Occorre vivere, non vivacchiare

Parola di vescovo

Sanno ormai tutti chi è l’autore dello slogan qui sopra, che sta tornando a nuova vita dopo un periodo di appannamento.

Si tratta del 25enne piemontese, il beato Piergiorgio Frassati, di cui s’è tornato a parlare alla Gmg in Australia, e del quale abbiamo celebrato all’inizio del mese la memoria liturgica, a breve distanza d’altra 12enne celeberrima martire marchigiana, Maria Goretti.

La pedagogia della Chiesa tiene molto in onore queste figure riuscite di santità giovanile, e le propone all’attenzione di tutti, specialmente in tempi di crisi educativa come gli attuali, poveri di valori, di modelli, di educatori, tali non essendo più, spesso, né la famiglia né la scuola, e mancando persino quella sensibilità del mondo pagano per la paideia, per la quale “ci sia sempre massimo rispetto per i fanciulli e gli adolescenti” (Giovenale).

Si vedano, a conferma, le infrenabili porcherie che parcheggiano sui siti televisivi e tutto il corteggio del malessere giovanile. Ci sarà certamente chi a richiami del genere parlerà del consueto moralismo della Chiesa e incoraggerà alla conquista della libertà libertaria, essendo l’etica una pura questione soggettiva.

Ma il bisogno di razionalità, di responsabilità, di morale personale e collettiva rimane ed urge.

Ritornino in onore, allora, nei processi educativi i nostri splendidi giovani cristiani. C’è stato un periodo storico in cui s’è fatta particolare attenzione a queste figure, soprattutto ad opera dell’Azione cattolica, che pubblicò molti profili biografici di adolescenti e di giovani che hanno onorato il nome cristiano, alcuni dei quali sono giunti all’eroismo delle virtù: di Piergiorgio Frassati e di Maria Goretti ho già detto; ma come dimenticare Antonietta Mesina di Orgosolo, Domenico Savio, l’operaia Pierina Morosini, o la piccola Nennolina (Antonietta Meo, di sei anni, sei mesi, quattordici giorni!), o la dottoressa Benedetta Bianchi Porro, o Chiara Badano, bella e sportiva, che sognava di andare come medico in Africa, e tanti, tanti altri?

Vite riuscite e veramente esemplari, come quella menzionata di Pier Giorgio Frassati, appunto, il giovane figlio dell’agnostico fondatore de La Stampa di Torino, che fu senatore del Regno e ambasciatore d’Italia a Berlino.

Un giovane, Piergiorgio, di lucido ingegno, di forte impegno anche politico nelle file del Partito popolare, di grande carità, di sincero amore alle montagne e alla vita di società pulita e seria. In una dimostrazione di giovani cattolici a Roma nel 1921 subì l’aggressione degli anticlericali, e delle guardie del Regno, che strapparono la bandiera tricolore da lui portata in prima fila; ma ebbe il coraggio di sfilare in corteo una seconda volta con un cartello che diceva: “Bandiera italiana lacerata dal Regio Governo!”, finendo in carcere. Fondò con spirito gioioso l’associazione dei “Tipi loschi”, con “lestofanti” e “lestofantesse” che non si vergognavano della loro identità cristiana, e ad essi lanciò la parola d’ordine: “Vivere, non vivacchiare!” (come: studiare, non studicchiare; lavorare, non lavoricchiare; pregare, non preghicchiare, ecc,).

La sua fama di giovane credente operoso, forte, leale, coraggioso, aperto alla gioia e alla carità verso i poveri (morì per una poliomelite fulminante contratta in una stamberga di Torino), si diffuse ben presto nelle associazioni cattoliche giovanili, che da lui presero nome, così come si diffusero le associazioni formative dei “Tipi loschi”.

In Umbria si interessò di questi “tipi” anche il servo di Dio magistrato Mario Ferdinandi, di Todi. Una associazione di questo genere, tornata in questi giorni a rivivere, sorse anche in diocesi di Perugia a Pieve di Campo.

AUTORE: † Giuseppe Chiaretti