Obiezione di coscienza: il diritto dei farmacisti

Contestata dal Forum delle Famiglie e dal Mpv la 'nota' con cui la Regione 'ricorda' ai farmacisti di l'obbligo di vendere la pillola abortiva: 'atto illegittimo'

I farmacisti hanno il diritto di fare obiezione di coscienza nei confronti di un farmaco che provoca l’aborto? La questione si è posta ai farmacisti umbri quando hanno ricevuto, il 6 settembre scorso, una nota del Servizio affari giuridici e legislativi della Regione Umbria, in cui si ricordava l’obbligo di vendere la cosidetta ‘pillola del giorno dopo’. Il fatto ha suscitato la protesta all’interno della categoria e Ada Urbani, Consigliere regionale di FI, se ne è fatta interprete anche su queste pagine (n’35 pagina 10). Sulla questione sono intervenuti il Forum regionale delle associazioni familiari e il Movimento per la vita umbro il 12 ottobre, con una nota congiunta alla stampa e con una lettera al Presidente della Regione, al Direttore regionale sanità, ai responsabili del servizio farmaceutico e ai presidenti degli ordini dei farmacisti di Perugia e Terni (disponibile su www.umbriafamiglia.com). Nella nota e nella lettera viene affermato il diritto dei farmacisti a non vendere un farmaco che è riconosciuto come farmaco abortivo e non contraccettivo e viene duramente contestato alla Regione il modo in cui è intervenuta sulla questione. ‘Le contestazioni di ordine formale sono sostanzialmente due – spiega Simone Pillon, presidente del Forum – primo: la Regione non aveva titolo per uscire su un argomento del genere; secondo: il modo in cui l’ha fatto non è un modo amministrativamente legittimo’. Detto in altri termini ‘la Regione come tale non ha potestà né legislativa né regolamentare per poter influire o legiferare su un argomento che è quello della tutela della vita umana’, inoltre non potevano diffondere quella comunicazione perchè ‘l’atto che hanno emanato non è un atto amministrativo in senso proprio’ cioè non è né una delibera né una pronunzia ufficiale di un ente regionale. Si tratta, più semplicemente, spiega Pillon, di un ‘parere reso ad uso interno su richiesta di un organo interno’ poi mandato all’esterno per decisione del Dirigente del servizio programmazione socio – sanitaria Carlo Romagnoli, ‘come una semplice nota che viene mandata ai presidenti degli ordini dei farmacisti e ai responsabili dei servizi farmaceutici delle Asl’. Questione di forma, ma quando si parla di pubblica amministrazione anche di sostanza poichè la Regione che non può raccomandare e men che meno imporre ai farmacisti l’obbligo di tenere e vendere il Norlevo ha scelto ‘un modo subdolo di lavorare, perché se è vero che non è vincolante è vero che non può essere ignorato perché viene da un organo regionale. Quindi si vuole obbligare senza avere la giurisdizione per farlo’. Queste le critiche ‘politiche’. Vi sono poi delle ragioni a sostegno del diritto dei farmacisti all’obiezione di coscienza che con questa nota la Regione non riconosce. Pillon non fa riferimento alla legge sull’aborto, la 194 che riconosce il diritto all’obiezione agli operatori sanitari. ‘Il punto che noi abbiamo utilizzato per il ragionamento giuridico è questo: partiamo da un presupposto e cioè che la stessa Costituzione italiana all’articolo 2 tutela la vita, riconoscendo i diritti dell’uomo. Poi ci sono due pronunzie della Corte costituzionale, la sentenza 27 del ’75 e la sentenza 35 del 97, nelle quali viene ribadito il diritto del concepito alla vita’. Perchè partire da qui? Perchè in questo modo, chiarisce Pillon, è stato baipassato un ragionamento fatto per tentare di legittimare la vendita del Norlevo e per tentare di escludere l’obiezione e cioè che non si tratterebbe di un farmaco interruttivo della gravidanza in senso proprio, perché per l’Organizzazione modiale della Sanità la gravidanza ha inizio con l’impianto della cellula uovo fecondata, dell’ovocita fecondato, nell’endometrio materno. Ma poiché questo farmaco agisce prima dell’impianto, in alcuni casi impedendo l’impianto stesso, automaticamente non si tratterebbe di gravidanza, quindi non interverrrebbe l’articolo 9 della legge 194 sull’obiezione di coscienza’. Questa dunque è la tesi di chi nega l’obiezione di coscienza, ma il ragionamento proposto dal Forum umbro salta completamente questo aspetto ‘perché -spiega Pillon – noi partiamo dal presupposto giuridico che il concepito, dal momento del concepimento, è già titolare di un diritto all’esistenza alla vita. Davanti a questo diritto è lecito e legittimo in qualunque momento ricorrere alla clausola di coscienza, cioè chiunque si trovi a dover essere costretto ad andare contro questo diritto costituzionale, può astenersi dalla richiesta proprio in ragione di questa clausola di coscienza’. ‘Il punto fondamentale è questo: ogni qual volta sia in gioco quanto meno il dubbio circa l’esistenza del concepito questo diritto è costituzionalmente tutelato e garantito e dunque è senza dubbio da accogliersi la possibilità dell’esercente la professione sanitaria di rifiutare la prescrizione alla somministrazione del principio potenzialmente letale. Questo è il principio che è stato proclamato a chiare lettere e all’unanimità dal Comitato nazionale di bioetica, proprio in relazione alla pillola Norlevo, e con una propria nota del 28 maggio 2004. È una nota per i medici, ma perché non può avvalersi di questa clausola di coscenza il farmacista? Quindi non è l’obiezione di coscienza della legge 194, è una cosa ben più alta e trova il suo fondamento nell’articolo 2 della Costituzione italiana’.

AUTORE: Maria Rita Valli