l’Umbria? ‘Di certo hanno portato anche lavoro, occupazione. Quindi ricchezza’. E quando se ne vanno, come nel caso della Cisa di Tavernelle? Non è troppo grande, in termini di occupazione, il danno che arrecano ad una regione di appena 800 mila persone? ‘Questo è l’aspetto dolente. Se la multinazionale ‘delocalizza’, sono guai per i lavoratori Soluzioni possibili? ‘La situazione è complessa e il mercato si evolve autonomamente. Ma le sue ‘derive’ andrebbero controllate, come Keynes ci ha insegnato. Davanti alle multinazionali, questo compito deve essere demandato alle istituzioni europee e, poi, a quelle nazionali. Le istituzioni locali non possono molto, poiché i livelli sono troppo diversi per dialogare in maniera costruttiva, nell’interesse di tutti, con i colossi multinazionali’. Dunque, per ora, l’Umbria e gli umbri possono solo subire la presenza delle multinazionali? ‘L’Umbria, come l’Italia che ancora non si è dotata di una politica industriale seria, soffre di un’aumentata pressione del mercato. Gli economisti parlano attualmente di ‘ipercompetizione’, non più di competizione. Di questo scenario fanno parte le multinazionali. Poiché si devono accettare le nuove sfide del mercato, l’Umbria deve essere più attiva nei confronti delle multinazionali’. Ossia? ‘Le multinazionali ci fanno fibrillare ogni volta che minacciano di spostare i loro impianti produttivi dalla nostra regione. Il problema è che le chiusure ‘storiche’ fra le associazioni di categoria, i sindacati, gli industriali locali, il mondo politico-istituzionale non hanno permesso lo sviluppo di un’azione comune, ossia fondata su interessi comuni, nei confronti delle multinazionali. Questo è il vero guaio a cui gli umbri devono subito rimediare’Nel frattempo, però, quando una multinazionale chiude i battenti molti lavoratori restano a piedi… ‘Solo una nuova politica degli ammortizzatori sociali può aiutare tali situazioni. Il mercato appartiene alle multinazionali, ma va ugualmente incentrato su valori e su regole di giustizia e di equità. Se abbiamo bisogno di più mercato, cosa che già avviene, automaticamente per bilanciare gli squilibri sociali di tale nuovo arrembante mercato, c’è necessità immediata di maggiore giustizia. Negli anni del boom economico, i lavoratori lasciavano le campagne per lavorare in fabbrica, dove guadagnavano anche cinque volte in più rispetto al contadino. Oggi le grandi industrie umbre sono in mano alle multinazionali e i posti di lavoro ‘traballano’, rendendo incerto parte del futuro sviluppo economico dell’Umbria’. Ad un giovane alla ricerca di lavoro e di affermazione nella vita, dove consiglierebbe di investire le proprie forze? ‘I giovani umbri dovrebbero fare ‘l’esperienza del mondo’. Viaggiare, parlare le lingue, confrontare i propri modelli con quelli dei Paesi stranieri, del villaggio globale. È con questo bagaglio che devono tornare in Umbria e saper valorizzare economicamente quel patrimonio naturalistico e di opere d’arte che da secoli possiedono e che nessuno potrà mai sottrar loro. Questa è la vera ricchezza dell’Umbria del futuro, anche se c’è molto lavoro da fare: il nostro comparto turistico è ancora scarsamente organizzato e l’intera regione va valorizzata turisticamente. Una sfida che spetta ai nostri politici, alle associazioni di categoria, agli umbri tutti’.

AUTORE: Paolo Giovannelli